Retro cartelli stradali
Multa: se il segnale non ha l’indicazione sul retro dell’ordinanza comunale di apposizione è valido?
Tempo fa, una nota trasmissione televisiva mandò in onda un servizio in cui denunciava l’illegittima presenza, ai margini della carreggiata dei centri urbani, di cartelli stradali privi degli estremi dell’ordinanza del sindaco o della giunta con cui ne veniva autorizzata l’apposizione. Secondo le argomentazioni fornite dai giornalisti della trasmissione, tali segnali sarebbero stati illegittimi e, con essi, anche le multe irrogate in caso di violazione delle relative prescrizione. Da allora la questione del retro dei cartelli stradali ha spesso tenuto banco dinanzi alle aule di giustizia dei giudici di pace e dei tribunali.
La questione deriva dal fatto che la legge consente ai Comuni, Province e agli altri proprietari di strade, che vogliano posizionare segnali stradali di prescrizione e obbligo, di emettere un’ordinanza per giustificarne l’apposizione. Ma sull’obbligo di inserire gli estremi di quest’ordinanza sul cartello stradale la giurisprudenza ha mostrato orientamenti differenti. Dinanzi a una prima interpretazione favorevole al trasgressore, sposata da alcuni giudici di pace, si è poi contrapposta la tesi opposta della Cassazione, di certo più autorevole.
Secondo la Corte – tornata proprio di recente [1] sul tema del retro dei cartelli stradali – l’omessa indicazione sulla parte posteriore del segnale verticale degli estremi dell’ordinanza di apposizione non fa sì che il segnale sia illegittimo e, pertanto, non esonera il conducente dall’obbligo di rispettarne la prescrizione. Con l’ulteriore conseguenza che tale omissione non comporta nemmeno «l’illegittimità del verbale di contestazione dell’infrazione alla condotta da osservare». Che, detto in parole povere, significa che chi viola il cartello stradale
Questo non significa però che il Comune possa apporre segnali senza prima un’apposita delibera autorizzativa. La delibera ci deve comunque essere: ciò che sostiene la Giurisprudenza è che gli estremi di essa non vanno necessariamente indicati sul retro del cartello. Con la conseguenza che, se si intende fare ricorso perché si ritiene che un segnale sia abusivo, si può solo presentare un’istanza di accesso agli atti amministrativi dinanzi al Comune con cui si chiede di vedere la delibera in oggetto. In essa andrà chiaramente specificata la strada, la chilometrica e il tipo di cartello.
La Cassazione, quindi, si riferisce solo all’omessa apposizione del numero di ordinanza sul retro del segnale stradale e non all’esistenza dell’ordinanza in sé. In pratica, il titolare della strada che appone un segnale stradale verticale resta comunque obbligato ad emettere il relativo provvedimento amministrativo (ad esempio, ordinanza n. 72 Divieto di sosta in viale Roma), ma non è tenuto a riportare gli estremi del provvedimento di autorizzazione sul cartello. Di tanto abbiamo già parlato nell’articolo
Secondo i giudici supremi, l’omessa indicazione sul retro del segnale verticale degli estremi dell’ordinanza di apposizione, non significa che il segnale sia illegittimo e, pertanto, non esonera il conducente dall’obbligo di rispettarne la prescrizione.
Il conducente, quindi, è avvertito del divieto dalla segnaletica stradale, fermo restando che l’obbligatorietà della prescrizione resta «condizionata dal riscontro della sussistenza del provvedimento in esecuzione del quale è stato apposto».
Quindi, i segnali stradali senza ordinanza stampigliata sul retro sono validi. Il guidatore è tenuto comunque a rispettarli. E se non li rispetta, qualunque multa venga fatta è altrettanto valida.