Come vengono ripartite le spese condominiali?

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Come si dividono le spese in un condominio secondo il Codice civile: il criterio dei millesimi non è sempre l’unico che l’amministratore deve tenere in considerazione.

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La ripartizione delle spese condominiali rappresenta una tematica di grande rilevanza per i proprietari di immobili. Non tutti sono però informati che c’è un’unica grande regola generale: quella dei millesimi alla quale si può derogare solo con l’unanimità. Sono quindi illegittime le delibere prese a maggioranza che decidono la divisione in quote uguali.

Poiché però non sempre i condomini utilizzano i servizi e i beni comuni allo stesso modo, il codice civile prevede due temperamenti al principio millesimale. In questo breve articolo vedremo

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come vengono ripartite le spese condominiali. Questo serve per capire quando la delibera, in caso di violazione di tali regole, è annullabile e va (necessariamente) impugnata entro 30 giorni (dalla sua adozione per i presenti e i dissenzienti; dalla comunicazione del relativo verbale per gli assenti).

Qual è il criterio base per la ripartizione delle spese condominiali?

L’

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articolo 1123 del codice civile definisce tre criteri fondamentali per la ripartizione delle spese condominiali.

Il primo criterio si basa sul valore della proprietà di ciascun condomino ossia sui millesimi indicati nelle tabelle allegate al regolamento. Pertanto le spese generali, come quelle di manutenzione, vengono suddivise proporzionalmente al valore millesimale di ogni unità immobiliare.

Questo principio presuppone che i benefici ottenuti dalle parti comuni siano uguali per tutti i condomini.

Come anticipato in apertura, solo l’unanimità potrebbe derogare a tale criterio. Quindi, ad esempio, se si vuol esonerare un condomino dal pagare le spese (ad esempio quelle dell’ascensore per i proprietari dei negozi) o si vuol far pagare tutti allo stesso modo, è necessaria una delibera assembleare, cui partecipino tutti i condomini (anche se per delega) con voto favorevole di ciascun condomino.

Se la delibera che deroga ai millesimi viene presa a semplice maggioranza, si avranno due conseguenze diverse a seconda dell’intento dell’assemblea:

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Cosa succede quando l’utilizzo del bene comune è differenziato?

Quando l’utilizzo di un bene o servizio comune varia tra i condomini, per cui alcuni ne fanno un uso più intenso di altri, entra in gioco la seconda regole prevista dall’articolo 1123 cod. civ. (secondo comma). In tale ipotesi, le spese vengono ripartite non più in base al valore della proprietà, ma in relazione all’effettivo uso del bene o servizio. Questa regola trova applicazione, ad esempio, quando solo alcuni condomini usufruiscono di un particolare servizio.

E se un bene comune serve solo a una parte dei condomini?

Il terzo scenario previsto dall’ultimo comma dell’articolo 1123 riguarda i casi in cui un bene o servizio comune è di utilità esclusiva per un gruppo ristretto di condomini. Si pensi a un condominio composto da più scale, più cortili, più edifici. In questa circostanza, solo i proprietari che beneficiano direttamente del bene o servizio sono tenuti a contribuire alle relative spese.

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Ad esempio i condomini della scala A non partecipano alla pulizia della scala B o alla riparazione dell’ascensore della scala C. I condomini del numero civico 2A non pagano le spese del tetto dell’edificio con il numero civico 2B.

Una volta individuati i condomini interessati alla spesa, la ripartizione avviene seguendo i criteri del valore della proprietà o dell’uso, a seconda del caso.

Che differenza c’è tra tabelle millesimali di proprietà e tabelle di gestione?

Chiariti i tre criteri per la divisione delle spese condominiali possiamo ora passare ad analizzare qual è la differenza tra le tabelle di proprietà e quelle di gestione:

Pertanto i valori delle tabelle di gestione sono diversi rispetto alle tabelle di proprietà che sono quelle a cui fare riferimento ai fini del computo della validità del quorum assembleare.

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Quali sono le regole specifiche per alcuni beni comuni?

Il Codice civile, negli articoli 1124, 1125 e 1126, stabilisce regole dettagliate per la ripartizione delle spese relative a specifici beni comuni quali scale, impianti di ascensore, solai divisori tra i piani e lastrici solari di proprietà esclusiva.

