Droni volano su proprietà privata che fare?

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Come comportarsi se un drone sorvola la tua proprietà e ti spia facendo riprese non autorizzate: i rimedi legali.

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Specialmente nei mesi primaverili e d’estate capita di veder volare sul proprio balcone o giardino dei droni. Diversi lettori – soprattutto i proprietari di abitazioni isolate o di appezzamenti di terreno in cui sono insediate aziende agricole o altre attività – ci chiedono: che fare se i droni volano su proprietà privata?

I droni non sono giocattoli: sono piccoli aeromobili pilotati dall’esterno, ma hanno una grossa capacità intrusiva, perché si possono muovere praticamente ovunque e sono dotati di potenti dispositivi di registrazione video.

Da queste caratteristiche sorgono grossi problemi per chi vuole evitare la loro invasività senza essere costretto a subirla: bisogna, quindi, sapere come comportarsi risolvere nel modo adeguato tutti gli inconvenienti che possono verificarsi a causa del loro passaggio non autorizzato.

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Droni su proprietà private: quali problemi?

Il problema pratico dei droni che sorvolano su proprietà private è duplice: c’è l’aspetto della sicurezza, in quanto si tratta di aeromobili che potrebbero precipitare e danneggiare cose, impianti e strutture anche di valore, e l’impatto negativo sulla privacy, in quanto questi apparecchi sono quasi sempre muniti di telecamere e possono fare foto e filmati (a volte anche da grandi distanze, se sono dotati di zoom).

Evidentemente nessuno gradisce essere ripreso mentre si trova in un luogo di sua proprietà privata, peggio ancora se il drone “spia” insistentemente dalle finestre o si sofferma su particolari intimi. E anche quando il proprietario è assente potrebbero sorgere rischi dal fatto che le sue strutture vengono filmate a sua insaputa e da chissà chi.

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Dove non possono volare i droni?

I droni non possono volare sui centri abitati cittadini. Molte città, come Roma, Milano e Venezia, nei propri regolamenti locali individuano le cosiddette no fly zone dove è vietato il volo dei droni e la correlativa possibilità di scattare foto o effettuare videoriprese tramite essi.

Queste no fly zone sono quasi sempre dettagliate e prevedono aree in cui i droni – salvo specifiche autorizzazioni preventive – non possono assolutamente volare (solitamente contraddistinte in colore rosso nelle mappe) e aree in cui possono volare ma soltanto a determinate altezze, ad esempio non oltre i 25 metri di quota dal suolo, in modo da restringere il loro raggio visivo e limitare la loro pericolosità in caso di cadute accidentali.

L’uso dei droni, inoltre, è vietato – salvo apposite deroghe – per evidenti motivi antiterrorismo e di sicurezza, in prossimità delle aree aeroportuali o altri insediamenti strategici e sensibili – come i monumenti, gli edifici istituzionali, le basi militari, le carceri, le aree protette e i parchi nazionali – nel raggio di 5 chilometri o entro il diverso limite stabilito dalle competenti autorità locali.

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Sul portale pubblico online www.d-flight.it si trovano tutte le mappe georeferenziate relative alle possibilità di volo dei droni civili sull’intero territorio nazionale.

Quali norme per il volo dei droni?

L’EASA (European Union Aviation Safety Agency, l’Agenzia europea per la sicurezza dei voli aerei) ha emanato un Regolamento (Reg. UE n. 947/2019), valevole in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, che disciplina il volo dei droni, definiti con l’acronimo UAS (Unmanned Aircraft System, aeromobili senza equipaggio, e chiamati a livello internazionale anche SAPR (sistemi aerei pilotati da remoto).

In Italia l’Ente competente ai controlli sul volo dei droni, alla loro sicurezza e al rilascio delle autorizzazioni è l’ENAC (Ente Nazionale Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), che ha stabilito una dettagliata regolamentazione al volo dei droni suddividendoli in classi e categorie e richiedendo ai conducenti, per i droni di peso compreso tra i 250 e i 900 grammi, il possesso del “patentino” (corso di pilotaggio ed esame superato), o l’abilitazione presso un centro autorizzato per i voli di peso superiore a 900 grammi, e in tutti i casi la

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marcatura CE dell’apparecchio e l’obbligo di assicurazione; inoltre i droni “specific“, come quelli autocostruiti, sono soggetti a ulteriori e specifiche limitazioni di volo stabilite dall’ENAC.

Oltre ai divieti che abbiamo esaminato, l’ENAC stabilisce anche numerose regole di catalogazione e registrazione preventiva dell’apparecchio, variabili in base alla tipologia del drone, alla sua velocità, al peso, alla dotazione strumentale e alle quote di altezza raggiungibili: ad esempio, con una quota di 150 metri di elevazione i droni non possono volare a più di 500 metri di distanza dal pilota (la regola generale è che egli debba mantenere sempre il contatto visivo con l’apparecchio in volo).

Quando i droni possono volare su proprietà private?

In linea generale, l’articolo 840 del Codice civile prevede che: «Il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escluderle».

