Che succede se non trovo casa alla fine del contratto d’affitto?

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C’è un tempo extra per lasciare l’appartamento alla scadenza del contratto di locazione se non si riesce a trovare un’altra sistemazione abitativa e si hanno figli minori?

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Una lettrice molto angosciata ci dice che il padrone di casa vuole vendere l’appartamento, per cui alla prossima scadenza del contratto di affitto dovrà lasciare l’abitazione. Ci chiede cosa può accadere se non riuscirà a trovare in fretta un’altra idonea sistemazione abitativa, e sottolinea che ha due bambini. La domanda da porsi in questa situazione è: che succede se non trovo casa alla fine del contratto d’affitto?

Il padrone di casa può vendere l’appartamento in affitto?

Iniziamo col dire che se il proprietario di casa intende dare disdetta al contratto di affitto per rivendere l’appartamento a terzi può liberamente farlo. Se tuttavia il recesso avviene in occasione del primo rinnovo obbligatorio (dopo cioè i primi 3 anni nel caso di locazione a canone concordato, o dopo i primi 4 anni se il contratto è a canone libero), l’inquilino ha un diritto di

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prelazione (può cioè, a parità di condizioni, chiedere di acquistare l’immobile).

Se alla scadenza del contratto non si trova un’altra casa

Con la disdetta, il conduttore deve lasciare l’appartamento al più presto, non oltre il termine di scadenza intimato (e tenuto comunque conto del dovuto termine di preavviso di cui parleremo nel prossimo paragrafo).

Ciò premesso, vediamo che succede se il conduttore, alla scadenza del contratto e dunque in prossimità della data in cui dovrà lasciare l’immobile, non trova un’altra casa adatta alle sue esigenze abitative (ed anche alle sue possibilità economiche).

L’inquilino può usufruire di un tempo “extra”, soprattutto se nell’immobile abitano anche minori, anziani o disabili? Cerchiamo di comprendere quali sono i diritti dell’inquilino se il proprietario vende casa e cosa deve fare se non dispone di un altro luogo ove andare a vivere nell’immediatezza.

Per lasciare l’appartamento alla scadenza dell’affitto c’è un termine?

L’appartamento deve essere lasciato libero da cose e da persone alla scadenza del contratto. Per consentire al conduttore di organizzare il

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trasloco e di trovare una soluzione abitativa alternativa, la legge impone al locatore di dare il preavviso di sei mesi. Tale termine serve proprio per non lasciare l’inquilino “in mezzo a una strada” dall’oggi al domani. Tuttavia non sono previste ulteriori tolleranze rispetto ai sei mesi suddetti, a meno che non vi sia il consenso del proprietario locatore ad un ulteriore periodo di occupazione del suo immobile.

Inoltre, va sottolineato che la riconsegna dell’appartamento si considera validamente effettuata solo con la restituzione materiale delle chiavi dell’immobile al locatore: non basta, cioè, semplicemente andarsene e lasciare la casa.

Quanto tempo ha l’inquilino prima di subire lo sfratto?

Ora vediamo cosa succede se l’affittuario non dovesse rispettare i termini contrattuali e se, nonostante la disdetta, continua a rimanere in casa anche dopo la scadenza della locazione.

Di certo, il proprietario non potrebbe farsi giustizia da sé, ad esempio staccando le utenze elettriche, idriche e del gas o sostituendo la serratura; diversamente potrebbe essere denunciato per il

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reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Dunque, se l’occupazione dell’immobile perdura oltre la scadenza contrattuale, il locatore dovrà agire dinanzi al tribunale chiedendo lo sfratto per “finita locazione”. Senonché tale procedura richiede sempre dei tempi tecnici che – nonostante siano più brevi rispetto all’ordinario giudizio – restano comunque dilatati e sono meno rapidi rispetto a quelli tipici dello sfratto per morosità nel pagamento dei canoni.

Tempi necessari per ottenere il rilascio dell’immobile

Di solito per ottenere dal giudice l’ordinanza di sfratto occorrono non meno di tre o quattro mesi dalla data di deposito del ricorso. E poi, se l’inquilino non lascia l’appartamento spontaneamente, occorre intraprendere l’esecuzione forzata mediante l’intervento dell’ufficiale giudiziario (assistito dalla forza pubblica e da altri ausiliari, come fabbri e medici, nei casi di difficoltà a liberare l’immobile). Per questa fase bisogna calcolare almeno altri sei mesi in più.

In alcuni tribunali, e specialmente nelle grandi città, i tempi sono molto maggiori, a causa del rilevante carico di lavoro degli uffici giudiziari (in proposito leggi anche “

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Finita locazione: quanto tempo per mandare via l’inquilino?“).

Nel frattempo il conduttore potrebbe continuare a usufruire dell’immobile (come detto, in assenza di provvedimento del giudice, non può essere mandato via “con la forza”). In questo periodo continueranno a maturare i canoni di locazione secondo l’importo convenuto in contratto, che dovrà essere corrisposto al proprietario a titolo di risarcimento del danno per l’occupazione protratta e senza titolo del suo immobile.

Il giudice emetterà quindi, insieme allo sfratto, anche un decreto ingiuntivo con condanna al versamento di tali importi.

Come posticipare lo sfratto con il termine di grazia

La presenza di minori o di disabili all’interno dell’appartamento non consente di ottenere una proroga dello sfratto, salva solo la concessione del cosiddetto termine di grazia. È un periodo di tempo ulteriore che il giudice può concedere all’inquilino per lasciare l’immobile, anche se il contratto di locazione è già scaduto. In questo modo lo sfratto viene ritardato.

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In particolare, il termine di grazia consiste nel diritto, che la legge riconosce al conduttore, di chiedere al giudice una proroga di 90 giorni – che diventano 120 giorni in caso di gravi e comprovate necessità – prima dell’emissione dell’ordinanza di sgombero dell’immobile.

A tal fine però l’inquilino deve presentarsi all’udienza di sfratto e formulare apposita istanza; può farlo anche senza l’assistenza di un avvocato.

Nel caso di sfratto per finita locazione, però, il termine di grazia funziona in modo diverso rispetto allo sfratto per morosità: in quel caso la dilazione può essere concessa su semplice richiesta dell’inquilino, mentre nella nostra situazione la concessione non è automatica, bensì è subordinata ad una attenta valutazione del giudice sulla effettiva sussistenza delle necessità abitative e delle difficoltà economiche rappresentate.

Perciò quando si tratta di sfratto per finita locazione il termine di grazia può essere concesso solo in presenza di «gravi motivi», come ad esempio:

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Anche in presenza di questi gravi e comprovati motivi la durata del termine di grazia non può superare i 120 giorni. Ribadiamo che questa posticipazione dello sfratto per finita locazione non è un diritto dell’inquilino, bensì una facoltà concessa dal giudice in base alle circostanze specifiche del caso.

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