Ripartizione spese delle scale

La spesa per scale e gli ascensori è ripartita per metà in base ai millesimi e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.

Ripartizione soffitti, solai e volte

Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti uguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti: a carico del proprietario del piano superiore c’è la copertura del pavimento e a carico del

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proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Lastrici solari di uso esclusivo

Quando il lastrico solare (o parte di esse) non è comune a tutti i condomini ma di uso o proprietà esclusiva in capo a un solo condomino, quest’ultimo paga un terzo delle spese per la riparazione o ricostruzione; gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo che li copre, in base al valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

È possibile deviare dai criteri standard di ripartizione?

Come detto, i condomini possono decidere di adottare una ripartizione delle spese diversa da quella standard, stabilendo un accordo contrattuale approvato all’unanimità. Tuttavia, questa opzione può risultare complessa, poiché richiede il consenso di tutti i proprietari e potrebbe comportare oneri maggiori per alcuni di loro.

Qual è l’obbligo di pagamento delle spese comuni?

L’articolo 1118, comma 3, del Codice civile ribadisce l’obbligo inderogabile di ogni condomino di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, indipendentemente dall’uso o dalla destinazione della propria unità immobiliare, salvo disposizioni di leggi speciali.

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L’omesso pagamento obbliga l’amministratore, entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio di bilancio, di nominare un avvocato di propria fiducia affinché chieda al giudice un decreto ingiuntivo nei confronti del moroso, con obbligo immediato di pagamento. Se la morosità persiste, oltre al pignoramento dei beni (come l’appartamento), l’amministratore può sospendere il debitore dall’utilizzo dei beni condominiali suscettibili di godimento separato come l’acqua, il riscaldamento, l’uso del parcheggio o della piscina condominiale.

Il pagamento delle spese è legato alla titolarità della proprietà?

Nel sistema giuridico italiano, l’obbligo di pagamento delle spese condominiali è intrinsecamente legato alla titolarità della proprietà. Ciò significa che il proprietario di un’unità immobiliare è automaticamente tenuto al pagamento delle spese relative alle parti comuni del condominio. Questo principio riflette l’interesse dell’ordinamento a garantire che la proprietà edilizia sia mantenuta in buone condizioni, non solo per il bene degli stessi proprietari ma anche nell’interesse pubblico.

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Dal punto di vista giuridico, l’obbligo di pagamento delle spese condominiali è considerato un’obbligazione propter rem. Questo significa che l’obbligo nasce direttamente dalla proprietà o dal possesso di diritti reali (come la comproprietà o l’usufrutto) sui beni o impianti comuni. Non è necessario un atto di volontà per la nascita di tale obbligo: esso è intrinseco alla titolarità della proprietà stessa.

L’obiettivo primario dietro queste norme è la preservazione e il mantenimento efficiente della proprietà edilizia. Questo non solo protegge il valore degli immobili ma contribuisce anche al benessere della comunità e alla sicurezza degli spazi urbani. È un impegno condiviso tra i proprietari, volto a garantire che le strutture abitative rimangano sicure, funzionali e esteticamente gradevoli.

Che succede se non vengono presi provvedimenti per l’amministrazione del condominio?

Il Codice civile prevede, nell’articolo 1105, che in assenza di interventi adeguati per la gestione e manutenzione delle parti comuni, o in caso di inadempienza delle deliberazioni adottate, ogni condomino può fare ricorso all’autorità giudiziaria. Questa disposizione è un incentivo affinché i condòmini assumano la responsabilità di mantenere l’edificio, poiché in caso contrario possono sorgere interventi esterni, con costi aggiuntivi a carico dei proprietari.

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Che succede agli studi professionali?

Nel condominio spesso si pone il problema di addebitare una quota di spesa maggiorata a chi, usando di più la cosa comune, ne determina un maggior logoramento e, quindi, un aumento di costi. È il caso dello studio professionale all’interno di un condominio. La giurisprudenza è stata più volte chiamata a valutare la legittimità di una deliberazione che preveda una maggiorazione di spesa solo a carico di un condomino e ha concluso che una tale soluzione non è conforme alla disciplina condominiale, perché le spese devono essere ripartite sempre secondo criteri oggettivi

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