Prenotare ristorante senza dire che è pranzo di nozze: è lecito?

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Festa di matrimonio a sorpresa: come risparmiare con il locale.

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Ha fatto discutere la notizia di una coppia romana che, nel prenotare un tavolo per venti persone in un ristorante, non ha però specificato al titolare del locale che si sarebbe trattato di una festa di nozze. Dinanzi al disappunto del ristoratore, che si è sentito prendere in giro («Avreste dovuto avvisarmi» ha sentenziato), ha fatto seguito la pronta risposta dei novelli sposi: «Avremmo speso troppo!». I due infatti si erano prima rivolti a una serie di locali del luogo e, puntualmente, non appena parlavano di una festa di matrimonio, i costi lievitavano inspiegabilmente. Eppure, un pranzo è sempre un pranzo, a prescindere dal motivo per cui viene organizzato, soprattutto se il menu viene concordato in anticipo. Da un punto di vista legale, come si risolve la questione?

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È lecito prenotare un ristorante senza dire che è un pranzo di nozze?

La legge non disciplina tale ipotesi, ragion per cui dovremo trovare la risposta applicando analogicamente le norme che regolano, in generale, i contratti e, più in particolare, lo specifico contratto di ristorazione.

Nel momento in cui si conclude un contratto di ristorazione con il titolare di un locale, le parti assumono reciproche obbligazioni: da un lato c’è quella di somministrare cibo e bevande e, dall’altro lato, c’è quella di pagare il relativo prezzo.

Il prezzo peraltro deve essere chiaro sin dalla conclusione del contratto. E dunque si può procedere con un menu stabilito preventivamente dalle parti, con un prezzo a persona o à forfait, oppure sulla base delle pietanze ordinate da ciascun singolo invitato per come riportate sul menu su cui va obbligatoriamente indicato il prezzo a porzione. Se il prezzo non è determinato, il contratto è nullo.

Qualsiasi servizio aggiuntivo – ad esempio eventuali decori e accompagnamento musicale – deve essere concordato e pagato a parte.

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Il contratto può essere concluso tanto per iscritto quanto verbalmente (ad esempio per telefono).

In generale, la legge non impone al committente di esplicitare le ragioni per cui intende concludere il contratto. Così come una persona che firma un contratto di affitto non deve spiegare se l’appartamento gli serve per stare più vicino al lavoro o alla casa dei genitori (purché chiaramente lo scopo sia sempre quello “abitativo”), chi conclude un contratto di ristorazione non è tenuto a indicare i motivi del festeggiamento. Nessuna norma lo impone.

Nessun ristoratore può quindi esigere dal cliente un pagamento aggiuntivo per una ricorrenza a meno che non sia giustificato dalla richiesta di ulteriori servizi (ad esempio un maggior numero di bottiglie di vino, di coperti, eventuali allestimenti o un numero superiore di camerieri per garantire tempestività). La caratteristica del contratto di ristorazione è infatti quella per cui, una volta chiarita la prestazione desiderata, il titolare dell’attività deve predisporre tutti i servizi necessari a garantire che la stessa sia resa

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a regola d’arte, con professionalità e nel tempo che normalmente si impiega per la preparazione di una o più pietanze.

Da ciò, si può già trarre una fondamentale conclusione: il prezzo per il pranzo o la cena deve essere calcolato sulla base delle prestazioni richieste al ristoratore e non su altri elementi eventualmente suggestivi come appunto la concomitanza di una ricorrenza. Se così fosse, una coppia che prenoti un tavolo per il sabato sera potrebbe esigere di pagare meno rispetto a quella accanto che invece, pur a parità di pietanze consumate, stia celebrando l’anniversario di nozze.

Quindi, se la causa del matrimonio per cui viene prenotato il pranzo non va ad aggravare la prestazione del ristoratore, rendendola per lui più onerosa da un punto di vista organizzativo o di servizi, non è necessario che la stessa venga comunicata in anticipo. Ragion per cui il locale non potrà chiedere un pagamento ulteriore né rifiutare la prenotazione una volta accettata.

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