Mensa, buoni pasto, indennità: vantaggi fiscali per dipendenti

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Le categorie di prestazioni che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente. Pasti dipendenti: mensa e ‘mensa diffusa’ (card) esenti da tasse; buoni pasto esenti fino a 4 euro se cartacei o 8 euro se elettronici.

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La pausa pranzo è un diritto e una necessità per chi lavora. Che sia consumata in una mensa aziendale, in un bar vicino all’ufficio con un buono pasto, o preparata a casa e portata in cantiere, rappresenta un momento fondamentale della giornata lavorativa. Molte aziende supportano attivamente i propri dipendenti nella gestione di questo momento, offrendo soluzioni diverse per garantire l’accesso a un pasto. Ma queste forme di sostegno offerte dal datore di lavoro – dalla mensa gratuita ai ticket restaurant, fino all’indennità in busta paga – come vengono considerate dal punto di vista fiscale? Sono tassate come normale stipendio o godono di un trattamento di favore? Per

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mensa, buoni pasto e indennità sostitutiva, quali vantaggi fiscali esistono per aziende e dipendenti? La risposta, contenuta nell’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), è articolata ma offre interessanti opportunità di risparmio fiscale, differenziate a seconda della modalità scelta per garantire il pasto ai lavoratori.

I benefit che ricevo dall’azienda per mangiare (mensa, buoni pasto, ecc.) sono considerati stipendio e quindi tassati?

Il principio generale del sistema fiscale italiano è quello della

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“onnicomprensività” (sancito dall’articolo 51, comma 1, del TUIR): tutto ciò che il dipendente riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, in relazione al rapporto di lavoro, costituisce reddito imponibile e va tassato (sia ai fini IRPEF che contributivi INPS).

Tuttavia, lo stesso articolo 51, al comma 2, prevede una serie di eccezioni specifiche: elenca cioè beni, servizi o somme che, a determinate condizioni, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente e sono quindi, di fatto, esenti da tasse e contributi (o lo sono entro certi limiti). Le prestazioni legate al vitto dei dipendenti rientrano proprio tra queste importanti eccezioni, disciplinate specificamente dalla lettera c) del comma 2 dell’articolo 51.

La norma individua tre categorie distinte, con regole di esenzione diverse:

  1. somministrazioni di vitto (mensa aziendale): la fornitura diretta di pasti da parte del datore di lavoro o tramite mense (interne, esterne convenzionate, o “diffuse” tramite card);
  2. prestazioni sostitutive di mensa (buoni pasto): l’erogazione di buoni (cartacei o elettronici) che permettono al dipendente di acquistare pasti o prodotti alimentari presso esercizi convenzionati;
  3. indennità sostitutive di mensa: l’erogazione di una somma di denaro in busta paga per compensare la mancanza del servizio mensa, ma solo a condizioni molto specifiche.

Come funziona l’esenzione fiscale per la mensa aziendale?

Le somministrazioni di vitto fornite direttamente dal datore, o quelle consumate presso

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mense aziendali (organizzate direttamente o gestite da terzi), non concorrono affatto a formare il reddito di lavoro dipendente. L’intero valore del pasto fornito è completamente esentasse e decontribuito, indipendentemente dal suo costo effettivo;

L’Agenzia delle Entrate (con la Risoluzione 63/E/2005) ha chiarito che rientrano in questa categoria anche i sistemi di “mensa diffusa” gestiti tramite card elettroniche. Attenzione però: la card deve funzionare solo come strumento di identificazione per accedere a una rete definita e convenzionata di esercizi (bar, ristoranti, tavole calde) dove il dipendente può consumare il pasto, con l’addebito diretto all’azienda o tramite plafond precaricati ma utilizzabili solo in quella rete specifica. Se la card funziona come una carta di credito/debito prepagata utilizzabile ovunque, non è più mensa diffusa ma si ricade probabilmente nella disciplina dei buoni pasto o dei fringe benefit;

Per godere dell’esenzione totale, il servizio mensa (diretta o diffusa) deve essere offerto alla

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generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi (come chiarito dalla Circ. Finanze 326/E/1997).

I buoni pasto (Ticket Restaurant) sono esenti?

I buoni pasto (cartacei o elettronici) sono la forma più diffusa di servizio sostitutivo di mensa. Godono di un’esenzione fiscale e contributiva, ma entro limiti giornalieri precisi:

  • buoni pasto cartacei: sono esenti fino a un valore facciale di 4,00 euro al giorno;
  • buoni pasto elettronici (caricati su card o app): sono esenti fino a un valore facciale di 8,00 euro al giorno.

Cosa succede se il buono vale di più? Se il valore nominale del singolo buono pasto supera la soglia di esenzione (es. un buono elettronico da 9,00 euro), l’importo eccedente (nel nostro esempio, 1,00 euro) concorre interamente a formare il reddito imponibile del dipendente e viene tassato e assoggettato a contribuzione.

