Il datore di lavoro può obbligarmi a fare formazione fuori orario?

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Il datore può chiederti formazione fuori orario, ma deve pagarla come ore di lavoro straordinario? Scopri le regole che vanno rispettate.

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Nel panorama lavorativo attuale, l’aggiornamento continuo delle competenze è diventato non solo un vantaggio, ma spesso una necessità imposta dalle normative o dalle esigenze aziendali. La formazione è essenziale per la crescita professionale e per la sicurezza sul lavoro. Tuttavia, sorgono spesso dubbi e perplessità quando i corsi vengono programmati al di fuori del consueto orario di lavoro, andando a incidere sul tempo libero dei dipendenti. Inevitabilmente, ci si chiede se il datore di lavoro può obbligare a fare formazione fuori orario

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È una domanda legittima, che tocca il delicato equilibrio tra le esigenze produttive dell’azienda e il diritto al riposo e alla vita privata del lavoratore. La risposta, secondo la normativa italiana e le interpretazioni giurisprudenziali più recenti, non è un divieto assoluto per il capo, ma stabilisce condizioni precise a tutela del dipendente, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento e la retribuzione del tempo impiegato. Analizziamo insieme cosa dicono le leggi e i contratti.

Cosa dice la legge sulla formazione obbligatoria e l’orario di lavoro?

La normativa italiana affronta il tema della formazione obbligatoria sotto diversi aspetti, con due riferimenti legislativi particolarmente importanti per quanto riguarda l’orario:

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  1. Decreto Legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla Salute e Sicurezza): per la formazione specificamente dedicata alla salute e sicurezza sul lavoro (che è obbligatoria per tutti i lavoratori), l’articolo 37 è molto chiaro. Stabilisce che questa formazione deve avvenire “durante l’orario di lavoro” e “non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”. Il fatto che debba avvenire durante l’orario di lavoro implica che il tempo dedicato è considerato a tutti gli effetti prestazione lavorativa e come tale va gestito e retribuito;
  2. Decreto Legislativo 104/2022 (Decreto “trasparenza”): questa norma si applica in generale a tutta la formazione che il datore di lavoro è tenuto a erogare per legge o per contratto collettivo, affinché il lavoratore possa svolgere le proprie mansioni. L’articolo 11 dispone che tale formazione deve essere considerata orario di lavoro, deve essere gratuita per il dipendente e, “ove possibile”, deve svolgersi durante l’orario di lavoro contrattuale (art. 11).

Da entrambe le normative emerge un

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principio fondamentale: il tempo impiegato per la formazione obbligatoria richiesta dal datore di lavoro è considerato tempo di lavoro.

La formazione deve sempre avvenire durante l’orario normale?

Quanto appena detto non significa che la formazione debba avvenire necessariamente durante l’orario di lavoro. La locuzione “ove possibile”, introdotta dal Decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/2022), lascia intendere che, sebbene lo svolgimento durante l’orario di lavoro standard sia la modalità preferibile e da ricercare, possano esistere delle circostanze eccezionali o delle esigenze organizzative che rendano necessario programmare la formazione al di fuori di tale orario. Ad esempio, potrebbe essere necessario coinvolgere formatori esterni disponibili solo in determinati orari, oppure organizzare sessioni per gruppi di lavoratori che coprono turni diversi, o ancora evitare l’interruzione di servizi essenziali durante l’orario di punta. La legge riconosce questa flessibilità, ma, come vedremo, pone dei paletti ben precisi.

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Come interpreta la giurisprudenza la frase “durante l’orario di lavoro”?

Qui entra in gioco l’interpretazione fornita dai giudici, in particolare dalla Corte di Cassazione, che ha affrontato la questione analizzando l’art. 37 del D.Lgs. 81/2008. Secondo le sentenze più recenti (Cass. Civ., Sez. L, n. 12790 del 10-05-2024; Cass. Civ., Sez. L, n. 20259 del 14-07-2023), l’espressione “durante l’orario di lavoro” deve essere intesa in senso ampio. Non si limita a indicare le ore del turno “normale” (es. 09-18), ma si estende a tutto l’arco temporale in cui il datore di lavoro può legittimamente richiedere una prestazione lavorativa al dipendente, anche se questa si colloca al di fuori dell’orario ordinario o abituale.

