Come si calcola l’assegno di mantenimento all'ex e ai figli?

Aggiungi un commento
Annuncio pubblicitario

A quanto ammonta l’assegno per gli alimenti da versare all’ex coniuge dopo la separazione o il divorzio? Guida ai criteri legali che il giudice tiene in considerazione.

Annuncio pubblicitario

Uno degli aspetti più delicati e spesso controversi di una separazione è l’ammontare dell’assegno di mantenimento, ovvero il contributo economico che una parte è tenuta a versare all’altra per sé o, più frequentemente, per il sostentamento dei figli. Molti si aspettano che esistano tabelle predefinite o formule matematiche precise per stabilirne l’importo, magari basate su percentuali fisse del reddito. Tuttavia, la realtà nel sistema giuridico italiano è ben diversa. Allora, come si calcola l’assegno di mantenimento all’ex coniuge e ai figli?

Annuncio pubblicitario
La risposta fondamentale è che non esiste un calcolo automatico. La determinazione dell’assegno è affidata alla valutazione discrezionale del giudice, il quale deve però tenere conto di una serie di criteri specifici indicati dalla legge e interpretati dalla giurisprudenza, al fine di raggiungere una soluzione che sia il più possibile equa e adeguata alla situazione concreta di quella specifica famiglia. Questa guida si propone di illustrare i principi e i fattori che guidano il calcolo dell’assegno di mantenimento per i figli e per il coniuge in caso di separazione.

Cos’è l’assegno di mantenimento e a chi ne ha diritto?

L’assegno di mantenimento è una somma di denaro, solitamente versata con cadenza mensile, destinata a coprire le esigenze di vita di chi non è economicamente autosufficiente dopo la fine di un legame familiare. È importante distinguere due tipologie principali:

Annuncio pubblicitario

  • assegno di mantenimento per i figli: è un contributo economico dovuto da entrambi i genitori, anche dopo la separazione o la cessazione della convivenza, per far fronte a tutte le necessità dei figli (minorenni o maggiorenni non ancora economicamente indipendenti). Questo dovere genitoriale è sancito dalla Costituzione e dal Codice Civile e prescinde dalla crisi della coppia. L’assegno periodico versato dal genitore non collocatario (o talvolta da entrambi, se le risorse sono molto diverse) serve a garantire che ciascun genitore contribuisca in proporzione alle proprie capacità economiche;
  • assegno di mantenimento per il coniuge (in caso di separazione): spetta solo in caso di separazione legale (non di divorzio, dove si parla di “assegno divorzile” con presupposti parzialmente diversi). Viene riconosciuto al coniuge che:
    • non ha subito l’addebito della separazione (cioè non è stato ritenuto “colpevole” della fine del matrimonio);
    • non dispone di redditi propri adeguati a mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio;
    • si trova in una condizione economica deteriore rispetto all’altro coniuge (sussiste una disparità economica rilevante);
  • assegno divorzile per il coniuge (in caso di divorzio): spetta, in sostituzione dell’assegno di mantenimento, all’indomani della sentenza di divorzio. Viene riconosciuto solo se l’ex:
    • non ha subito l’addebito della separazione;
    • non dispone di redditi propri adeguati per l’autosufficienza economica (quindi, a differenza dell’assegno di mantenimento, è completamente slegato dal tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio. Ciò lo rende un contributo economico tendenzialmente più ridotto, in quanto destinato a garantire solo lo stretto indispensabile per una sussistenza decorosa in relazione all’ambiente in cui vive il beneficiario;
    • si trova in una situazione di incapacità di badare economicamente a sé stesso/a e ciò non è imputabile a un suo comportamento colpevole. In buona sostanza l’assegno è dovuto solo per il coniuge che non ha potenzialità reddituali, perché anziano, malato o perché ha perso ogni contatto con l’ambiente lavorativo per aver sempre badato alla famiglia e/o ai figli.

Esiste una formula matematica o una tabella fissa per calcolare l’importo dell’assegno?

