Bollette telefono: illegittima la fatturazione a 28 giorni

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Cassazione: obbligatorio emettere le bollette una sola volta al mese. Come chiedere il rimborso degli ultimi 5 anni.

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La sentenza n. 4182 della Cassazione, depositata il 15 Febbraio 2024, ha messo fine alla controversia riguardante la pratica di fatturazione a 28 giorni adottata da Telecom Italia Spa, ritenendola lesiva per i diritti dei consumatori (pratica poi seguita dalle altre compagnie del telefono). Tale sistema, deviando dal tradizionale metodo di fatturazione mensile (tipico di ogni altra utenza domestica, come luce, acqua e gas), è stata giudicata dalla Terza Sezione Civile come una violazione significativa e ingiustificata, che impedisce ai consumatori di valutare correttamente il costo del servizio e di effettuare confronti trasparenti tra le diverse offerte.

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La pratica di fatturare ogni 4 settimane anziché ogni mese ha consentito alle compagnie del telefono di mettere 13 bollette all’anno anziché 12: in pratica una bolletta in più che gravava sulle spalle dei consumatori.

La sentenza segue il verdetto della Corte di Appello di Milano di dicembre 2022, che aveva già dato ragione all’Associazione Movimento dei Consumatori (Amc) contro Telecom Italia Spa. La Corte ha sottolineato che la fatturazione mensile era una prassi consolidata e che la modifica introdotta ha alterato ingiustificatamente la possibilità per i consumatori di comprendere e confrontare le tariffe, configurandosi così come una pratica commerciale scorretta.

Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 8 giugno 2023 nella causa C-468/2020, aveva detto che l’obbligo di fatturazione mensile non pregiudica la libertà degli operatori di telefonia di stabilire i prezzi dei servizi o di proporre offerte con periodicità superiore alle quattro settimane. È solo la cadenza dell’emissione della bolletta

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che viene criticata. Perché se anche l’operatore resta libero di stabilire il prezzo che vuole, e quindi anche di alzarlo (previa comunicazione e accettazione dell’utente), non può invece far pagare ogni 28 giorni.

La Cassazione ha quindi ribadito che la decisione di secondo grado si basa sull’accertamento di una condotta contrattuale scorretta, lesiva dei principi di trasparenza, correttezza e buona fede nei contratti, principi fondamentali per garantire ai consumatori una corretta percezione dei costi e una loro comparabilità equa.

La critica alla possibilità di intervenire sul contenuto economico del contratto è stata respinta dalla Corte, evidenziando che gli operatori mantengono la libertà di definire i prezzi e le offerte, purché ciò avvenga nel rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede. La Cassazione ha inoltre chiarito che la contestazione relativa all’articolo 295 del codice di procedura civile è infondata, poiché il giudizio in questione riguarda specificamente le obbligazioni tra le parti contrattuali, anche in una prospettiva collettiva introdotta dall’associazione dei consumatori.

Ora si aprono le richieste di rimborso per gli ultimi 5 anni, visto che la prescrizione in materia di utenze telefoniche è quinquennale. La richiesta potrà essere inviata con raccomandata a.r. o Pec, anche attraverso un avvocato o un’associazione di tutela dei consumatori. E se la società dovesse non rispondere o declinare la richiesta, ci sarà il giudizio dinanzi al giudice di pace.

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