Silenzio-rifiuto nel procedimento edilizio: che fare se il Comune non risponde
Cos’è il silenzio-rifiuto del Comune su Permesso di Costruire o Sanatoria? Equivale a rigetto (DPR 380/01). Si può impugnare il diniego tacito al TAR entro 60 giorni.
Presentare una pratica edilizia al Comune – che sia la richiesta di un Permesso di Costruire per una nuova opera o una domanda di Sanatoria per regolarizzare una difformità – segna l’inizio di un’attesa che può diventare snervante. Si forniscono progetti, documenti, relazioni tecniche, e poi si aspetta il responso dell’Ufficio Tecnico. Ma cosa succede se i giorni diventano settimane, le settimane mesi, e dal Comune non arriva nessuna comunicazione ufficiale? Quel silenzio prolungato, quell’assenza di risposta, cosa significa legalmente? È un buon segno (chi tace acconsente?) o un cattivo presagio? Riguardo al
Indice
Richiesta di permesso al Comune: il silenzio è rifiuto o consenso?
«Ho presentato una domanda di Permesso di Costruire (o di Sanatoria) da molti mesi, ma il Comune non mi ha mai risposto. Come devo interpretare questo silenzio?».
Se hai presentato una domanda completa per:
- permesso di costruire (Art. 20, comma 9, D.P.R. 380/2001);
- accertamento di conformità (la cosiddetta “sanatoria ordinaria” per opere abusive ma conformi alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione sia al momento della richiesta – Art. 36, comma 3, D.P.R. 380/2001);
e il Comune non adotta un provvedimento espresso (positivo o negativo) entro i termini previsti dalla legge per la conclusione di quel procedimento, il suo silenzio equivale legalmente a un provvedimento di rigetto (diniego) della tua istanza. È un “no” tacito, ma con pieno valore legale.
Cos’è il “silenzio-rifiuto”?
Il silenzio-rifiuto (o silenzio-diniego) è una forma di “silenzio significativo”. Significa che la legge stessa attribuisce all’inerzia prolungata della Pubblica Amministrazione il valore legale di un atto amministrativo di contenuto negativo, cioè un provvedimento tacito di rigetto dell’istanza presentata dal privato. Non si tratta di una semplice dimenticanza o inadempienza dell’ufficio (che configurerebbe il diverso “silenzio-inadempimento”), ma di una finzione giuridica voluta dal legislatore per dare comunque una conclusione (negativa) al procedimento e permettere al cittadino di reagire. La giurisprudenza amministrativa è costante nel qualificare il silenzio formatosi sulle domande di permesso di costruire e di sanatoria ex art. 36 TUE come silenzio-rifiuto, non come silenzio-inadempimento (cfr. TAR Lombardia 2801/2023).
Perché proprio in materia edilizia si applica questa regola del silenzio-rifiuto, anziché quella (più favorevole al cittadino) del silenzio-assenso?
- complessità tecnica: le decisioni edilizie richiedono valutazioni tecniche approfondite (urbanistiche, statiche, igienico-sanitarie, paesaggistiche) che non possono essere date per scontate solo per il decorso del tempo;
- impatto sul territorio: le costruzioni incidono in modo permanente sul territorio, sull’ambiente e sul paesaggio; un assenso automatico per silenzio potrebbe legittimare opere potenzialmente dannose o non conformi;
- bilanciamento di interessi: l’interesse del privato a costruire deve essere bilanciato con l’interesse pubblico a un uso ordinato e sostenibile del territorio; il silenzio-rifiuto impone una verifica (almeno giudiziale, se il privato ricorre) sulla conformità dell’intervento prima che esso sia considerato legittimo;
- coerenza con le esclusioni: la materia urbanistico-edilizia, insieme a quella ambientale e paesaggistica, rientra tra quelle espressamente escluse dall’ambito di applicazione generale del silenzio-assenso previsto dall’art. 20 della Legge 241/1990.
Dopo quanto tempo scatta il silenzio-rifiuto?
I termini variano a seconda della procedura:
- accertamento di conformità (sanatoria ex art. 36 TUE): la norma è chiara: il dirigente comunale deve pronunciarsi entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda (completa). Decorsi inutilmente questi 60 giorni, la richiesta si intende rifiutata;
- permesso di costruire (art. 20 TUE): la tempistica è più articolata. In sintesi (salvo sospensioni per richieste di integrazioni o pareri):
- l’ufficio comunale ha 60 giorni per istruire la pratica e formulare una proposta di provvedimento;
- il responsabile del procedimento ha poi 30 giorni per adottare il provvedimento finale (che diventano 40 se c’è parere ASL);
- il termine complessivo può quindi arrivare a 90-100 giorni (o più, in caso di sospensioni o necessità di ulteriori atti);
- il silenzio-rifiuto si forma se, decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo (calcolato tenendo conto di tutte le fasi e sospensioni), il Comune non si è pronunciato.
