Regole sui rumori in condominio
Quali sono gli orari in cui si deve fare silenzio e quelli in cui è possibile produrre rumore: come difendersi dai vicini che fanno chiasso.
È variegato il panorama delle regole sui rumori in condominio, coinvolgendo aspetti di natura civilistica, amministrativa e penale.
Tuttavia, nonostante la complessità della materia e la frequenza dei litigi legati a tali questioni, solo due norme si occupano dell’argomento: l’articolo 844 del Codice Civile e l’articolo 659 del Codice Penale. Il primo stabilisce quali sono i limiti del rumore consentito, il secondo invece definisce i presupposti del reato di disturbo della quiete pubblica.
In sintesi, mentre l’articolo 844 del Codice Civile si concentra sugli aspetti legati alla convivenza e al rispetto reciproco tra privati – fornendo i criteri per comprendere quali immissioni acustiche possono ritenersi accettabili e quali no – l’articolo 659 del Codice Penale entra in gioco invece quando i rumori assumono un’entità tale da disturbare non solo i vicini, ma l’ordine pubblico in generale.
Nessuna norma però specifica in quali ore del giorno si debba rispettare il silenzio, quando un rumore si considera molesto, quali sono i decibel consentiti, chi possa agire in tribunale quando le immissioni acustiche diventano intollerabili.
A fissare tuttavia le regole sui rumori in condominio ci ha pensato la giurisprudenza con numerose pronunce. Vediamo dunque quali sono i principi fissati dalla Cassazione in materia.
Indice
Quando un rumore è illegale?
L’articolo 844 del codice civile cerca di contemperare l’esigenza a una vita pacifica e silenziosa con quella di chi, in casa propria, intende svolgere attività potenzialmente rumorose. Così, la norma stabilisce che non si può impedire al vicino di casa di fare rumori se questi non superano la
Cosa si intende per «normale tollerabilità» la norma non lo specifica. Lascia al giudice stabilirlo tenendo conto della condizione dei luoghi. In pratica, si fa riferimento a situazioni ambientali dove i rumori circostanti – quelli cioè provenienti dall’esterno – sono più intensi (centri urbani) e altri invece caratterizzati da maggiore silenzio (zone residenziali e campagnole). Ebbene, se è più facile che un rumore possa risultare intollerabile in un’area caratterizzata dall’assenza di attività chiassose, non così è all’interno dell’area metropolitana.
A influenzare poi il giudizio sulla tollerabilità del rumore è anche l’orario in cui questo viene prodotto, non potendosi negare che la stessa attività può risultare molesta nel cuore della notte e del tutto indifferente a metà giornata.
C’è poi da considerare la persistenza del rumore: un martello che batte su un chiodo provoca frastuono ma solo per un tempo limitato; non così sarebbe invece un condizionatore vecchio e mal funzionante.
Non in ultimo, bisogna tenere conto della necessità dell’attività. Alcuni rumori non si possono impedire, come nel caso delle ristrutturazioni edilizie o delle attività produttive che sono di pubblico interesse (si pensi a una panetteria); altre invece non lo sono.
Proprio per evitare che i giudici procedano a valutazioni soggettive, che potrebbero dar luogo a risultati molto contrastanti a seconda del tribunale, la giurisprudenza si è data un criterio (non vincolante) per uniformare le proprie decisioni. Tale criterio è basato sulla differenza tra i decibel del rumore prodotto e quelli del rumore di fondo ambientale. La misurazione è diversa a seconda che il rumore venga prodotto di giorno (in cui la tollerabilità è più elevata) o di notto (in cui è necessario prestare maggiore rispetto):
- di giorno: se il rumore supera di più di 5 decibel il rumore di fondo tra le 06:00 del mattino e le 22:00, viene considerato illegale.
- di notte: se il rumore supera di più di 3 decibel il rumore di fondo durante le ore notturne, è anch’esso considerato illegale.
In sintesi, la valutazione dell’obiettività della tollerabilità è rimessa alla discrezione del giudice, che deve considerare il caso concreto e le condizioni di tempo e luogo. Anche nelle zone industriali e commerciali, non tutte le emissioni di rumore sono considerate tollerabili, dovendo considerare diritti primari come la quiete e la salute.
Chi stabilisce l’entità dei rumori?
A fini dei calcoli di cui si è appena detto, il giudice – in un eventuale contezioso tra vicini – potrà incaricare un perito fonometrico al fine di valutare l’entità dei decibel. Ma il giudice potrebbe anche accontentarsi di una prova testimoniale costituita dalle dichiarazioni dei vicini (soprattutto laddove si tratti di rumori saltuari).
Quali sono gli orari di silenzio nei condomini?
Il regolamento condominiale potrebbe indicare degli specifici orari di silenzio. In tali ipotesi, il limite da rispettare è molto più rigoroso della “normale tollerabilità” imposta dal codice civile.
Affinché una tale previsione sia valida è necessario però che il regolamento condominiale sia stato approvato all’unanimità oppure si trovi allegato a tutti gli atti di compravendita degli appartamenti).
Quando un rumore diventa reato?
Il rumore intollerabile costituisce di per sé un illecito civile che dà diritto:
- al risarcimento solo laddove si possa dimostrare un danno, anche solo alla qualità della vita;
- a ottenere dal giudice una inibitoria ossia un provvedimento che vieti la reiterazione del comportamento molesto;
- a ottenere dal giudice una condanna a eseguire opere di insonorizzazione dei locali, laddove possibile.
Un rumore intollerabile – che supera cioè i limiti stabiliti dal codice civile – costituisce anche reato quando esso può essere avvertito da un numero
Dunque il confine tra civile e penale non si basa sull’entità del rumore ma sul numero di soggetti potenzialmente molestati.
Per l’incriminazione penale, il reato di disturbo alla quiete pubblica richiede una querelaanche da parte di un solo soggetto, entro 3 mesi dall’ultimo atto rumoroso.
La querela si può sporgere presso polizia, carabinieri o Procura della Repubblica.
Chi può agire contro i rumori in condominio?
Il superamento dei limiti di tollerabilità dei rumori non è affare dell’amministratore, salvo nel caso di previsione all’interno del regolamento condominiale.
Dunque spetta al soggetto molestato agire contro il molestatore.
Secondo la sentenza della Cassazione (n. 33966/2023), non solo il condominio e il proprietario, ma anche il conduttore (inquilino) sono legittimati a intraprendere azioni legali contro le immissioni rumorose che disturbano la normale conduzione della vita in un condominio.
Che succede se il rumore supera i limiti fissati dalle leggi amministrative?
La Corte ha chiarito che esiste una differenziazione tra la tutela civilistica, basata sull’articolo 844 del Codice Civile, e la tutela amministrativa nel caso in cui vi siano specifiche norme, destinate a determinati settori commerciali e produttivi, che fissino ulteriori limiti ai rumori. Queste ultime stabiliscono limiti e parametri per le immissioni rumorose, ma non possono essere applicate direttamente al caso concreto nei rapporti privatistici. In pratica, anche laddove un’attività rispetti i limiti amministrativi, è ben possibile agire in via civile se viene di fatto superato il limite della normale tollerabilità.
In sostanza, il rispetto dei limiti normativi pubblicistici per le immissioni rumorose non esclude ulteriori accertamenti. La valutazione sulla loro tollerabilità deve comunque rispettare i principi dell’articolo 844 del Codice Civile, che tutela un diritto primario alla qualità della vita.