Genitore con Alzheimer può firmare una vendita immobiliare?

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Un genitore con Alzheimer può vendere o donare un immobile? Tutto dipende dalla sua capacità di intendere e volere (art. 428 c.c.) al momento della sottoscrizione del rogito. Guida alla validità e annullabilità.

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La malattia di Alzheimer, con il suo progressivo e spesso inesorabile deterioramento delle facoltà cognitive, pone problemi legali delicati e complessi non solo con riferimento all’assistenza e alla cura della persona cara; toccano anche la sua capacità di compiere atti giuridici importanti, come la vendita o la donazione di un immobile. Di qui il quesito ricorrente: un genitore con Alzheimer può firmare una vendita immobiliare in modo che l’atto sia legalmente valido e inattaccabile? Può intestare la casa al figlio? La risposta dipende dalla effettiva capacità della persona di comprendere il significato, la portata e le conseguenze dell’atto che sta compiendo, proprio nel momento specifico in cui appone la sua firma.

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L’articolo 428 del Codice Civile – che disciplina l’incapacità naturale – prevede la possibilità di annullare gli atti compiuti da chi non era in pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Questa guida si propone di analizzare con chiarezza i presupposti per la validità di tali contratti; spiega quando e come possono essere impugnati. Suggerisce, inoltre, le misure di protezione giuridica che possono essere adottate per tutelare la persona affetta da Alzheimer e il suo patrimonio.

Cosa significa “capacità di intendere e di volere” per firmare?

Affinché una persona possa compiere validamente un qualsiasi atto giuridico che produca effetti vincolanti (come la firma di un contratto di compravendita immobiliare), la legge richiede che essa sia dotata della cosiddetta

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capacità di intendere e di volere al momento del compimento dell’atto. Ma cosa significano esattamente queste espressioni?

La capacità di intendere si riferisce alla capacità di una persona di comprendere il significato dell’atto che sta per compiere. Include la sua natura (ad esempio, capire che si tratta di una vendita e non di una donazione), le sue caratteristiche essenziali (chi sono le parti, qual è l’oggetto, qual è il prezzo) e le conseguenze giuridiche ed economiche che ne deriveranno (ad esempio, la perdita della proprietà del bene e l’incasso di una somma di denaro).

Invece, la capacità di volere riguarda la capacità di una persona di autodeterminarsi liberamente e consapevolmente. Implica che la decisione di compiere l’atto sia frutto di una scelta autonoma e non viziata da fattori esterni (come costrizioni o inganni) o interni (come una grave alterazione delle facoltà mentali) che ne compromettano la libertà.

Se, al momento della firma di un contratto, questa capacità di intendere e/o di volere manca o è gravemente menomata, l’atto può essere considerato invalido e suscettibile di annullamento.

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Cosa prevede la legge se chi firma non era lucido (incapacità naturale)?

L’articolo 428 del Codice Civile italiano disciplina specificamente gli atti compiuti da una persona che, sebbene non sia stata formalmente interdetta o inabilitata con una sentenza del tribunale, si provi essere stata, per qualsiasi causa (anche transitoria), incapace di intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti. Questa situazione è nota come “incapacità naturale”.

Secondo questa norma:

  • gli atti compiuti da una persona in stato di incapacità naturale possono essere annullati su istanza della persona medesima (ad esempio, se successivamente recupera la capacità o tramite un suo legale rappresentante), dei suoi eredi, o dei suoi aventi causa (cioè, coloro che hanno acquisito diritti da lei);
  • per l’annullamento degli atti unilaterali (come, ad esempio, una promessa di pagamento, una rinuncia a un diritto, o, in contesti diversi, un testamento, sebbene per quest’ultimo si applichino regole specifiche sull’incapacità), è necessario che dall’atto risulti un grave pregiudizio per la persona che lo ha compiuto in stato di incapacità;
  • per i contratti (e la vendita immobiliare è un contratto), l’annullamento può essere pronunciato solo se, oltre alla prova dell’incapacità naturale del soggetto che ha contratto, risulta anche la malafede dell’altro contraente. La malafede dell’altro contraente, come chiarito dalla giurisprudenza (ad esempio, Tribunale Di Reggio Calabria, Sentenza n. 351 del 27 febbraio 2025), consiste nella consapevolezza che la persona con cui si stava stipulando il contratto versava in uno stato di incapacità di intendere o di volere; oppure, consiste nella possibilità di accorgersi di tale incapacità usando l’ordinaria diligenza e attenzione, tenuto conto delle circostanze.

Una persona con Alzheimer ha sempre incapacità di firmare?

La diagnosi di malattia di Alzheimer

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non comporta automaticamente e di per sé un’immediata e totale incapacità di compiere atti giuridici validi. La malattia di Alzheimer è, purtroppo, una patologia neurodegenerativa progressiva; ciò significa che il deterioramento delle facoltà cognitive avviene gradualmente nel tempo.

Pertanto, è assolutamente fondamentale valutare il grado di compromissione delle facoltà cognitive della persona affetta dalla malattia al momento specifico della stipula dell’atto (ad esempio, al momento della firma del contratto di vendita immobiliare).

Nelle fasi iniziali della malattia, è possibile che la persona, pur avendo ricevuto una diagnosi, conservi ancora una sufficiente capacità di intendere e di volere riguardo agli atti che compie. In questi casi, se la persona è lucida, consapevole e comprende appieno il significato e le conseguenze dell’atto (come la vendita della propria casa), l’atto da lei compiuto è da considerarsi valido (Tribunale Ordinario Genova, sez. 1, sentenza n. 2939/2013; Tribunale di Torino, Sentenza n. 223 del 10 gennaio 2024).

