Come vendere un immobile ereditato se non c'è il consenso di un erede?

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Hai ereditato una casa con altri parenti ma uno blocca la vendita? Non tutto è perduto. Scopri se e quando vendere la casa ereditata senza il consenso degli altri eredi.
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Ereditare una casa, magari quella in cui siamo cresciuti o quella dei nonni piena di ricordi, è spesso un momento carico di emozioni. Ma superata la fase iniziale, emergono quasi sempre questioni pratiche da affrontare, soprattutto se l’eredità arriva insieme ad altri parenti: fratelli, sorelle, cugini… Ci si ritrova improvvisamente comproprietari di un immobile, in quella situazione che la legge chiama “comunione ereditaria”. Spesso la soluzione più logica o necessaria è vendere la casa, magari perché nessuno degli eredi ha intenzione o possibilità di andarci a vivere, oppure semplicemente per dividere equamente il valore del bene. Ma cosa succede se, al momento di mettere in vendita, uno dei coeredi si impunta e dice “no”? Basta il dissenso di una sola persona per bloccare tutto e lasciare l’immobile invenduto per anni? È una situazione frustrante, purtroppo molto frequente. Ma allora

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come vendere un immobile ereditato se non c’è il consenso di un erede? Cosa fare se un coerede dice no? Per fortuna, la legge italiana offre delle vie d’uscita per superare lo stallo, anche se non sempre sono immediate o prive di costi. Vediamo insieme quali sono le opzioni possibili.

Posso vendere tutta la casa ereditata anche se un coerede non è d’accordo?

Partiamo dalla regola base: per vendere l’intera proprietà dell’immobile ereditato, serve il consenso unanime di tutti i comproprietari (cioè di tutti i coeredi). Dal notaio, per l’atto di vendita, dovranno presentarsi e firmare tutti coloro che risultano proprietari. Quindi, se anche un solo coerede si rifiuta di firmare,

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non è possibile vendere volontariamente l’intera casa sul mercato privato. Il “no” di uno, in questo caso, blocca la vendita dell’intero bene.

Questo però non significa che sei completamente bloccato. Anche se non puoi vendere l’intera casa, la legge ti permette di disporre liberamente della tua quota indivisa di eredità. In pratica, puoi vendere la tua “fetta” di proprietà sull’immobile (ad esempio, se siete due fratelli eredi al 50%, puoi vendere il tuo 50%; se siete tre, puoi vendere il tuo 33%, e così via). Per vendere la tua quota non hai bisogno del consenso degli altri coeredi.

Cosa succede in pratica se vendo solo la mia quota?

Se vendi la tua quota, chi la compra non acquista l’intera casa, ma diventa comproprietario insieme agli altri eredi che non hanno venduto. In pratica, l’acquirente prende il tuo posto nella comunione ereditaria, con gli stessi diritti e doveri che avevi tu su quella quota. Bisogna essere onesti: trovare qualcuno interessato a comprare solo una quota di un immobile, specialmente se gli altri comproprietari non sono collaborativi,

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può essere difficile. Spesso gli acquirenti preferiscono la proprietà piena. Inoltre, il prezzo che si riesce a realizzare vendendo solo una quota è quasi sempre inferiore rispetto al valore proporzionale della stessa quota se si vendesse l’intera casa sul mercato libero.

Che fare se non si riesce a vendere la quota?

Se vendere la quota è difficile o non conveniente, esiste un modo per “forzare” la vendita dell’intera casa o per uscire dalla comproprietà? Sì, esiste una soluzione legale per uscire da una situazione di stallo quando i comproprietari non riescono a mettersi d’accordo sulla gestione o sulla vendita del bene comune. Qualsiasi coerede, anche quello che possiede la quota più piccola, può rivolgersi al Tribunale e avviare una causa di divisione giudiziale dell’eredità (o del bene specifico). È un modo per chiedere al giudice di sciogliere la comunione.

Cos’è la divisione giudiziale e come funziona quando c’è di mezzo una casa?