Importante: l’eccedenza del valore dei buoni pasto rispetto ai limiti di 4/8 euro non può essere assorbita dalla soglia di esenzione più ampia prevista per i fringe benefit (€1.000/€2.000 – vedi guida sui premi di produzione). L’eccedenza dei buoni pasto è sempre e comunque tassata (Agenzia Entrate, Risoluzione 26/E/2010).

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I buoni pasto devono essere nominativi, non cedibili, non cumulabili (oltre il limite di 8 per singola transazione), non commercializzabili e non convertibili in denaro.

L’esenzione per i buoni pasto (entro i limiti di 4/8 euro) vale anche se lavoro in smart working da casa?

L’Agenzia delle Entrate (con la Risposta a interpello 123/2021) ha chiarito che il regime di esenzione previsto per i buoni pasto si applica indipendentemente dal luogo in cui il dipendente svolge la propria attività lavorativa, quindi anche in caso di smart working o telelavoro, purché il lavoratore abbia comunque diritto alla pausa pranzo.

In quali casi si può avere un’indennità sostitutiva di mensa in denaro esentasse (fino a 5,29 euro al giorno)? Questa terza opzione (un importo cash in busta paga al posto della mensa o dei buoni) gode di un’esenzione fiscale e contributiva molto limitata, fino a un massimo di 5,29 euro per ogni giorno di effettiva presenza al lavoro, ma solo ed esclusivamente se ricorrono contemporaneamente

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tutte le seguenti condizioni (come chiarito dalla prassi amministrativa, es. Ris. Finanze 41/2000):

  • il lavoratore deve avere un orario di lavoro che preveda una pausa pranzo;
  • il lavoratore deve essere addetto a un’unità produttiva specifica (cantiere, sede distaccata, ecc.);
  • l’unità produttiva deve essere ubicata in un luogo tale per cui sia oggettivamente impossibile per il lavoratore raggiungere il più vicino servizio di ristorazione (bar, mensa, ristorante convenzionato dove usare buoni pasto) durante la pausa pranzo, senza utilizzare un mezzo di trasporto.

Queste condizioni restrittive fanno sì che l’indennità sostitutiva esente sia applicabile quasi solo agli addetti ai cantieri edili, impianti o strutture lavorative temporanee o situate in zone particolarmente isolate e prive di servizi di ristorazione nelle immediate vicinanze. Per i normali lavoratori d’ufficio o di stabilimento, l’indennità sostitutiva di mensa è generalmente considerata retribuzione imponibile al 100%.

L’azienda può scegliere liberamente quale di questi sistemi (mensa, buoni, indennità) adottare?

I

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l datore di lavoro ha libertà di scelta in base alle proprie esigenze organizzative, alle dimensioni aziendali, alla tipologia di attività e alle preferenze (magari emerse da accordi sindacali). Può:

  • istituire una mensa interna o convenzionarsi con una esterna;
  • erogare buoni pasto (cartacei o elettronici);
  • erogare l’indennità sostitutiva (solo nei casi specifici in cui è esente);
  • adottare soluzioni miste: ad esempio, offrire la mensa ai dipendenti della sede principale e i buoni pasto a quelli delle filiali più piccole o ai lavoratori in smart working; oppure offrire la mensa ma dare buoni pasto o indennità a chi, per esigenze di servizio (es. trasfertisti), non può usufruirne in un determinato giorno.

Affinché i servizi di mensa/mensa diffusa e, spesso, anche l’erogazione di buoni pasto/indennità sostitutiva tramite accordo collettivo possano beneficiare appieno del regime fiscale di favore, devono essere offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi (es. tutti gli impiegati, tutti gli operai, tutti i lavoratori di un certo reparto). Offerte “ad personam” (cioè a singoli individui senza un criterio oggettivo) rischiano di essere considerate retribuzione tassabile.

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Posso nello stesso giorno mangiare in mensa e usare anche un buono pasto esentasse?

Il beneficio fiscale (esenzione totale o parziale) si applica una sola volta per giornata lavorativa. Non puoi cumulare nello stesso giorno l’uso della mensa aziendale (o diffusa) con l’utilizzo di un buono pasto o la percezione dell’indennità sostitutiva esentasse.

I costi sostenuti per la mensa, i buoni pasto o le indennità sono deducibili per l’azienda?

Tutti gli oneri sostenuti dal datore di lavoro per fornire il servizio mensa (costi di gestione, derrate alimentari, corrispettivo alla società di catering), per acquistare i buoni pasto da erogare ai dipendenti, o per corrispondere l’indennità sostitutiva (nei limiti in cui è ammessa) sono considerati costi relativi al personale e, come tali, sono interamente deducibili dal reddito d’impresa (IRES/IRPEF) o dal reddito di lavoro autonomo del datore di lavoro.

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