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Se, invece, la malattia di Alzheimer ha raggiunto uno stadio tale da impedire alla persona di comprendere il significato, la portata e le conseguenze del contratto di vendita che le viene proposto (ad esempio, se non è più in grado di capire che sta cedendo la proprietà del suo immobile, a quale prezzo, a chi lo sta vendendo, o perché lo sta facendo), allora l’atto può essere annullato per incapacità naturale ai sensi dell’articolo 428 c.c. (Tribunale Ordinario Sassari, sez. 2S, sentenza n. 1538/2015; Tribunale Di Roma, Sentenza n. 12464 del 23 luglio 2024).

È importante sottolineare che, per l’annullamento, non è necessaria la dimostrazione di una totale e assoluta privazione delle facoltà intellettive e volitive. È sufficiente provare che tali facoltà erano, al momento dell’atto, talmente menomate da impedire la formazione di una volontà cosciente, libera e consapevole (Tribunale Di Roma, Sentenza n. 13783 del 9 settembre 2024).

La signora Elena, a cui è stato diagnosticato l’Alzheimer in fase iniziale, decide in piena lucidità di vendere un suo secondo appartamento, magari per far fronte a spese mediche o per trasferirsi più vicino ai figli. Se al momento del rogito notarile la signora Elena dimostra di comprendere perfettamente cosa sta facendo, risponde in modo coerente alle domande del notaio e manifesta una volontà chiara, il contratto di vendita sarà valido. Se, invece, la stessa signora Elena, alcuni anni dopo, in uno stadio molto avanzato della malattia, non più in grado di riconoscere i propri familiari o di gestire autonomamente il proprio denaro, viene indotta da un conoscente a firmare un atto di vendita della sua unica casa a un prezzo irrisorio, quel contratto sarà quasi certamente annullabile per sua incapacità naturale e per la probabile (e da provare) malafede dell’acquirente.

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Come dimostrare che la persona non era capace quando ha firmato? La prova dell’incapacità naturale

La prova dell’incapacità naturale, cioè dell’incapacità di intendere e/o di volere esistente al momento specifico della stipula dell’atto (anche se la persona non era formalmente interdetta o inabilitata), può essere fornita con ogni mezzo di prova consentito dalla legge. Non ci sono limitazioni probatorie specifiche per questa dimostrazione.

Si possono quindi utilizzare, ad esempio:

  • documentazione medica: certificati medici, referti di visite specialistiche neurologiche o psichiatriche, perizie medico-legali che attestino lo stato della malattia, il grado di compromissione cognitiva e la sua evoluzione nel periodo rilevante (quello della stipula dell’atto);
  • testimonianze: dichiarazioni di persone che erano a stretto contatto con la persona interessata all’epoca della firma del contratto (come familiari, medici curanti, personale di assistenza, badanti, vicini di casa) e che possono descrivere il suo stato mentale, i suoi comportamenti, la sua capacità di comprensione e di orientamento in quel periodo;
  • indizi e presunzioni: il giudice può desumere l’esistenza dell’incapacità naturale anche da una serie di elementi indiretti (presunzioni), valutati nel loro complesso. Tra questi possono rientrare:
    • la natura stessa del contratto (ad esempio, se è particolarmente svantaggioso o irragionevole per la persona incapace);
    • il comportamento tenuto dalla persona prima, durante e immediatamente dopo la stipula dell’atto;
    • la rapidità e la gravità della progressione della malattia di Alzheimer;
    • l’eventuale circonvenzione o approfittamento dello stato di debolezza da parte dell’altro contraente. (Tribunale di Campobasso, Sentenza n. 421 del 16 aprile 2024).

Cosa fare per proteggere un genitore con Alzheimer dal compiere atti dannosi?

In presenza di una diagnosi di malattia di Alzheimer, specialmente se la patologia tende a progredire e a compromettere in modo significativo l’autonomia della persona, è fortemente opportuno e consigliabile valutare tempestivamente l’adozione di

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misure di protezione giuridica. Queste misure sono previste dall’ordinamento per tutelare la persona fragile e il suo patrimonio da atti che potrebbe compiere a proprio pregiudizio.

Lo strumento oggi più utilizzato, per la sua flessibilità e per la sua capacità di adattarsi alle esigenze specifiche del beneficiario, è l’amministrazione di sostegno (disciplinata dagli articoli 404 e seguenti del Codice Civile).

Con l’amministrazione di sostegno, il Giudice Tutelare, su ricorso dei familiari (coniuge, figli, genitori, ecc.), del Pubblico Ministero o degli stessi servizi socio-sanitari, nomina un amministratore di sostegno (spesso un familiare stretto, come un figlio o il coniuge, se idoneo e disponibile).

L’amministratore di sostegno ha il compito di assistere o rappresentare la persona con Alzheimer nel compimento di determinati atti che vengono specificamente indicati nel decreto di nomina.

Per atti di particolare importanza, come la vendita di un immobile, il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno (o una successiva e specifica autorizzazione del Giudice Tutelare) stabilirà se l’amministratore deve semplicemente assistere il genitore (qualora quest’ultimo conservi ancora una parziale capacità di determinarsi), oppure se deve agire in sua piena rappresentanza (qualora l’incapacità del genitore sia più marcata e impeditiva).

L’attivazione dell’amministrazione di sostegno (o, nei casi di totale e permanente incapacità, dell’interdizione, che è una misura più radicale) offre una tutela fondamentale. Garantisce che le decisioni importanti relative alla persona e al patrimonio del malato di Alzheimer siano prese nel suo esclusivo interesse, con la supervisione e il controllo del giudice, e previene il compimento di atti pregiudizievoli o la stipula di contratti invalidi.

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