La divisione giudiziale è una vera e propria causa civile in cui si chiede al giudice di dividere i beni comuni tra i comproprietari. Il giudice, assistito di solito da un perito (un tecnico come un geometra o un architetto), valuterà come procedere:

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  1. se si tratta di un immobile molto grande (es. una villa bifamiliare, un palazzo) che può essere facilmente frazionato in unità indipendenti di valore corrispondente alle quote, il giudice potrebbe disporre una divisione “in natura”. Ma per un normale appartamento, questa opzione è quasi sempre impossibile;
  2. se la casa non è divisibile, il giudice chiede se uno dei comproprietari è interessato ad acquistare l’intero immobile, pagando agli altri il valore della loro quota (il cosiddetto “conguaglio”). Se più coeredi la vogliono, di solito viene preferito chi ha la quota maggiore o chi già ci abitava;
  3. se nessuno dei coeredi chiede l’assegnazione dell’intera casa, o se non si mettono d’accordo su chi debba averla, il giudice non ha altra scelta che ordinare la vendita dell’immobile.

Come avviene la vendita della casa ordinata dal giudice?

Quando il giudice ordina la vendita perché la casa non è divisibile e non c’è accordo sull’assegnazione, si procede di solito con una vendita giudiziaria, che nella maggior parte dei casi è una

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vendita all’asta (o “all’incanto”). Il giudice nomina un professionista (spesso un notaio o un avvocato) che si occuperà di organizzare l’asta pubblica secondo le regole procedurali, partendo da un prezzo base stabilito dalla perizia. È un modo per “liquidare” il bene e trasformarlo in denaro anche contro la volontà di uno o più comproprietari.

Cosa succede ai soldi che si ricavano dalla vendita all’asta?

Una volta che la casa è stata venduta all’asta e l’acquirente ha pagato il prezzo, la somma ricavata (al netto delle spese della procedura, come i costi del perito, del delegato alla vendita, le tasse, ecc.) viene distribuita tra tutti i coeredi in proporzione alle quote di eredità che spettavano a ciascuno. In questo modo, anche chi non voleva vendere riceve la sua parte del valore dell’immobile, anche se sotto forma di denaro invece che di mattone.

Ma vendere la casa all’asta tramite il tribunale è conveniente?

Bisogna considerare due aspetti importanti:

  • il prezzo: spesso, purtroppo, le case vendute all’asta giudiziaria vengono aggiudicate a un prezzo inferiore rispetto a quello che si potrebbe ottenere con una trattativa privata sul libero mercato;
  • i tempi e i costi: la procedura di divisione giudiziale è una causa legale, quindi richiede tempo (a volte anche anni) e comporta dei costi non indifferenti (spese legali per gli avvocati, costo della perizia, tasse di registrazione, compenso del delegato alla vendita, ecc.) che andranno a ridurre il ricavato netto da dividere tra gli eredi. Per questi motivi, la divisione giudiziale è considerata una soluzione “estrema”, da intraprendere solo quando è veramente impossibile trovare un accordo amichevole con gli altri coeredi (come vendere tutti insieme sul mercato privato, o che uno compri le quote degli altri).

In Conclusione: un accordo è sempre meglio

Se ti trovi nella difficile situazione di voler vendere una casa ereditata ma un coerede si oppone, ricorda che non sei obbligato a rimanere comproprietario a vita contro la tua volontà. Le strade principali sono tre:

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  1. cercare fino all’ultimo un accordo con tutti gli altri eredi per vendere insieme sul mercato;
  2. se l’accordo è impossibile, puoi vendere la tua singola quota (ma preparati a possibili difficoltà nel trovare un compratore e a un prezzo probabilmente più basso);
  3. come ultima spiaggia, puoi rivolgerti al Tribunale per chiedere la divisione giudiziale, sapendo che molto probabilmente si finirà con una vendita all’asta dell’immobile e la successiva divisione del ricavato. Data la complessità e le implicazioni economiche, è sempre fortemente consigliato consultare un avvocato esperto in diritto delle successioni per valutare attentamente la tua situazione specifica e scegliere la strategia migliore.

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