Quando la prova testimoniale non è ammissibile?

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Quando una persona non può essere chiamata a testimoniare e quando le sue dichiarazioni in processo non hanno valore.

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La prova testimoniale è uno strumento di prova assai utilizzato nel processo civile, posto che l’esistenza di numerosi diritti non può essere documentata attraverso atti scritti. Tuttavia, la sua ammissibilità è soggetta a diverse limitazioni e condizioni. Comprendere quando la prova testimoniale non è ammissibile è fondamentale per chiunque si trovi coinvolto in un contenzioso. In questo articolo, esploreremo le principali circostanze in cui la testimonianza non è ammessa dal giudice, ossia chi sono i soggetti che non possono testimoniare. Ma procediamo con ordine.

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Cos’è la prova testimoniale?

La prova testimoniale consiste nella dichiarazione resa al giudice da una persona (il testimone) che ha conoscenza diretta di fatti rilevanti per la causa. Il testimone racconta al magistrato ciò che ha visto o sentito personalmente, contribuendo così a ricostruire la verità. Egli non può riportare informazioni apprese da terzi (o tantomeno dalla parte che lo ha chiamato a testimoniare).

Inoltre, il testimone non può mai esprimere giudizi personali. Potrebbe ad esempio dichiarare di aver sentito un rumore fragoroso o di aver visto un’auto sfrecciare a velocità elevata, ma non potrebbe anche sostenere che questa stesse violando i limiti di velocità se non ha visto il tachimetro.

Quali sono i limiti alla prova testimoniale?

Esistono diversi limiti alla prova testimoniale, che riguardano:

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Limiti di valore e forma scritta

Uno dei principali limiti all’ammissibilità della prova testimoniale riguarda il valore dell’oggetto del contratto. Secondo l’articolo 2721 del Codice civile, la prova per testimoni non è ammessa quando il valore del contratto eccede

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2,58 euro (le vecchie 5.000 lire). Tale limite è stato stabilito per evitare che questioni di grande valore vengano risolte solo attraverso testimonianze, considerate meno affidabili delle prove documentali. In verità però il limite è lo stesso previsto nel 1942, quando il codice fu varato: da allora non è mai stato aggiornato.

Tuttavia il giudice può, in deroga a quanto appena detto, decidere di ammettere la testimonianza anche per contratti di valore superiore, tenendo conto della qualità delle parti e della natura del contratto stesso (si pensi a tutti a quegli accordi che, per prassi, sono conclusi verbalmente, come l’acquisto di un capo di vestiario).

Se il valore del contratto supera i 2,58 euro, la prova testimoniale può comunque essere ammessa nelle seguenti situazioni:

Inoltre, quando la legge richiede la

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forma scritta per un contratto (si pensi alla compravendita), la prova testimoniale è inammissibile per dimostrare l’esistenza del contratto stesso. Questo principio è sancito dall’articolo 2725 del codice civile, che esclude la prova testimoniale per contratti o atti unilaterali per i quali la legge richiede la forma scritta a pena di nullità, salvo il caso in cui il documento sia stato perso senza colpa.

Immaginiamo un contratto di compravendita immobiliare. Esso, per legge, deve essere redatto per iscritto. Se una delle parti sostiene che il contratto è stato concluso verbalmente, non potrà utilizzare testimoni per dimostrarlo, a meno che non possa provare che il documento scritto è andato perduto senza sua colpa.

Patti aggiunti o contrari al contenuto negoziale

L’articolo 2722 del Codice civile stabilisce che la prova testimoniale non è ammessa per dimostrare patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento scritto. Questo divieto si applica quando si cerca di modificare, ampliare o restringere il contenuto di un contratto già documentato. Tuttavia, la prova testimoniale può essere ammessa per chiarire o integrare il contenuto del contratto, senza alterarne la sostanza.

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Supponiamo che due parti abbiano stipulato un contratto scritto per la fornitura di servizi, specificando un prezzo fisso. Se una delle parti sostiene che vi era un accordo verbale per un prezzo diverso, non potrà utilizzare testimoni per provare tale intesa, poiché ciò modificherebbe il contenuto del contratto scritto.

Incapacità a testimoniare per interesse nella causa

L’articolo 246 del Codice di procedura civile prevede che non possono essere assunte come testimoni le persone che hanno un interesse nella causa, tale da legittimare la loro partecipazione al giudizio o la possibilità di agire autonomamente.

Questo interesse deve essere concreto e attuale, non meramente ipotetico. L’incapacità a testimoniare è quindi correlata a un coinvolgimento diretto nel rapporto controverso.

Se un dipendente è coinvolto in una causa contro il suo datore di lavoro per una questione che potrebbe influenzare direttamente il suo contratto di lavoro, potrebbe essere considerato incapace di testimoniare se il suo interesse è tale da poterlo legittimare come parte nel giudizio.

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Pagamento e remissione del debito

La prova testimoniale non è ammissibile per dimostrare l’avvenuto pagamento di un debito o la remissione del debito, a meno che non ci sia un principio di prova scritta o la parte non abbia perso il documento senza colpa.

Tizia afferma di aver pagato un debito a Caio, ma non ha la ricevuta. La testimonianza di un amico che l’ha accompagnata a pagare non è ammissibile.

Fatti che devono risultare da atto pubblico

Per alcuni fatti, la legge richiede la forma dell’atto pubblico (ad esempio, il riconoscimento di un figlio). In questi casi, la prova testimoniale non è ammissibile.

Un uomo vuole dimostrare di essere il padre di un bambino, ma non ha effettuato il riconoscimento formale. La testimonianza della madre del bambino non è ammissibile.

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