Nonostante alcuni tentativi di elaborare tabelle o protocolli orientativi da parte di alcuni tribunali (soprattutto per le spese straordinarie dei figli),

Annuncio pubblicitario
non esiste in Italia alcuna formula matematica vincolante o tabella standardizzata per determinare l’importo dell’assegno di mantenimento.

La legge affida questo compito alla valutazione ponderata e discrezionale del giudice, il quale deve analizzare la situazione specifica di ogni singola famiglia, considerando e bilanciando tutti i fattori rilevanti previsti dal Codice Civile. Qualsiasi tentativo di ridurre il calcolo a una mera operazione aritmetica (es. “il 25% dello stipendio”) è errato e non trova fondamento nella normativa vigente.

Quali fattori considera il giudice per calcolare l’assegno per i figli?

Per determinare l’assegno di mantenimento per i figli, l’articolo 337-ter del Codice Civile indica al giudice una serie di criteri fondamentali da valutare congiuntamente:

  1. le attuali esigenze del figlio: si considerano tutte le necessità concrete del figlio in quel momento, tenendo conto della sua età (un neonato ha esigenze diverse da un adolescente), del suo stato di salute, del suo percorso educativo e scolastico (dalla retta dell’asilo ai libri per le superiori o l’università), delle sue inclinazioni e delle attività extrascolastiche (sportive, musicali, ricreative) che contribuiscono alla sua crescita armoniosa. L’assegno deve coprire le spese per vitto, abbigliamento, abitazione, cure mediche ordinarie, istruzione, trasporti, vita sociale, ecc.;
  2. il tenore di vita goduto dal figlio prima della separazione: i figli non dovrebbero subire un peggioramento significativo del loro standard di vita a causa della separazione dei genitori. Il giudice valuta quindi qual era il livello economico della famiglia e la quota di risorse che veniva destinata ai figli quando la coppia era unita, cercando di garantire una continuità per quanto possibile, compatibilmente con le mutate condizioni economiche post-separazione. Questo fa sì che tanto maggiore è il reddito dei genitori, tanto superiore sarà l’assegno per i figli;
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore: nell’affidamento condiviso (che è la regola), i figli trascorrono tempo con entrambi i genitori. Il giudice considera questi tempi per valutare l’entità delle spese quotidiane direttamente sostenute da ciascun genitore durante la permanenza dei figli presso di sé. Un genitore che tiene i figli per più tempo potrebbe vedersi ridurre l’assegno da versare all’altro, in quanto contribuisce maggiormente in forma diretta;
  4. le risorse economiche complessive di entrambi i genitori: il giudice non guarda solo lo stipendio, ma effettua una valutazione comparativa di tutte le risorse economiche di entrambi i genitori: redditi da lavoro (dipendente, autonomo), redditi da capitale, proprietà immobiliari e mobiliari, investimenti, risparmi, e anche la potenziale capacità lavorativa (vedi FAQ successiva). L’obiettivo è stabilire un contributo proporzionale alle capacità di ciascuno;
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura: il lavoro di cura quotidiano dei figli (preparare i pasti, seguirli nei compiti, accompagnarli alle attività, assisterli se malati), svolto prevalentemente dal genitore “collocatario” (quello con cui i figli vivono abitualmente), viene riconosciuto come una forma di contribuzione economica indiretta al mantenimento, di cui il giudice tiene conto nel determinare l’assegno a carico dell’altro genitore.

Cosa si intende per “tenore di vita” dei figli e perché è importante nel calcolo?

Il riferimento al “tenore di vita goduto in costanza di convivenza” è un principio fondamentale posto a tutela dei figli. Significa che la separazione dei genitori, evento già traumatico di per sé, non dovrebbe comportare per i figli anche un drastico ridimensionamento delle loro condizioni materiali, delle loro abitudini e delle opportunità a cui erano abituati.