È fondamentale verificare i termini specifici applicabili alla propria pratica, magari chiedendo conferma all’ufficio tecnico.
Quali sono gli effetti concreti del silenzio-rifiuto?
Se si forma il silenzio-rifiuto, devi considerare la tua domanda respinta. Pertanto non puoi assolutamente iniziare i lavori che richiedevano il Permesso di Costruire, né puoi considerare l’opera abusiva come regolarizzata se avevi chiesto la sanatoria. Agire come se avessi ricevuto un’autorizzazione costituirebbe un abuso edilizio vero e proprio, con tutte le conseguenze del caso (sanzioni, ordine di demolizione).
C’è tuttavia un aspetto “positivo” (processuale): il silenzio-rifiuto, essendo equiparato a un provvedimento di diniego, ti permette di agire legalmente per contestare questo rigetto tacito. Trasforma l’inerzia della PA in un atto impugnabile.
Come contestare il silenzio-rifiuto
Se ritieni che la tua domanda (di permesso o sanatoria) fosse invece legittima e dovesse essere accolta, puoi contestare il silenzio del Comune. Lo strumento principale è il ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) competente per territorio.
- devi impugnare il diniego tacito formatosi per silenzio-rifiuto;
- il ricorso va proposto entro il termine di decadenza di 60 giorni, che decorrono dal giorno in cui il silenzio-rifiuto si è legalmente formato (cioè il giorno successivo alla scadenza del termine che il Comune aveva per provvedere);
- è necessaria l’assistenza di un avvocato specializzato in diritto amministrativo;
- chiedi al giudice di annullare il silenzio-rifiuto (in quanto illegittimo, perché la tua istanza era fondata) e, spesso, anche di accertare la fondatezza della tua pretesa (cioè il tuo diritto a ottenere il permesso o la sanatoria). In alcuni casi, il TAR può anche ordinare al Comune di riesaminare la pratica o di provvedere entro un nuovo termine.
Cosa devo dimostrare nel ricorso al TAR per “vincere” contro un silenzio-rifiuto?
Poiché stai contestando un diniego (seppur tacito), l’
- il tuo progetto era conforme alle norme edilizie, urbanistiche, paesaggistiche, sismiche, igienico-sanitarie;
- o, nel caso della sanatoria, che l’opera abusiva era conforme alla disciplina vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità richiesta dall’art. 36 TUE);
- hai presentato una domanda completa di tutta la documentazione necessaria. Se riesci a provare la piena legittimità della tua istanza originaria, il TAR annullerà il silenzio-rifiuto e potrà eventualmente ordinare al Comune di rilasciare il provvedimento favorevole (o di riesaminare la pratica sulla base delle indicazioni della sentenza).
La regola del silenzio-rifiuto vale per tutte le pratiche edilizie?
La regola del silenzio-rigetto non ha valore universale. A tal fine è importante distinguere tra:
- SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività): usata per interventi rilevanti ma non richiedenti Permesso di Costruire (es. ristrutturazioni pesanti senza cambio volumetria/destinazione, restauri). Qui il meccanismo è diverso: presenti la SCIA asseverata da un tecnico e puoi iniziare i lavori subito dopo. La PA ha poi 30 giorni (o 60 in certi casi) per effettuare controlli e, se riscontra irregolarità, ordinare la sospensione o il divieto di prosecuzione dei lavori. Se la PA non interviene entro questo termine, l’attività segnalata si considera legittimata (è una sorta di “silenzio-assenso” postumo legato alla mancata inibitoria);
- CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata): usata per interventi ancora minori (es. manutenzione straordinaria leggera, modifiche interne non strutturali). I lavori possono iniziare immediatamente dopo la presentazione della comunicazione. Non c’è un meccanismo di silenzio-assenso o silenzio-rifiuto; la CILA è una comunicazione che abilita i lavori sotto la responsabilità del tecnico asseverante, salvo i successivi controlli a campione del Comune. Quindi, il silenzio-rifiuto è specificamente previsto dal Testo Unico Edilizia per le istanze di Permesso di Costruire e di Accertamento di Conformità (Sanatoria ordinaria).