Giustizia riparativa: cos’è, come funziona, come opporsi al rigetto
Cosa comporta la giustizia riparativa e quali sono i vantaggi. Si può impugnare il diniego alla giustizia riparativa?
La recente introduzione della giustizia riparativa ha creato dubbi in merito alla possibilità di contestare l’eventuale diniego da parte del giudice alla domanda presentata dall’imputato. Sul punto si è espressa la Cassazione analizzando quali sono i poteri del magistrato e i diritti del reo. In questo breve articolo vedremo innanzitutto cos’è e come funziona la giustizia riparativa. Vedremo poi se è possibile contestare il rigetto alla giustizia riparativa e quali sono le alternative. Ma procediamo con ordine.
Indice
Cos’è la giustizia riparativa?
La giustizia riparativa rappresenta un innovativo approccio nel campo del diritto penale, volto a promuovere una risoluzione del conflitto che sia benefica per tutte le parti coinvolte nel processo penale. Questo modello si distacca dalla tradizionale visione punitiva, orientandosi verso un processo di dialogo e comprensione reciproca, al fine di riparare il danno causato dall’illecito e di ristabilire l’armonia sociale.
Definita come un insieme di pratiche e principi, la giustizia riparativa mira a facilitare il riconoscimento delle responsabilità e il conseguente risarcimento verso la vittimaattraverso un percorso condiviso che coinvolge l’autore del reato, la vittima e, talvolta, la comunità.
Il fulcro di questo approccio è la ricerca di un ‘esito riparativo’, ossia un accordo che non solo soddisfi le parti in causa, ma che contribuisca anche a una più ampia ricostruzione del tessuto sociale lesionato dall’atto illecito.
Gli esiti riparativi possono assumere diverse forme, tra cui le più comuni sono le scuseformali, simboliche, e il risarcimento materiale, diretto a compensare il danno subito dalla vittima.
Contrariamente a quanto comunemente percepito, la giustizia riparativa non si configura come una mera alternativa al tradizionale processo penale né come un semplice meccanismo di riparazione del danno attraverso lavori socialmente utili. Nel sistema giuridico italiano, caratterizzato dall’obbligatorietà dell’azione penale sancita dalla Costituzione, la giustizia riparativa non può sostituire il processo penale, ma può coesistere con esso come percorso parallelo e complementare.
I percorsi riparativi si configurano come strumenti di mediazione, che possono essere intrapresi anche senza il consenso esplicito della vittima e in sua assenza, coinvolgendo altre parti della società. Tuttavia, l’esito positivo di tali percorsi, una volta riconosciuto dal giudice, può influenzare il processo penale, ad esempio come circostanza attenuante nella determinazione della pena o nella valutazione della gravità del reato.
Chi può accedere alla giustizia riparativa?
La riforma Cartabia, attraverso il Decreto legislativo n.150 del 2022, ha introdotto importanti novità riguardanti l’accesso ai programmi di giustizia riparativa. Questi ultimi sono resi accessibili gratuitamente a tutti i soggetti interessati, senza preclusioni legate alla natura o alla gravità del reato, garantendo così un’ampia fruibilità del percorso riparativo.
I programmi di giustizia riparativa sono aperti a una vasta gamma di soggetti, inclusi la vittima, l’autore dell’offesa e membri della comunità, come familiari o rappresentanti di enti e associazioni. L’adesione a tali programmi è volontaria e libera da costrizioni, sottolineando il principio di autonomia e responsabilità individuale.
Come funziona la giustizia riparativa?
Il percorso di giustizia riparativa è gestito da enti dedicati, denominati Centri per la Giustizia Riparativa, incaricati di organizzare e supervisionare l’attuazione dei programmi. Questi centri operano in collaborazione con le istituzioni giudiziarie e sono accessibili per una vasta gamma di reati, indipendentemente dalla loro gravità, in ogni fase del procedimento penale.
La partecipazione al programma può essere iniziativa del giudice, su richiesta dell’imputato o della vittima, e viene considerata solo se si ritiene che possa contribuire effettivamente alla risoluzione delle problematiche scaturite dal reato, senza pregiudicare la sicurezza delle parti o l’accertamento dei fatti.
I percorsi riparativi possono generare esiti sia simbolici, quali scuse formali o impegni comportamentali, sia materiali, come il risarcimento del danno. Questi risultati sono volti a restaurare il tessuto sociale danneggiato dall’illecito e a promuovere un processo di guarigione per tutte le parti coinvolte.