Annuncio pubblicitario

Il giudice cercherà quindi di quantificare un assegno che, sommato alle risorse del genitore con cui vivono e al contributo diretto dell’altro genitore, consenta ai figli di:

  • continuare a frequentare, se possibile, la stessa scuola;
  • mantenere le attività sportive o ricreative abituali;
  • avere accesso a cure mediche adeguate;
  • godere di un ambiente domestico e di risorse materiali (vestiario, cibo, ecc.) tendenzialmente analoghe a quelle precedenti.

Naturalmente, questo principio va bilanciato con le effettive risorse economiche dei genitori dopo la separazione, che spesso comporta un aumento delle spese complessive (due case, due utenze, ecc.). L’obiettivo è quindi preservare il tenore di vita dei figli nei limiti del possibile consentito dalla nuova situazione economica dei genitori.

Come vengono valutate le “risorse economiche” dei genitori? Si guarda solo lo stipendio?

Assolutamente no. La valutazione delle risorse economiche è molto ampia e approfondita. Il giudice non si limita a considerare la busta paga o la dichiarazione dei redditi, ma deve ricostruire, anche tramite indagini della polizia tributaria se necessario, la

Annuncio pubblicitario
situazione patrimoniale e reddituale complessiva di entrambi i genitori. Questo include:

  • tutti i redditi da lavoro dipendente (compresi bonus, premi, straordinari non occasionali), da lavoro autonomo o d’impresa (valutando anche l’effettivo volume d’affari), redditi da capitale (interessi, dividendi), redditi da immobili (affitti percepiti);
  • patrimonio mobiliare: conti correnti, depositi titoli, risparmi, investimenti, polizze vita a contenuto finanziario;
  • patrimonio immobiliare: proprietà di case (anche seconde o terze case), terreni, locali commerciali. Viene considerato anche il valore dell’uso della casa coniugale eventualmente assegnata a uno dei genitori;
  • altri beni: possesso di auto o moto di lusso, barche, quote societarie significative;
  • potenziale capacità lavorativa: se un genitore non lavora o lavora part-time, ma ha qualifiche, esperienze e possibilità concrete (considerando età, salute, mercato del lavoro locale, impegni di cura verso i figli) di trovare un’occupazione (o un’occupazione migliore), il giudice può tenerne conto nel valutare le sue “risorse potenziali”. Tuttavia, questa valutazione deve essere ancorata a elementi concreti e realistici, non a mere ipotesi. Un genitore, anche se disoccupato senza colpa, non può comunque sottrarsi all’obbligo di contribuire almeno in minima parte al mantenimento dei figli.

L’assegno periodico che verso per i figli copre tutte le loro spese?

L’assegno di mantenimento mensile è destinato a coprire le

Annuncio pubblicitario
spese ordinarie, cioè quelle prevedibili, costanti e necessarie per la gestione quotidiana della vita dei figli. Queste includono, tipicamente: vitto, abbigliamento standard, contributo alle spese abitative (quota affitto/mutuo, utenze), tasse scolastiche obbligatorie, libri di testo (a volte considerati extra), materiale di cancelleria di uso comune, mensa scolastica, trasporti pubblici, carburante per accompagnamenti ordinari, ricarica cellulare, piccoli medicinali da banco, spese per igiene personale, una quota per piccole spese ricreative.

Le spese straordinarie, invece, non sono comprese nell’assegno mensile e vanno pagate a parte, solitamente ripartite tra i genitori secondo una percentuale stabilita dal giudice (spesso 50% ciascuno, ma può variare in base ai redditi). Sono considerate straordinarie le spese che sono:

  • imprevedibili nell’ammontare o nel loro verificarsi (es. spese mediche specialistiche urgenti, occhiali da vista);
  • eccezionali o una tantum (es. iscrizione a corsi speciali, patente, viaggi scolastici lunghi, feste di compleanno importanti);
  • rilevanti per decisioni di maggiore interesse per i figli (es. scelta di scuole private, università, attività sportive o corsi particolarmente costosi).

