Si possono pignorare i crediti di un professionista?

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Pignoramento nei confronti del lavoratore autonomo o di una Partita Iva: come si propone e quali limiti incontra.

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Quando intende agire contro una persona che non paga i debiti, il creditore – dopo aver ottenuto nei suoi confronti una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo definitivo – deve individuare i beni che intende pignorare. Tra questi, vi possono essere il conto corrente o il quinto dello stipendio. Ma se il debitore dovesse essere un titolare di partita Iva, privo quindi di un reddito fisso versato da un unico soggetto con cadenza mensile, cosa si può fare? Si possono pignorare i crediti che un professionista vanta nei confronti dei propri clienti? Anche se la legge non menziona espressamente questa possibilità, si deve tuttavia ritenere che, nella categoria più generale del «

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pignoramento presso terzi» (quella cioè che comprende tutti i crediti che il debitore vanta nei confronti di altri soggetti, persone fisiche o giuridiche), vi rientri anche il pignoramento dei crediti del professionista nei confronti di privati, enti pubblici, società, ecc.

Nessun dubbio dunque che il creditore possa mettersi a caccia dei clienti del titolare di Partita Iva e, nel contattare i suoi clienti, gli notifichi un atto di pignoramento chiedendo loro se sono debitori del proprio debitore e, in tal caso, di non pagare a quest’ultimo ma al creditore procedente. Né si può ritenere che tale comportamento – che finisce per svelare a terzi le obbligazioni del lavoratore autonomo – possa considerarsi una violazione della sua privacy.

Ci sono tuttavia dei chiarimenti da fare sul punto.

Ci sono limiti al pignoramento dei crediti verso i clienti del professionista?

Come noto, quando si pignora lo

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stipendio di un lavoratore dipendente, bisogna rispettare dei limiti imposti dalla legge. Per cui, se il pignoramento avviene direttamente presso il datore di lavoro, prima cioè che questi eroghi il salario, il pignoramento non può eccedere un quinto della busta paga. Se invece il pignoramento avviene dopo che la retribuzione è stata versata in banca, ci sono ulteriori vincoli: gli importi già depositati sul conto alla data del pignoramento possono essere pignorati solo nella misura che eccede il triplo dell’assegno sociale mentre i versamenti successivi seguono il limite del quinto.

Ebbene questi limiti non esistono quando invece si pignorano i crediti del professionista.

Sicuramente se le parcelle del professionista sono state già onorate e i relativi pagamenti si trovano ormai accreditati sul suo conto corrente, il pignoramento dovrà avere ad oggetto quest’ultimo. E – cosa più importante – potrà avere ad oggetto l’intera giacenza, dal primo all’ultimo euro. In altri termini, tutto ciò che si trova sul conto del professionista

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può essere appreso dal creditore. In pratica, il pignoramento del conto corrente del lavoratore autonomo può avvenire nella misura del 100%.

Nell’atto di pignoramento, il creditore indica una data dell’udienza ove il giudice assegnerà al creditore procedente le somme trattenute nel frattempo dalla banca. In quel momento però il conto corrente torna “libero” e svincolato dall’esecuzione forzata: sicché i successivi accrediti restano nella disponibilità del lavoratore autonomo.

Come si pignorano i crediti del professionista verso i clienti?

Diverso è invece il caso del professionista che abbia già svolto la prestazione ma non sia stato ancora pagato. In tal caso egli è creditore del cliente ma, nello stesso tempo, debitore a sua volta. Ebbene, il suo creditore dovrà rivolgersi al cliente e, tramite l’ufficiale giudiziario, intimargli di non pagare il credito al professionista ma al creditore procedente. Come? Attraverso una procedura che va sotto il nome di pignoramento presso terzi e che non è per nulla dissimile da quella fatta nei confronti della banca.

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In pratica il creditore del professionista ottiene la sentenza o il decreto ingiuntivo e, dopo averla notificata al debitore ed atteso qualche giorno, gli notificherà un secondo atto: il cosiddetto atto di precetto con cui gli dà altri 10 giorni di tempo per pagare. Se neanche così questi adempie, il creditore può pignorare i crediti del professionista verso i clienti. Dovrà quindi inviare a questi ultimi l’atto di pignoramento intimando loro di attendere l’ordine del giudice (emesso all’udienza indicata sull’atto di pignoramento stesso) per poi versare le somme al creditore procedente.

Ma come si fa a sapere quali sono i clienti del professionista? Questa è la parte più difficile di tutta la procedura. Nessuno può essere al corrente dei clienti di un professionista, ma si può risalire ad essi in via presuntiva. Difatti non dimentichiamo che il creditore ha sempre accesso all’Anagrafe Tributaria, un archivio dell’Agenzia delle Entrate che indica le fonti di reddito di ogni contribuente. Ed è chiaro che se lì dovesse risultare che un professionista emette fatture periodiche nei confronti di una società, di un Comune, di una Pubblica Amministrazione (di cui magari è consulente), allora è probabile che vi sia un rapporto continuativo. Ed allora si potrà notificare a questi l’atto di pignoramento presso terzi, nella speranza che forniscano risposta positiva e si dichiarino cioè debitori del debitore principale.

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Si possono pignorare i crediti di un professionista che appartiene a una associazione professionale?

Secondo la Cassazione [1], il creditore di un professionista può pignorare i compensi a questi dovuti dai suoi clienti senza che sia d’ostacolo l’obbligo, nei confronti dell’associazione professionale cui appartiene il professionista, di riversare in un fondo comune i proventi della propria attività professionale.

Il creditore resta tale, e può pignorare i crediti del proprio debitore verso i terzi, a nulla rilevando che quest’ultimo abbia conferito mandato a chicchessia per l’incasso di quei crediti.

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