Dimissioni contratto a tempo determinato

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Il dipendente con rapporto di lavoro a termine può licenziarsi in qualsiasi momento oppure è vincolato alla scadenza naturale del contratto?

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A proposito del lavoro precario, un lettore pone il seguente interrogativo: «Un dipendente può interrompere il rapporto lavorativo prima della scadenza e, se sì, in che maniera?». Il quesito riguarda dunque le dimissioni nel contratto a tempo determinato. Vediamo cosa dice la legge a tal riguardo.

Contratto a tempo determinato: si può recedere?

I contratti a tempo determinato hanno già una scadenza prestabilita e pertanto non prevedono la possibilità di recedere anticipatamente, ovvero di dare le dimissioni.

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La legge non prevede il recesso dal contratto a tempo determinato, a meno che non sia legittimato da una giusta causa, cioè da un motivo gravissimo che non consente la prosecuzione del rapporto lavorativo.

Dunque, a differenza del contratto a tempo indeterminato, nel quale il dipendente può rassegnare le proprie dimissioni liberamente, salvo l’obbligo del preavviso, nei rapporti a termine il lavoratore può recedere soltanto in presenza di una giusta causa (senza obbligo di preavviso).

Nel caso in cui il dipendente interrompesse il rapporto di lavoro prima della scadenza – al di fuori del periodo di prova, senza giusta causa e senza accordi con l’azienda – sarebbe costretto a pagare un risarcimento al datore, da calcolare in base al tempo che manca al termine del contratto

È appena il caso di precisare che la possibilità del recesso anticipato per giusta causa è concessa a entrambe le parti, cioè sia al dipendente che al datore, il quale quindi può licenziare il dipendente a tempo determinato solo al verificarsi di gravissimi inadempimenti.

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Approfondiamo quanto sinora illustrato.

Il recesso dal contratto a tempo indeterminato.

L’art. 2118 cod. civ. afferma che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalla legge.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

Come visto, non è prevista analoga disposizione per il contratto di lavoro a tempo determinato.

Va però specificato che, all’interno dei rapporti a tempo indeterminato, mentre il dipendente è sostanzialmente libero di dimettersi quando vuole (salvo il preavviso), il datore può recedere (e cioè, licenziare) solo al ricorrere di un giustificato motivo soggettivo oppure oggettivo.

V’è giustificato motivo soggettivo quando il licenziamento è legittimato dall’inadempimento del dipendente; il giustificato motivo oggettivo dipende invece da ragioni aziendali (crisi che costringe al taglio del personale, ecc.).

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Il recesso per giusta causa

Secondo l’art. 2119 cod. civ., ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.

Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità indicata nel secondo comma dell’articolo precedente.

Il recesso per giusta causa è dunque l’unico modo per sciogliere anticipatamente il contratto di lavoro a tempo determinato, a meno che non vi sia il consenso reciproco di entrambe le parti di concludere anzitempo l’esperienza lavorativa (risoluzione).

Il recesso per giusta causa non costringe a rispettare alcun periodo di preavviso: esso può avvenire “in tronco”.

Dimissioni: quando c’è giusta causa?

Qual è la “giusta causa” che legittima le dimissioni del dipendente con contratto a tempo determinato?

Come anticipato, nella nozione vi rientrano solamente le ragioni che rendono assolutamente

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intollerabile la prosecuzione del rapporto, come ad esempio la commissione di un reato (molestie sessuali, aggressioni, minacce, ecc.), il mancato pagamento dello stipendio, l’omesso versamento dei contributi, le condizioni di lavoro insopportabili e deleterie per la salute del dipendente, ecc.

Il recesso nel periodo di prova

Oltre alla sussistenza di una giusta causa, un’altra deroga al divieto di recesso nel contratto a tempo determinato è costituita dalle dimissioni durante il periodo di prova; tale periodo, infatti, serve sia all’azienda che al lavoratore a capire se siano adatti l’una per l’altro.

Il recesso (nelle forme sia delle dimissioni del dipendente che del licenziamento da parte del datore) durante il periodo di prova di un contratto a tempo determinato è quindi legittimo, senza obbligo di preavviso né di versare un’indennità a titolo di risarcimento all’altra parte.

Va tuttavia precisato che, ai sensi dell’art. 2096 cod. civ., se è vero che durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza l’obbligo di preavviso o d’indennità, lo è altrettanto che, se la prova è stabilita per un

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tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

In buona sostanza, dunque, anche durante il periodo di prova potrebbero essere vietate le dimissioni, se espressamente previsto nel contratto.

Come si rassegnano le dimissioni?

Le dimissioni devono essere comunicate dal dipendente, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche, utilizzando appositi moduli resi disponibili sul sito del Ministero del Lavoro, anche qualora ricorra una giusta causa.

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