Per evitare continui litigi, molti Tribunali hanno adottato dei “Protocolli d’Intesa” che forniscono elenchi esemplificativi di spese ordinarie e straordinarie e stabiliscono le procedure per il preventivo accordo e il rimborso di quelle straordinarie.

Annuncio pubblicitario

Quali sono i criteri per calcolare l’assegno per l’ex coniuge (in caso di separazione)?

Come accennato, l’assegno per il coniuge spetta solo in caso di separazione (non divorzio) e solo se ricorrono tre condizioni: mancanza di addebito della separazione, mancanza di mezzi adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, disparità economica rispetto all’altro coniuge.

Se queste condizioni sussistono, il giudice determina l’importo basandosi sui seguenti criteri (Art. 156 Codice Civile):

  1. tenore di vita goduto durante il matrimonio: è il parametro principale a cui commisurare l'”adeguatezza” dei mezzi del richiedente. Si valuta il livello economico complessivo della famiglia durante la vita comune;
  2. redditi e patrimoni di entrambi i coniugi: si effettua una comparazione delle condizioni economiche attuali (redditi di ogni tipo, patrimoni) per valutare l’effettiva disparità. Si considera il reddito netto dell’obbligato;
  3. capacità lavorativa del richiedente: si valuta, come per i genitori, la capacità concreta e realistica del coniuge richiedente di procurarsi un reddito adeguato, tenendo conto di età, salute, formazione, esperienze, durata del matrimonio e eventuale dedizione passata alla cura della famiglia;
  4. durata del matrimonio: un matrimonio lungo può giustificare un assegno più consistente o duraturo;
  5. contributo alla vita familiare: si considera l’apporto dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune o di quello dell’altro coniuge;
  6. altre circostanze rilevanti: qualsiasi altro fattore economico o personale che possa influenzare le condizioni delle parti (es. stato di salute, nuove relazioni stabili che incidono economicamente).

L’assegno mira a bilanciare la disparità e a permettere al coniuge più debole di mantenere un tenore di vita il più possibile simile a quello matrimoniale, nei limiti delle possibilità economiche dell’obbligato.

Annuncio pubblicitario

La capacità di lavorare del coniuge che chiede l’assegno viene considerata?

Il diritto all’assegno non è una rendita vitalizia garantita. Se il coniuge richiedente è giovane, sano, ha una professionalità spendibile sul mercato e concrete possibilità di trovare un lavoro (o di incrementare un lavoro part-time), il giudice ne terrà conto. Potrebbe riconoscere un assegno temporaneo, ridurne l’importo o addirittura negarlo, ritenendo che il coniuge abbia il dovere di attivarsi per raggiungere l’autosufficienza economica.

Tuttavia, questa valutazione deve essere, come sempre, realistica e ancorata alla situazione concreta. Non si può negare l’assegno basandosi sulla mera ipotesi astratta che il coniuge “potrebbe” lavorare. Bisogna considerare l’età, le condizioni di salute, la formazione, l’esperienza pregressa (magari molto datata o inesistente a causa della dedizione alla famiglia), la presenza di figli minori da accudire, la situazione del mercato del lavoro locale. Se durante il matrimonio c’era un accordo, anche tacito, per cui uno dei coniugi si dedicava alla famiglia rinunciando alla carriera, questo può avere un peso rilevante nel riconoscere il diritto all’assegno anche dopo la separazione.

Annuncio pubblicitario

Come si calcola l’assegno divorzile?

La questione della determinazione dell’assegno divorzile, disciplinato dall’art. 5, comma 6, della Legge 1 dicembre 1970, n. 898 (come modificato dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74), è stata oggetto di una significativa evoluzione giurisprudenziale, culminata con l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2018. La comprensione dei criteri attuali richiede una disamina di questo percorso evolutivo.

