Abuso edilizio parziale: si può pagare multa per non demolire?
Cos’è la parziale difformità dal permesso di costruire? Ecco quando è possibile la “fiscalizzazione” di un abuso edilizio minore (Art. 34 TUE): differenze con la sanatoria, condizioni e onere della prova.
Chi intraprende lavori edilizi sa quanto sia sottile il filo che separa la conformità dalle irregolarità. Un piccolo scostamento dal progetto approvato, una modifica apparentemente minore in corso d’opera, e ci si può ritrovare con un abuso edilizio e conseguente condanna penale. Di fronte a un ordine di demolizione, la speranza di molti è quella di poter “sistemare tutto” pagando una somma, una sorta di oblazione che cancelli l’illecito. Ma è davvero così semplice? In caso di
La normativa prevede un istituto, spesso evocato ma non sempre compreso appieno, noto come “fiscalizzazione dell’abuso edilizio“. Attenzione però: non si tratta di una bacchetta magica che regolarizza ogni difformità. È più una forma di “tolleranza” imposta dalla necessità, che una vera e propria guarigione dell’illecito. Cerchiamo di fare il punto della situazione e di verificare quali sono le prerogative che il proprietario dell’immobile può esercitare in caso di abuso edilizio di minore entità.
Indice
Cos’è la fiscalizzazione dell’abuso edilizio (Art. 34 TUE)?
La “fiscalizzazione” dell’abuso edilizio è una procedura disciplinata dall’articolo 34 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia – TUE). La norma è stata recentemente oggetto di modifiche, con il D.L. n. 69/2024 (convertito con L. n. 105/2024). Questo istituto consente, in determinate e specifiche circostanze, di sostituire la
Come ribadito da consolidata giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. VII, 7 marzo 2023, n. 2361; App. Firenze, sez. III, 26 aprile 2023, n. 883), la fiscalizzazione non è una “sanatoria” dell’abuso edilizio. Non integra una regolarizzazione dell’illecito e, soprattutto, non autorizza il completamento delle opere abusive eventualmente non terminate. Si tratta, piuttosto, di una presa d’atto da parte dell’ordinamento delle conseguenze sproporzionate che la demolizione dell’abuso potrebbe comportare per la parte dell’edificio legittimamente realizzata. È una forma di “tolleranza” dell’abuso, come indicato dal Tribunale di Ancona (sez. II, 31 gennaio 2022, n. 141), per evitare danni maggiori alla porzione conforme.
Quando un abuso edilizio è “parzialmente difforme” dal permesso?
Il presupposto inderogabile per poter accedere alla fiscalizzazione è che l’intervento sia stato eseguito in
La parziale difformità (art. 34 TUE) si ha quando un’opera, pur essendo stata autorizzata nel suo complesso dal titolo edilizio, viene realizzata con modalità diverse da quelle previste nel progetto approvato, ma queste modifiche incidono su elementi particolari e non essenziali della costruzione. Si tratta di divergenze qualitative o quantitative che non alterano le strutture fondamentali dell’opera, la sua sagoma, i volumi o la destinazione d’uso complessiva.
Ecco alcuni esempi pratici di parziale difformità: aver realizzato una finestra leggermente più grande o piccola di quella autorizzata; aver utilizzato un tipo di piastrella per il rivestimento esterno diverso da quello specificato nel progetto, purché non alteri l’aspetto architettonico generale in modo sostanziale; un lieve spostamento di un tramezzo interno non portante.
Parziale o totale difformità dell’opera abusiva: differenze
Invece, la totale difformità o le variazioni essenziali (art. 31 TUE) si configurano quando i lavori portano a un’opera completamente diversa da quella autorizzata per conformazione, struttura, destinazione d’uso o ubicazione, oppure quando le variazioni, pur riguardando un’opera assentita, ne stravolgono le caratteristiche essenziali (incrementi volumetrici significativi, modifiche sostanziali della sagoma, cambio di destinazione d’uso rilevante). In questi casi, la sanzione è, di regola, la demolizione, e non si può accedere alla fiscalizzazione ex art. 34.
Ecco alcuni esempi pratici di totale difformità/variazione essenziale: aver costruito un piano in più non previsto dal permesso; aver realizzato un edificio residenziale al posto del garage autorizzato; aver costruito l’edificio in una posizione completamente diversa all’interno del lotto rispetto a quella progettuale. La giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 24 maggio 2024, n. 1551; Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2022, n. 38) ha costantemente ribadito questa distinzione.
Quando c’è fiscalizzazione e quando la demolizione dell’abuso edilizio?
Per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge (art. 34 TUE) prevede in prima battuta la demolizione della parte difforme, a cura e spese del responsabile dell’abuso. Tuttavia, lo stesso articolo introduce un’eccezione: se la demolizione della parte abusiva non può avvenire senza causare un pregiudizio alla parte dell’edificio eseguita in conformità con il permesso, allora, e solo allora, si applica una sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di produzione della parte dell’opera realizzata in difformità, o, se l’opera è adibita ad uso diverso da quello residenziale, pari al doppio del valore venale.
Quindi, la fiscalizzazione non è una scelta del proprietario, ma una conseguenza tecnica valutata dall’amministrazione comunale.
Come chiarito da T.A.R. Sicilia, Catania (sez. I, 24 dicembre 2024, n. 4262, e sez. IV, 17 gennaio 2024, n. 181), per gli abusi totali o con variazioni essenziali si dispone la demolizione; per le difformità parziali, si dispone la demolizione a meno che non sia tecnicamente dannosa per la parte conforme, nel qual caso subentra la sanzione pecuniaria.
