Licenziamento per mancato raggiungimento degli obiettivi: è legale?

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Il mancato raggiungimento del risultato prefissato costituisce di per sé un grave inadempimento che giustifica il recesso del datore di lavoro?

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Il rapporto di lavoro che si instaura tra dipendente e datore è regolato da una serie di norme che non consentono di recedere a proprio piacimento. Secondo la legge, infatti, né il lavoratore né il datore possono venir meno agli impegni che sorgono dal contratto senza il rispetto di un congruo preavviso, determinato all’interno della contrattazione collettiva.

Per ciò che concerne il licenziamento, questo può essere validamente intimato solo se sussiste un giustificato motivo, soggettivo oppure oggettivo, cioè che dipende dalla condotta colpevole del dipendente oppure da ragioni aziendali. In questo contesto si pone il seguente quesito:

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è legale il licenziamento per mancato raggiungimento degli obiettivi? Sul punto si è espressa la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Approfondiamo la questione.

Si può licenziare il dipendente per scarso rendimento?

Secondo la Corte di Cassazione (6 aprile 2023, n. 9453), il licenziamento per mancato raggiungimento degli obiettivi rappresenta una forma di recesso del datore per scarso rendimento del lavoratore.

A propria volta, il licenziamento per scarso rendimento rientra nel novero dei licenziamenti intimati per un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, cioè per un giustificato motivo soggettivo che legittima il recesso del datore.

Si può licenziare il dipendente per mancato raggiungimento degli obiettivi?

Per la Corte di Cassazione (19 aprile 2024, n. 10640), è illegittimo il licenziamento del dipendente per

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mancato raggiungimento degli obiettivi designati dal datore, se il lavoratore non si è reso responsabile di un grave inadempimento ai propri obblighi tale da ricondurre il recesso nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Secondo la Suprema Corte, nel contratto di lavoro subordinato il dipendente non si obbliga al raggiungimento di un risultato ma alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti dall’accordo sottoscritto.

Ne consegue che il mancato raggiungimento del risultato prefissato dal datore non costituisce, di per sé solo, un inadempimento.

Per la Corte di Cassazione, tuttavia, laddove siano individuabili parametri specifici per accertare che la prestazione sia eseguita con la diligenza e la professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, il discostamento da detti parametri può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione.

In tale circostanza, è possibile procedere con l’avvio di un procedimento disciplinare

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che può concludersi, nelle ipotesi più gravi, con il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.

Carlo si assenta ripetutamente dal posto di lavoro, pregiudicando così l’intera produzione aziendale. Il licenziamento è giustificato per via dello scarso rendimento e non del mancato raggiungimento degli obiettivi individuati dal datore.

In buona sostanza, ai fini del licenziamento non è di per sé sufficiente provare il mancato raggiungimento, da parte del dipendente, di uno o più obiettivi prefissati dal datore di lavoro.

È necessario, al contrario, dimostrare che il dipendente è stato gravemente inadempiente ai propri obblighi.

Come si dimostra lo scarso rendimento del dipendente?

La prova dello scarso rendimento del dipendente incombe sul datore di lavoro.

Secondo la giurisprudenza (6 aprile 2023, n. 9453 – sopra richiamata), tale onere può essere validamente assolto dimostrando lo scostamento dai parametri medi di produttività, così come si evincono dai risultati raggiunti dai colleghi con mansioni analoghe.

In buona sostanza, è legittimo il licenziamento per giustificato motivo soggettivo se il mancato raggiungimento degli obiettivi si traduce in una violazione dei parametri medi di produttività, desumibili dal raffronto con i risultati conseguiti dai colleghi a cui sono attribuite mansioni analoghe.

La Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che in un trimestre aveva effettuato complessivamente 16 visite a clienti e/o filiali rispetto alle 120 degli altri colleghi.

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