Per lungo tempo, l’orientamento dominante, inaugurato dalle Sezioni Unite nel 1990 (Cass. S.U., sent. n. 11490/1990), ancorava il riconoscimento e la quantificazione dell’assegno al criterio del “tenore di vita” goduto in costanza di matrimonio. L’obiettivo era garantire al coniuge economicamente più debole la conservazione di un tenore di vita analogo a quello matrimoniale.

L’accertamento si svolgeva in due fasi:

Questo approccio è stato messo in discussione dalla sentenza della Cassazione n. 11504/2017, la quale, valorizzando il principio di auto-responsabilità economica post-matrimoniale, ha abbandonato il riferimento al tenore di vita. La Corte ha affermato che il parametro per valutare l’adeguatezza dei mezzi dovesse essere l’indipendenza o autosufficienza economica del richiedente, intesa come capacità di provvedere autonomamente al proprio sostentamento. L’assegno assumeva così una funzione prettamente assistenziale, legata alla

Annuncio pubblicitario
non autosufficienza incolpevole.

L’orientamento del 2017 è stato a sua volta superato e integrato dalla fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287/2018. Pur confermando l’abbandono del criterio del tenore di vita, le Sezioni Unite hanno riconosciuto all’assegno divorzile una natura composita, non solo assistenziale, ma anche perequativo-compensativa. Questo approccio si fonda sul principio costituzionale di solidarietà (art. 2 Cost.) e sulla pari dignità dei coniugi (art. 29 Cost.). Lo scioglimento del matrimonio non cancella del tutto gli effetti delle scelte e dei ruoli condivisi durante la vita familiare.

L’assegno divorzile, nella nuova visione, ha quindi due funzioni:

  1. funzione assistenziale: mira a garantire al coniuge economicamente più debole, che non disponga di mezzi adeguati e non possa procurarseli per ragioni oggettive, un livello di reddito che gli consenta un’esistenza dignitosa. L’inadeguatezza dei mezzi va valutata non in astratto, ma nel contesto specifico delle condizioni personali e sociali del richiedente post-divorzio;
  2. funzione perequativo-compensativa: ha lo scopo di riconoscere e compensare il coniuge economicamente più debole per il contributo dato alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e/o dell’altro coniuge. Assume particolare rilievo il sacrificio di aspettative professionali ed economiche, frutto di decisioni comuni e della ripartizione dei ruoli endo-familiari, che hanno avvantaggiato la carriera/patrimonio dell’altro coniuge. Si tratta di correggere uno squilibrio economico-patrimoniale che trova la sua causa nel matrimonio e nelle scelte condivise.

Le Sezioni Unite del 2018 hanno chiarito che l’accertamento del diritto all’assegno non si articola più rigidamente in due fasi distinte (an e quantum) basate su criteri diversi. Il giudice deve compiere una valutazione unitaria e comparativa.

Annuncio pubblicitario

Il punto di partenza è la comparazione delle condizioni economico-patrimoniali attuali degli ex coniugi per accertare l’esistenza e l’entità di un eventuale squilibrio significativo.

Il giudice valuta poi se i mezzi del coniuge richiedente siano inadeguati, considerando congiuntamente sia la sua capacità di raggiungere l’autosufficienza economica, sia il contributo fornito alla famiglia e le aspettative professionali sacrificate (funzione compensativa). L’inadeguatezza non è solo mancanza oggettiva di risorse, ma va rapportata al contributo dato e ai sacrifici fatti.

È fondamentale indagare le cause dello squilibrio economico, verificando se esso sia riconducibile alle scelte comuni, alla ripartizione dei ruoli familiari, al contributo dato dal richiedente alla famiglia e al patrimonio dell’altro, e ai sacrifici professionali compiuti in funzione della vita coniugale.

Tutti i criteri elencati nella prima parte dell’art. 5, comma 6 – condizioni dei coniugi, ragioni della decisione (ormai residuali per l’assegno), contributo personale ed economico alla famiglia e al patrimonio, reddito di entrambi, durata del matrimonio – devono essere considerati in posizione equiordinata. Essi guidano il giudice sia nella decisione sull’attribuzione (*an*) sia sulla quantificazione (“

Annuncio pubblicitario
quantum“) dell’assegno.