La fiscalizzazione ‘sana’ l’abuso o è solo tolleranza?
Il principio consolidato (ribadito, tra gli altri, da Cons. Stato, sez. VII, 7 marzo 2023, n. 2361) è che la fiscalizzazione non elimina il carattere abusivo dell’intervento. La sostituzione della demolizione con una sanzione pecuniaria risponde unicamente alla finalità pratica di impedire che la rimozione dell’abuso danneggi le porzioni legittimamente realizzate. L’opera difforme rimane tale, ma l’ordinamento, per evitare un danno maggiore, ne tollera la permanenza dietro pagamento di una somma di denaro.
Questo distingue nettamente la fiscalizzazione dalla “sanatoria edilizia” (come il condono o l’accertamento di conformità ex art. 36 TUE), che invece, a determinate condizioni, regolarizza l’illecito rendendo l’opera pienamente conforme alla normativa urbanistico-edilizia. Il TRGA Trento (sez. unica, 23 giugno 2021, n. 104) ha espresso una visione parzialmente diversa, assimilando la fiscalizzazione (specialmente per opere in diminuzione) agli istituti che producono un effetto sanante, ma l’orientamento maggioritario e del Consiglio di Stato è più rigoroso nel negare tale effetto regolarizzante.
Come si dimostra che la demolizione danneggia la parte regolare?
L’onere di dimostrare che la demolizione della parte abusiva comporterebbe un pregiudizio per la struttura e l’utilizzo della parte conforme del bene grava sull’interessato che invoca l’applicazione della fiscalizzazione (Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2023, n. 9572; Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2022, n. 38). Non basta una semplice affermazione: è necessaria una dimostrazione seria e idonea, preferibilmente supportata da una perizia tecnica. Il proprietario (o chi ha realizzato l’opera) è a conoscenza di come l’intervento è stato eseguito e può quindi documentare i rischi di un intervento demolitorio parziale.
Se è stata realizzata una parete interna portante in parziale difformità, per evitare la demolizione si dovrà presentare una perizia strutturale che attesti come la sua rimozione comprometterebbe la stabilità dei solai o di altre parti essenziali dell’edificio conformi al progetto.
Cosa sono le ‘tolleranze costruttive’ (Art. 34-bis TUE)?
Con il D.L. n. 76/2020 è stato abrogato il comma 2-ter dell’articolo 34 TUE. Questa norma è stata sostanzialmente riprodotta nell’articolo 34-
Tali tolleranze (ad esempio, scostamenti dimensionali minimi rispetto al progetto approvato) non costituiscono violazione edilizia se contenute entro determinati limiti percentuali (generalmente il 2% delle misure progettuali).
È importante notare, come specificato dalla Cassazione civile (sez. II, ord. 31 ottobre 2023, n. 30216), che queste tolleranze operano ai fini dell’eventuale applicazione delle sanzioni e rilevano principalmente nei rapporti tra il privato costruttore e la Pubblica Amministrazione, non automaticamente nei rapporti tra soggetti privati (ad esempio, in una compravendita, una difformità seppur “tollerata” dalla PA potrebbe comunque costituire un vizio per l’acquirente).
Chi paga la sanzione se l’abuso l’ha fatto il vecchio proprietario?
La sanzione pecuniaria sostitutiva della demolizione ha carattere reale e ripristinatorio dell’ordine giuridico violato, proprio come l’ordine di demolizione. Di conseguenza, essa può essere irrogata anche nei confronti dell’
Così come il proprietario incolpevole non può sottrarsi alla demolizione (ma può evitare l’acquisizione gratuita dell’area da parte del Comune se prova la sua estraneità all’abuso), allo stesso modo non può sottrarsi al pagamento della sanzione alternativa. Resta ferma, in ogni caso, la sua possibilità di rivalersi in regresso nei confronti del responsabile dell’abuso (ad esempio, il venditore o il costruttore), se ne sussistono i presupposti (come indicato da T.A.R. Veneto, sez. II, 15 febbraio 2018, n. 174; Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6983, con riferimento all’art. 1298 c.c. per le obbligazioni solidali).
Si può fiscalizzare un abuso edilizio in area vincolata?
Per le opere realizzate abusivamente in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, ambientale, storico
Di conseguenza, non potendo mai essere qualificate come “parziale difformità”, la procedura di fiscalizzazione prevista dall’articolo 34 TUE non è applicabile a queste opere (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II stralcio, 8 gennaio 2025, n. 289; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 6 febbraio 2023, n. 249).
In area vincolata, infatti, la tutela del paesaggio e dell’ambiente prevale e l’unica sanzione ammessa per abusi significativi è generalmente la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi.
Quando si valuta la possibilità di fiscalizzare l’abuso?
La questione della possibile sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria (fiscalizzazione) non emerge, di regola, nella fase di accertamento dell’illecito o di emissione dell’ordine di demolizione. Essa viene in rilievo tipicamente nella fase esecutiva del procedimento sanzionatorio, cioè
È in questa fase che le parti (il proprietario e l’amministrazione comunale) hanno modo di confrontarsi sull’effettiva impossibilità tecnica di demolire la parte abusiva senza arrecare pregiudizio a quella conforme (Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2021, n. 1743; Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2021, n. 4049). Pertanto, l’eventuale impossibilità di demolire senza danno non può essere usata come argomento per contestare la validità stessa dell’ordine di demolizione (CGARS Sicilia, 16 gennaio 2024, n. 19; TAR Catania, sez. IV, 11 gennaio 2024, n. 147).