Il programma e la valutazione dell’esito della giustizia riparativa
Al termine del programma di giustizia riparativa, il mediatore incaricato redige una relazione dettagliata delle attività svolte e degli accordi raggiunti, che viene poi valutata dal giudice. Se l’esito del programma è positivo, questo può influenzare il processo giudiziario, ad esempio attraverso la considerazione di circostanze attenuanti nella determinazione della pena.
Quali sono gli effetti e i vantaggi della giustizia riparativa?
La partecipazione ai programmi di giustizia riparativa e gli esiti positivi dei percorsi possono avere significative ricadute sul piano penale, influenzando l’assegnazione di benefici penitenziari, la concessione di misure alternative al carcere e la valutazione dei periodi di prova. Importante notare che l’eventuale rifiuto di partecipazione o esiti negativi dei percorsi non comportano un aggravamento delle sanzioni.
Esempi concreti e benefici della giustizia riparativa
Per illustrare l’efficacia della giustizia riparativa, possiamo considerare il caso di una lite tra vicini causata da danneggiamenti alla proprietà. Invece di procedere con un lungo e costoso processo legale, le parti possono essere indirizzate verso un programma di giustizia riparativa, dove, attraverso il dialogo facilitato da un mediatore, si giunge ad un accordo per il risarcimento del danno e, eventualmente, alla riparazione del bene danneggiato. Questo approccio non solo risolve il conflitto in modo più rapido ed economico, ma contribuisce anche a ristabilire un rapporto civile tra i vicini.
Un altro esempio può essere quello di un furto minore compiuto da un adolescente. Attraverso la giustizia riparativa, il giovane può essere portato a comprendere l’impatto delle sue azioni, scusarsi con la vittima e, sotto la supervisione di un adulto, lavorare per risarcire il danno. Questo percorso non solo sanziona il comportamento illecito, ma promuove anche un processo educativo e di reintegrazione sociale del giovane.
Si può impugnare il diniego alla giustizia riparativa?
La possibilità di contestare il diniego del giudice all’accesso alla giustizia riparativa ha suscitato notevoli dibattiti. La Cassazione, con la sentenza n. 6595 pubblicata il 14 febbraio, ha ribadito la non impugnabilità dell’ordinanza che esclude l’accesso a tale forma di giustizia, emessa dal giudice ai sensi dell’art. 129-bis del Codice di procedura penale.
Questa decisione si fonda sul principio di limitazione dei mezzi di impugnazione, in assenza di norme che consentano esplicitamente di contestare tali provvedimenti. Inoltre,
La Corte Suprema sottolinea che i principi e le garanzie del processo penale non sono estendibili alla giustizia riparativa, data la natura non giurisdizionale di quest’ultima, che segue regolamentazioni diverse e talvolta incompatibili con quelle del processo penale.
Una precedente sentenza della stessa Cassazione (sent. n. 25367 del 13 giugno 2023) aveva già chiarito che il giudice ha il potere discrezionale di avviare i programmi di giustizia riparativa basandosi su valutazioni relative al reato, alle dinamiche tra indagato e vittima, e all’efficacia del percorso riparativo.
Di conseguenza, il giudice può decidere di non attivare tale opzione senza doverne motivare la scelta e senza che ciò comporti alcuna nullità, in quanto non prevista dalla normativa vigente o di carattere generale, non ledendo i diritti elencati all’art. 178, lettera c), del Codice di procedura penale.
Secondo i magistrati, questa interpretazione non presenta profili di incostituzionalità. La giustizia riparativa, introdotta con la riforma Cartabia, si inserisce nel processo penale non in contrapposizione, ma in complementarità con la giustizia punitiva, eccetto nei casi di attuazione post-esecuzione della pena o prima della presentazione di querela per reati procedibili su quest’ultima.
Inoltre, le testimonianze raccolte durante i programmi riparativi sono tutelate dalla riservatezza e non utilizzabili nel processo penale, che invece segue principi di trasparenza e garanzie per l’imputato. Ciò evidenzia il carattere non giurisdizionale e vicino a un servizio pubblico della giustizia riparativa, che non implica necessariamente l’esistenza di un procedimento penale e dunque non segue le medesime regole.
La Cassazione conclude che la mancanza di un meccanismo di impugnazione per le decisioni giudiziarie in questo ambito non rappresenta una lacuna legislativa né un danno al diritto di difesa, ma rispecchia una scelta precisa del legislatore, considerata la natura particolare della giustizia riparativa.