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Inoltre, l’articolo 823 del Codice della navigazione dispone che: Il sorvolo dei fondi di proprietà privata da parte di aeromobili deve avvenire in modo da non ledere l’interesse del proprietario del fondo».

Ma queste norme risalgono a un’epoca in cui i droni ancora non esistevano e, soprattutto, non tengono conto dell’invasività di questi strumenti e della possibile lesione del diritto alla riservatezza personale: quindi occorre fare riferimento alla più recente normativa sulla privacy che ora esamineremo.

Al di là delle limitazioni specifiche al volo dei droni in determinate zone no fly, come i centri abitati cittadini, i droni possono volare sulle proprietà private se si mantengono ad almeno 20 metri di altezza e/o di distanza e – nel caso in cui siano dotati di apparecchi di foto o video ripresa – a condizione che il proprietario abbia fornito un’autorizzazione preventiva.

Autorizzazione e consenso del proprietario al sorvolo dei droni

Nella richiesta di autorizzazione – che equivale all’informativa sul trattamento dei dati personali

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prevista dal Codice privacy – bisogna specificare l’uso che verrà fatto delle immagini e dei video, garantendo al proprietario la possibilità di visionarli e di chiederne la cancellazione, oppure di consentire al sorvolo a condizione che le riprese vengano oscurate.

Il consenso del proprietario non è necessario se le riprese vengono effettuate da notevole distanza, come quelle in modalità panoramica che ritraggono un intero golfo marino o un paesaggio montano, in modo tale da precludere l’individuazione dei volti delle persone e di cose specifiche che si trovano nelle proprietà private (ad esempio, le targhe delle autovetture), e dunque senza pericolo di acquisizione o divulgazione di dati personali sensibili.

È vietato, quindi, usare i droni per soffermarsi sulle caratteristiche di una determinata proprietà privata di qualunque genere (cortili, stabilimenti produttivi, balconi, giardini, ecc.), a meno che il proprietario non abbia autorizzato espressamente il sorvolo e le riprese.

Drone vola su proprietà privata senza autorizzazione: rimedi legali

Se un drone vola senza autorizzazione su una proprietà privata si può configurare il

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reato di interferenze illecite nella vita privata, previsto dall’articolo 615 bis del Codice penale e punito, a querela di parte, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Puoi quindi rivolgerti alle forze dell’ordine, o direttamente alla Procura della Repubblica competente, e, a seguito delle indagini che hanno portato all’individuazione del responsabile e alla formulazione dell’imputazione, costituirti parte civile nel processo penale a suo carico, anche ai fini del risarcimento dei danni.

L’utilizzazione abusiva delle riprese (immagini e video) realizzate con i droni può, poi, integrare ulteriori illeciti, civili e penali in violazione della normativa sul trattamento dei dati personali, in base al tipo e al grado di divulgazione o diffusione delle foto o dei filmati: si pensi al caso in cui un video, realizzato con un drone, che ritrae in modo ben visibile e dettagliato il proprietario di una villa insieme ai suoi ospiti durante una festa riservata, venga pubblicato su siti Internet o sui social.

Sorvolo abusivo e riprese non autorizzate: tutela della privacy

In caso di

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sorvolo abusivo e di riprese non autorizzate da parte di un drone, oltre che all’Autorità giudiziaria, ci si può anche rivolgere al Garante privacy inviando un esposto a tutela dei propri dati personali (il modulo di segnalazione è disponibile sul sito ufficiale), descrivendo i fatti accaduti e sollecitando l’esercizio dei poteri sanzionatori di cui dispone questa Autorità.

In particolare, il Garante sottolinea, nei propri provvedimenti, che i droni non devono mai «invadere gli spazi personali e l’intimità delle persone», afferma che «sono sempre da evitare le riprese che violano gli spazi privati altrui», come le case e i giardini domestici, raccomanda di «evitare di riprendere e diffondere immagini che contengono dati personali» (come le targhe di macchine, gli indirizzi, le caratteristiche del corpo o dell’abbigliamento, ecc.) , e ricorda che «la diffusione di riprese realizzate con il drone (sul web, sui social media, in chat) può avvenire solo con il consenso dei soggetti ripresi, fatti salvi particolari usi connessi alla libera manifestazione del pensiero, come quelli a fini giornalistici».

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Posso abbattere un drone che vola sulla mia proprietà?

No, non puoi abbattere o distruggere un drone che vola sulla tua proprietà in quanto incorreresti nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, punito dall’articolo 392 del Codice penale con la pena della multa fino a 516 euro.

In aggiunta, e specialmente se si ricorre all’uso della violenza alla persona o della minaccia nei confronti del proprietario o del pilota del drone, c’è anche il reato di danneggiamento (articolo 635 del Codice penale), aggravato dal fatto che i droni, volando nello spazio aereo, sono considerati cose esposte, per necessità e consuetudine, alla «pubblica fede» (art. 625, n. 7 Cod. pen.). Rischi, quindi, di essere denunciato dal proprietario del drone e di dover anche risarcire i danni causati dalla rottura dell’apparecchio.

Approfondimenti

Sull’argomento trattato leggi anche “Droni e privacy: tutto quello che bisogna sapere“.

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