Nasce il nuovo sostegno per gli anziani: l’assegno di assistenza

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La nuova misura di sostegno per le persone con handicap grave al 100% e con Isee basso.

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Il Governo ha approvato l’introduzione della cosiddetta prestazione universale per l’assistenza degli anziani non autosufficienti prevista dalla legge delega 33/2023 e dal decreto attuativo che approda oggi al Consiglio dei ministri.

In pratica, ai percettori dell’indennità di accompagnamento che abbiano almeno 80 anni e un Isee sotto 6mila euro, sarà riconosciuta mensilmente una quota fissa monetaria corrispondente all’indennità di accompagnamento, e una quota integrativa definita «assegno di assistenza», che potrà essere usata per remunerare il lavoro di cura svolto da lavoratori domestici regolari o da imprese qualificate per l’assistenza sociale non residenziale.

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La misura è quindi destinata a chi ha i requisiti per l’assegno di accompagnamento ossia:

Questa misura mira anche a far emergere il lavoro sommerso delle badanti in nero contro la cui evasione il Governo ha giurato guerra.

Cos’è e come funziona l’assegno di assistenza?

Per il momento, tenuto conto della limitatezza delle risorse, verrà introdotto in via sperimentale un aumento dell’assegno fino al 200% destinato agli ultraottantenni in condizioni gravi con 6.000 di Isee. Per costoro si passerà da un assegno di accompagnamento attualmente pari a 531,76 euro a 1.380 euro, da poter spendere per servizi, cura e assistenza, ha spiegato la viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci. La prestazione universale verrà erogata dall’Inps ed è riconosciuta, previa espressa richiesta, alla persona anziana non autosufficiente, in possesso dei seguenti requisiti: un’età anagrafica di almeno 80 anni, un livello di bisogno assistenziale gravissimo, un Isee per le prestazioni agevolate di natura sociosanitaria non superiore a 6.000 euro.

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La lotta alle badanti irregolari

Peraltro la stessa riforma delle politiche a favore degli anziani non autosufficienti punta a definire standard formativi del personale domestico e a realizzare corsi ad hoc: un altro canale per identificare e professionalizzare colf e badanti.

In Italia, si calcola quasi un milione di addetti ai servizi domestici, come colf, badanti e baby sitter che lavorano in nero. Precisamente, si tratta di 961mila persone che non risultano nelle liste dell’Inps, a fronte dei 894mila lavoratori regolarmente impiegati e per i quali vengono versati i contributi. Questi dati emergono dal quinto Rapporto annuale sul lavoro domestico di Domina, l’associazione datoriale, che verrà esposto a Roma il 31 gennaio nella sala stampa del Senato.

Si stima che gli assistenti familiari non regolarizzati costituiscano il 51,8% del totale degli addetti in questo settore, che si aggira attorno ai due milioni. Dopo un incremento dei lavoratori in regola nel 2020 e 2021, a causa delle restrizioni di viaggio durante la pandemia e della sanatoria per i domestici iniziata con il Dl 34/2020, nel 2022 si è verificata una diminuzione del 7,9% degli addetti censiti dall’Inps rispetto all’anno precedente.

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Per contrastare la diffusione del lavoro nero, che priva lo Stato di imposte e contributi, la legge di Bilancio 2024 ha stabilito una sinergia tra l’Inps e l’agenzia delle Entrate. La legge 213/2023, agli articoli 1, 60 e seguenti, prevede una piena interoperabilità delle banche dati per l’analisi e lo scambio di informazioni, anche mediante l’impiego di tecnologie digitali avanzate. Questo consentirà l’incrocio dei dati dei lavoratori domestici registrati dall’Inps con quelli del fisco, per individuare eventuali incongruenze tra i redditi dichiarati e i risparmi o patrimoni posseduti, che potrebbero portare a ulteriori accertamenti.

La normativa prevede anche che l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione dei lavoratori le informazioni raccolte, utilizzi questi dati per preparare una dichiarazione dei redditi precompilata e segnali eventuali anomalie ai contribuenti. Sebbene questa misura sia diretta ai lavoratori domestici in regola, potrebbe anche rilevare redditi da rapporti lavorativi non dichiarati.

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