Videosorveglianza: regole per impianto privato e condominiale 

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Confusione sulle telecamere in condominio? Scopri le differenze tra videosorveglianza privata e condominiale: regole GDPR, autorizzazioni, cartelli e gestione immagini. Guida completa e aggiornata.

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Vivere in condominio significa condividere spazi, ma anche preoccupazioni per la sicurezza. Sempre più spesso, la soluzione sembra essere l’installazione di telecamere. Ma è proprio qui che sorgono i dubbi: posso mettere una telecamera sul mio pianerottolo? Serve il permesso dell’assemblea? E se le telecamere le decide il condominio, cosa cambia? La questione della videosorveglianza e le regole per l’impianto privato e quello condominiale (deciso dall’assemblea) è un tema caldo, complesso, intrecciato tra normative europee sulla privacy (il famoso GDPR), leggi nazionali e sentenze che cercano di fare chiarezza.

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Capire la differenza tra un sistema installato da un singolo per proteggere la propria casa e uno voluto dall’intera compagine condominiale per le aree comuni è fondamentale. Non si tratta solo di chi paga l’installazione, ma di responsabilità legali, obblighi informativi e diritti alla privacy ben distinti. Questa guida nasce per dipanare la matassa, offrendo un percorso chiaro tra le norme e i casi pratici, per orientarsi senza commettere errori.

Qual è la differenza tra un impianto di videosorveglianza privato e uno condominiale?

La distinzione chiave risiede in chi decide l’installazione e per quale scopo primario.

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  • impianto privato: è quello installato da un singolo condomino, a sue spese, con lo scopo principale di tutelare la sicurezza della propria abitazione o dei propri beni. Le regole applicabili dipendono strettamente da cosa viene ripreso;
  • impianto condominiale: è quello deliberato dall’assemblea di condominio per la sorveglianza delle parti comuni (androni, cortili, scale, garage, ecc.) a beneficio della sicurezza collettiva. Questo impianto segue regole specifiche dettate sia dal Codice Civile che dalla normativa sulla privacy, con il condominio che agisce come “titolare del trattamento” dei dati.

Posso installare una telecamera privata senza chiedere permesso all’assemblea?

In linea di principio, ogni condomino può installare una telecamera di videosorveglianza a tutela della propria abitazione montandola sulla parete del pianerottolo senza dover chiedere autorizzazione al condominio o informare l’assemblea, ma con un’importante precisazione. Se la telecamera riprende esclusivamente aree di tua proprietà (ad esempio, l’interno del tuo appartamento o il tuo balcone non prospiciente aree comuni), non serve alcuna autorizzazione assembleare. Questo rientra nell’ambito di trattamenti per fini “esclusivamente personali o domestici”, escluso dal GDPR (articolo 2, paragrafo 2, lettera c).

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Attenzione però: la Corte di Giustizia UE (sentenza C-212/13) ha chiarito che questa esclusione non vale se l’occhio elettronico si estende oltre la sfera strettamente privata, invadendo aree comuni o pubbliche. In quel caso, anche per l’impianto privato, scattano gli obblighi del GDPR. Come ribadito dal Tribunale di Taranto (sentenza 2640/2023), l’installazione privata è libera solo se le riprese sono limitate alle aree di esclusiva proprietà.

Cosa succede se la mia telecamera privata finisce per riprendere anche aree comuni (es. il pianerottolo, una parte del cortile)?

Se la telecamera installata dal singolo condomino inquadra, anche solo parzialmente, aree comuni o di proprietà altrui, l’installazione è considerata legittima solo a condizioni molto stringenti:

  1. necessità: deve essere strettamente indispensabile per tutelare la sicurezza della propria abitazione o persona. Non basta un generico desiderio di controllo. Questo significa che ciò è possibile solo quando il pianerottolo è così piccolo da non consentire la tutela della proprietà privata senza “sforare” nello spazio antistante (si pensi ai palazzi antichi). La giurisprudenza ha considerato legittima la ripresa di spazi comuni (pianerottoli, scale, ascensori) se è una conseguenza inevitabile delle dimensioni ridotte e della necessità di inquadrare l’area da proteggere, specie se motivata da comprovate esigenze di sicurezza personale (es. pregressi atti persecutori). In questi casi, il diritto alla sicurezza può prevalere sulla riservatezza, purché non si riprenda la vita privata all’interno delle abitazioni altrui;
  2. minimizzazione: l’angolo di ripresa deve essere limitato alla porzione di spazio comune strettamente necessaria a raggiungere lo scopo di sicurezza (es. l’area immediatamente antistante la porta di casa). Non si può riprendere l’intera scala o il cortile solo perché la propria porta vi si affaccia;
  3. legittimo interesse: bisogna poter dimostrare un interesse legittimo alla sicurezza che sia attuale e documentato (es. precedenti furti, atti vandalici, minacce);
  4. conformità GDPR: si devono rispettare tutte le regole del GDPR: fornire un’informativa (anche se spesso difficile in pratica, si consiglia almeno un cartello), minimizzare i dati raccolti, definire tempi di conservazione brevi, ecc.;
  5. bilanciamento diritti: la Corte d’Appello di Catania (sentenza 317/2022) ha specificato che l’installazione privata è lecita se le telecamere riprendono principalmente gli accessi privati, la visuale è limitata, non si fa un uso improprio delle immagini e non si viola la riservatezza altrui, bilanciando sicurezza e privacy;
  6. comunicazione e segnaletica: l’impianto di videosorveglianza privata non deve essere segnalato con un cartello di avviso (come invece richiesto per le telecamere condominiali), a meno che non si tratti di una villetta che affacci sulla strada pubblica e che riprenda i passanti;

Se invece si vogliono riprendere ampie aree comuni (cortili, scale, garage) per una sicurezza più generale, non basta l’iniziativa privata: serve una delibera assembleare.