La durata del matrimonio e l’età del richiedente assumono particolare rilievo nella valutazione del contributo fornito e della possibilità di reinserimento lavorativo.

Onere della prova

Spetta al coniuge che richiede l’assegno dimostrare non solo lo squilibrio economico-patrimoniale, ma anche, ai fini della componente compensativa, il contributo fornito alla famiglia e, soprattutto, il sacrificio di realistiche occasioni professionali-reddituali a causa delle scelte condivise durante il matrimonio. La semplice dedizione all’attività familiare non è di per sé sufficiente se non si prova che ciò ha comportato specifiche rinunce professionali o ha permesso all’altro coniuge di incrementare significativamente le proprie potenzialità.

Indipendenza dall’assegno di separazione

È pacifico che la determinazione dell’assegno divorzile sia indipendente dalle statuizioni patrimoniali vigenti durante la separazione. L’assegno di separazione e quello di divorzio hanno natura, presupposti e finalità diverse.

Annuncio pubblicitario

L’assetto economico della separazione può costituire al massimo un mero indice di riferimento, se idoneo a fornire elementi utili di valutazione sulle condizioni delle parti o sul tenore di vita pregresso (quest’ultimo, però, non più come parametro normativo ma come fatto storico).

Altri fattori rilevanti

L’instaurazione da parte del coniuge beneficiario di una stabile e continua convivenza more uxorio, configurabile come “famiglia di fatto”, fa venir meno il diritto all’assegno divorzile, in quanto recide ogni connessione con il modello di vita precedente e il tenore di vita matrimoniale, elidendo i presupposti sia assistenziali che compensativi legati al precedente matrimonio.

L’eventuale assegnazione della casa coniugale al beneficiario dell’assegno rappresenta un’utilità economica che deve essere considerata nella quantificazione dell’assegno stesso.

L’assegno di mantenimento (sia per i figli che per il coniuge) viene adeguato all’inflazione?

L’assegno di mantenimento per i figli è soggetto per legge (salvo diverso accordo o disposizione del giudice) a

Annuncio pubblicitario
rivalutazione automatica annuale secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo (solitamente si applica il 100% della variazione). Questo garantisce che l’importo mantenga il suo potere d’acquisto nel tempo.

Anche l’assegno per il coniuge è generalmente soggetto a rivalutazione ISTAT, ma non è sempre automatica per legge come per i figli. È prassi che il giudice la disponga esplicitamente nel provvedimento di separazione o che le parti la concordino nei loro accordi. Se non è specificato, potrebbe essere necessario richiederla formalmente all’ex coniuge o, in caso di rifiuto, al giudice.

La rivalutazione calcolata si applica per i 12 mesi successivi alla data di riferimento dell’indice ISTAT.

Cosa posso fare se le condizioni economiche mie o dell’altro genitore/coniuge cambiano significativamente dopo la decisione del giudice?

Le decisioni sull’assegno di mantenimento non sono scolpite nella pietra. La legge prevede espressamente la possibilità di chiedere una revisione (aumento, diminuzione o anche revoca totale) dell’assegno se intervengono

Annuncio pubblicitario
“giustificati motivi”.

Per “giustificati motivi” si intendono fatti nuovi e sopravvenuti, successivi alla decisione originaria, che abbiano modificato in modo significativo e stabile la situazione economica di una delle parti (es. perdita del lavoro, nuova occupazione con reddito molto diverso, nascita di altri figli da nuova unione, grave malattia con spese elevate) o le esigenze dei figli (es. inizio dell’università, particolari necessità mediche).

Per ottenere la revisione è necessario presentare un apposito ricorso al Tribunale che aveva emesso il provvedimento originario, dimostrando il cambiamento delle circostanze.

Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo. Diventa sostenitore clicca qui