Quando è diffamazione sui social e cosa si rischia?
In quali casi si commette reato utilizzando i social network? Come tutelarsi nell’ipotesi di offesa alla propria reputazione?
La diffamazione è il reato che commette chi offende la reputazione altrui, per tale dovendosi intendere la considerazione che gli altri hanno di una persona. Questo delitto può essere integrato in svariati modi – con espressioni verbali, gesti, disegni o immagini – e adoperando gli strumenti più diversi, tra i quali v’è sicuramente anche internet. In questo contesto si pone il seguente quesito: quando è diffamazione sui social e cosa si rischia?
Come diremo, quella sui social network rappresenta una particolare forma di diffamazione aggravata dall’utilizzo di un
Indice
Quando è diffamazione?
C’è diffamazione quando si offende la reputazione altrui, in assenza della vittima ma in presenza di almeno altri due soggetti.
In buona sostanza, le caratteristiche della diffamazione sono essenzialmente due:
- la vittima deve essere assente o, se presente, non deve essere in grado di percepire l’offesa (ad esempio, perché momentaneamente allontanatasi);
- l’offesa deve essere in grado di ledere la reputazione della vittima, cioè la considerazione che altri hanno di lui, in campo lavorativo, familiare, sociale, ecc.
Quando è diffamazione sui social?
La diffamazione è sui social quando l’espressione offensiva è resa nota tramite un social network (Facebook, Instagram, ecc.).
Caratteristica di questa particolare forma di diffamazione è quella di veicolare l’offesa attraverso uno strumento di pubblicità, cioè un mezzo a cui chiunque può accedere – peraltro gratuitamente – con conseguente maggior danno per la vittima.
Tramite social, infatti, la propagazione dell’offesa è sicuramente maggiore rispetto alla diffamazione che può avvenire verbalmente tra persone presenti.
La diffamazione sui social può avvenire essenzialmente in due modi:
- mediante pubblicazione, sulla propria bacheca persona oppure su quella altrui, di un commento o di un’immagine diffamatoria;
- tramite chat alla quale partecipano più persone. Non c’è diffamazione – ma al massimo ingiuria – nell’ipotesi in cui l’offesa sia rivolta direttamente alla vittima all’interno di una chat privata.
C’è diffamazione anche se il profilo è fake?
Il reato di diffamazione scatta anche se il profilo utilizzato per pubblicare il commento lesivo della reputazione altrui è falso.
In questo caso, sarà più difficile risalire alla vera identità
Cosa si rischia per la diffamazione sui social?
La diffamazione sui social rappresenta un’ipotesi di reato aggravata dall’utilizzo di un mezzo di pubblicità; per tale ragione, la pena prevista è la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore a 516 euro.
Al contrario, la “diffamazione semplice”, cioè non aggravata, è punita meno severamente, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
In entrambi i casi, si tratta di reato procedibile a querela: la vittima deve pertanto sporgere denuncia entro tre mesi da quando ha avuto consapevolezza dell’offesa ricevuta (ad esempio, da quando si è accorta del commento diffamatorio pubblicato sui social).
Il processo penale per diffamazione aggravata dall’utilizzo di social network si celebra innanzi al
Diffamazione sui social: cos’è e cosa fare in sintesi
La diffamazione sui social network è un reato che si verifica quando una persona pubblica commenti o contenuti che offendono la reputazione di qualcun altro.
La diffamazione sui social può includere post, immagini e qualsiasi altro contenuto (disegni, video, ecc.) che possa danneggiare la reputazione altrui.
La diffamazione sui social è considerata aggravata perché ha il potenziale di raggiungere un numero indeterminato di persone rapidamente
Per difendersi dalla diffamazione sui social, è importante agire tempestivamente e:
- documentare l’offesa, ad esempio mediante uno screenshot del contenuto diffamatorio;
- segnalare il contenuto utilizzando gli strumenti forniti dalle piattaforme social;
- valutare la possibilità di presentare una querela – nel termine di tre mesi – e costituirsi parte civile per ottenere un risarcimento del danno.
Non ogni tipo di espressione offensiva costituisce reato: per esempio, l’ingiuria, intesa come lesione della dignità di una persona presente, non è più considerata reato ma un illecito civile.