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Quali regole valgono per l’installazione di telecamere decisa dall’assemblea condominiale?

Quando è l’assemblea a decidere di installare un impianto di videosorveglianza sulle parti comuni, entra in gioco anche il Codice Civile. L’articolo 1122-ter C.c. stabilisce che tale installazione deve essere approvata con una maggioranza qualificata: il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio (maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 2, C.c.).

Tuttavia, ottenere questa delibera è solo il primo passo. L’approvazione assembleare legittima l’installazione dal punto di vista condominiale, ma non esonera dal pieno rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali (GDPR).

Quali sono gli obblighi specifici del condominio secondo il GDPR per le telecamere comuni?

Il condominio, in questo caso, agisce come Titolare del trattamento dei dati raccolti dalle telecamere. L’amministratore, agendo per conto dell’assemblea, assume di fatto il ruolo di

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Responsabile del trattamento (o coordina le attività del Titolare), con tutti gli oneri che ne derivano. Gli obblighi principali, più volte sottolineati dal Garante Privacy, includono:

  1. predisporre un’informativa completa sulla privacy ai sensi dell’articolo 13 del GDPR, che spieghi chi tratta i dati, per quali finalità, per quanto tempo, quali sono i diritti degli interessati, ecc. Questa informativa deve essere resa disponibile (es. in bacheca o sul sito condominiale se esiste);
  2. apporre cartelli ben visibili, anche di notte, nelle aree sorvegliate. I cartelli devono informare della presenza delle telecamere (“Area Videosorvegliata”), indicare chi è il titolare del trattamento (il Condominio) e come ottenere l’informativa completa per esercitare i propri diritti (previsti dagli artt. 15-22 GDPR);
  3. la videosorveglianza deve essere giustificata da un legittimo interesse basato su un rischio effettivo e concreto (non ipotetico) per la sicurezza di persone o beni;
  4. prima di installare le telecamere, il condominio deve valutare se esistono misure alternative meno invasive per la privacy (es. migliore illuminazione, porte blindate, vigilanza) per raggiungere lo stesso scopo. L’angolo di ripresa deve essere limitato alle aree effettivamente da proteggere;
  5. data la natura della sorveglianza su larga scala in aree comuni, è necessaria una Valutazione d’Impatto sulla Protezione dei Dati (DPIA) ai sensi dell’articolo 35 del GDPR, per analizzare i rischi per i diritti e le libertà degli interessati e definire le misure per mitigarli.

Chi può vedere le immagini registrate e per quanto tempo vanno conservate?

Circa il diritto di accesso alle immagini riprese dalle telecamere c’è una differenza sostanziale:

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  • impianto privato: è il singolo condomino titolare dell’impianto che gestisce e conserva le immagini, assumendosene la piena responsabilità. Deve garantire che non vi accedano terzi non autorizzati e rispettare i principi di conservazione limitata;
  • impianto condominiale: l’accesso alle registrazioni deve essere rigorosamente limitato a soggetti formalmente autorizzati dall’assemblea (solitamente l’amministratore o personale di vigilanza incaricato con atto scritto). L’accesso è consentito solo per le finalità dichiarate (es. verificare un furto, un atto vandalico) e non per curiosità o controllo dei condòmini.

Quanto ai tempi di conservazione, il Garante Privacy indica che le immagini dovrebbero essere conservate solo per il tempo strettamente necessario al raggiungimento della finalità di sicurezza, generalmente non oltre 7 giorni. Periodi più lunghi sono ammessi solo in casi eccezionali e giustificati (es. indagini in corso). Se nell’edificio lavorano dipendenti (es. portiere, addetti pulizie), la conservazione è di norma limitata a

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24/48 ore, salvo esigenze particolari.

Posso usare la facciata condominiale per installare la mia telecamera privata?

Sì, secondo la Corte d’Appello di Catania (citando l’art. 1102 C.c.), l’uso della facciata comune per installare telecamere private è legittimo a condizione che non alteri la destinazione del bene comune (la facciata) e non impedisca agli altri condòmini di farne parimenti uso.

Se ritengo che una telecamera (privata o condominiale) violi la mia privacy, posso chiedere un risarcimento?

È possibile agire legalmente, ma attenzione: il Tribunale di Prato (sentenza 440/2023) ha chiarito che una richiesta di risarcimento danni per violazione della privacy deve essere supportata da prove concrete e specifiche del danno subito. Non basta una generica lamentela sulla lesione del diritto alla riservatezza; bisogna dimostrare quale pregiudizio effettivo si è patito.

In sintesi, qual è la regola d’oro?

Al di là delle differenze tra impianto privato e condominiale, una regola fondamentale vale sempre: il

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rispetto scrupoloso delle norme sulla protezione dei dati personali (GDPR). Che si tratti della telecamera sul pianerottolo del singolo o del sistema centralizzato voluto dall’assemblea, la privacy delle persone deve essere tutelata. L’amministratore ha un ruolo cruciale nel vigilare affinché qualsiasi sistema di videosorveglianza presente in condominio sia lecito, proporzionato alle reali esigenze di sicurezza, trasparente nel suo funzionamento e adeguatamente documentato. Una gestione attenta e consapevole previene conflitti e sanzioni.

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