La conseguenza logica e giuridica di questa interpretazione, confermata anche da corti di merito (come la Corte d’Appello di Roma, sent. n. 3111/2023), è che la formazione obbligatoria, anche se svolta fuori dall’orario standard, costituisce a tutti gli effetti una prestazione lavorativa

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. Non è tempo libero del dipendente messo a disposizione dell’azienda, ma tempo di lavoro vero e proprio.

Se faccio formazione fuori orario, vengo pagato? Come?

Proprio perché la formazione obbligatoria è considerata orario di lavoro, il tempo dedicato ad essa deve essere interamente retribuito.

Le modalità di pagamento sono le seguenti:

  • le ore di formazione vanno sommate alle normali ore lavorate nella settimana (o nel periodo di paga di riferimento);
  • se il totale delle ore (lavoro ordinario + formazione) supera l’orario di lavoro settimanale previsto dal contratto individuale o collettivo (solitamente 40 ore, ma può essere inferiore), le ore eccedenti devono essere considerate lavoro straordinario;
  • il lavoro straordinario deve essere retribuito con le specifiche maggiorazioni previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato in azienda.

Lavori 40 ore settimanali. Questa settimana hai lavorato normalmente per 40 ore e in più hai partecipato a un corso di formazione obbligatorio di 4 ore il sabato mattina. Quelle 4 ore sono considerate orario di lavoro. Le prime ore fino al raggiungimento delle 40 settimanali saranno pagate come ore ordinarie (se non già raggiunte), le ore eccedenti (in questo caso tutte e 4, se le 40 erano già state completate) dovranno essere pagate come straordinario, con la maggiorazione prevista dal tuo CCNL (es. 15%, 20%, 30% o altro a seconda del contratto e del giorno/orario).

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Posso rifiutarmi di partecipare alla formazione fuori orario?

Se si tratta di formazione obbligatoria (cioè imposta dalla legge, dal CCNL o ritenuta necessaria dal datore di lavoro per lo svolgimento adeguato e sicuro della tua mansione) e se il datore di lavoro rispetta tutte le condizioni previste (la considera orario di lavoro, la retribuisce correttamente come spiegato sopra, e non ti addebita alcun costo), allora sei tenuto a partecipare.

Il rifiuto ingiustificato potrebbe essere considerato un inadempimento dei tuoi doveri contrattuali (diligenza e obbedienza, nei limiti della legge e del contratto). Ovviamente, se ritieni che le condizioni non siano rispettate (es. non ti viene riconosciuta la retribuzione o lo straordinario), hai il diritto di sollevare la questione e tutelarti.

Ci sono costi a mio carico per la formazione obbligatoria?

No. Come già indicato dall’art. 37 del D.Lgs. 81/2008 per la sicurezza, e confermato come principio generale anche dal D.Lgs. 104/2022, la formazione obbligatoria che il datore di lavoro è tenuto a fornirti deve essere

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completamente gratuita per te.

L’azienda non può addebitarti alcun costo diretto o indiretto per la partecipazione. Questo include non solo il costo del corso in sé, ma anche eventuali materiali didattici necessari o spese vive strettamente connesse (es. costi di trasporto specifici se il corso si tiene in una sede diversa da quella lavorativa abituale, che dovrebbero essere rimborsati).

Cosa rischia il datore di lavoro che non fa la formazione?

Se si verifica un infortunio sul lavoro e risulta dovuto alla violazione degli obblighi di sicurezza, può scattare la condanna per lesioni personali colpose a carico del datore che non ha curato la formazione del dipendente. E ciò perché è un obbligo costituito a carico dei soggetti preposti alla sicurezza fornire le informazioni necessarie in materia antinfortunistica rispetto al posto e alle mansioni cui il lavoratore risulta addetto: altrimenti l’omissione può essere considerata causa dell’infortunio perché l’infortunato non era consapevole dei rischi connessi alla lavorazione del modo in cui ovviare ai pericoli. Altrettanto vale laddove il sinistro non sarebbe avvenuto se solo il datore avesse tenuto la condotta doverosa. È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 22 aprile 2025 dalla quarta sezione penale della Cassazione (sent. n. 15697/2025).

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