La richiesta di sanatoria blocca l'ordine di demolizione di un abuso edilizio?
Un ordine di demolizione può essere sospeso presentando una domanda di concessione in sanatoria? Guida agli effetti, termini, doppia conformità e novità del Decreto Salva Casa.
Ricevere un ordine di demolizione per un abuso edilizio può prendere in contropiede. Di fronte a questa eventualità, una delle prime reazioni è cercare una via d’uscita, una possibilità di regolarizzare l’esistente. La “sanatoria edilizia” appare spesso come un salvagente. Ma la domanda che sorge, immediata e carica di urgenza, è: la richiesta di sanatoria blocca l’ordine di demolizione di un abuso edilizio? Può la semplice presentazione di un’istanza di accertamento di conformità fermare le ruspe e annullare l’ordine già emesso?
La questione è complessa e ha visto confrontarsi diverse interpretazioni giurisprudenziali, con un orientamento oggi prevalente che propende per una “pausa” temporanea piuttosto che per una cancellazione automatica del provvedimento sanzionatorio. E le novità introdotte dal cosiddetto “Decreto Salva Casa” del 2024 aggiungono ulteriori elementi da considerare.
Indice
Cos’è la sanatoria edilizia e quando si può chiedere?
Prima di analizzare gli effetti sull’ordine di demolizione, è bene capire cos’è la sanatoria edilizia “ordinaria”, disciplinata principalmente dall’
- alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell’opera abusiva;
- e alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
Questo è il principio della cosiddetta “doppia conformità”: l’opera deve essere sostanzialmente “sanabile” sia quando è stata costruita sia quando se ne chiede la regolarizzazione. L’istanza, come vedremo, ha termini precisi per essere presentata.
Decreto Salva Casa: cosa cambia per la sanatoria (Art. 36-bis)?
Il Decreto-Legge 29 maggio 2024, n. 69 (cosiddetto “Decreto Salva Casa“), entrato in vigore il 30 maggio 2024, ha introdotto significative novità in materia, modificando in parte l’art. 36 TUE e introducendo un nuovo articolo 36-
Per queste specifiche tipologie di abusi (parziali difformità rispetto al permesso di costruire o variazioni essenziali), l’art. 36-bis prevede una condizione di conformità diversa e potenzialmente più agevole rispetto alla “doppia conformità” piena:
- l’intervento deve essere conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda di sanatoria;
- e deve essere conforme ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia (norme tecniche, sicurezza, igiene, ecc.) vigente al momento della realizzazione dell’opera.
Questa distinzione è importante perché potrebbe ampliare le possibilità di sanatoria per alcune categorie di irregolarità. Entrambe le norme (art. 36 come modificato e art. 36-bis) mantengono comunque un limite temporale per la presentazione dell’istanza, ossia “fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative” o alla scadenza dei termini per l’adempimento spontaneo all’ordine di demolizione (generalmente 90 giorni, come previsto dall’art. 31, comma 3, TUE).
Presentare istanza di sanatoria annulla l’ordine di demolizione? Le due tesi
La giurisprudenza amministrativa si è a lungo interrogata sugli effetti che la presentazione di un’istanza di sanatoria produce su un ordine di demolizione già notificato al responsabile dell’abuso. Si sono delineati due principali orientamenti.
Tesi della caducazione (o inefficacia sopravvenuta)
Secondo un primo filone, sostenuto in passato da alcune sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali (T.A.R.), la presentazione tempestiva dell’istanza di sanatoria renderebbe l’ordinanza di demolizione automaticamente inefficace (“caducata”).
Di conseguenza, l’amministrazione comunale sarebbe obbligata a pronunciarsi sull’istanza e, solo in caso di suo rigetto, dovrebbe emettere un nuovo provvedimento sanzionatorio (un nuovo ordine di demolizione). Il ricorso al giudice contro l’originario ordine di demolizione, se pendente, diventerebbe improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’attenzione si sposterebbe sull’esito della sanatoria (es. T.A.R. Campania, Napoli, n. 654/2009; T.A.R. Umbria, Perugia, n. 401/2019);
Tesi della mera sospensione dell’efficacia (o quiescenza)
Un orientamento più recente, e ormai nettamente prevalente e consolidato, soprattutto in seno al Consiglio di Stato (massimo organo della giustizia amministrativa), ritiene invece che la presentazione dell’istanza di sanatoria non comporti l’automatica caducazione dell’ordine di demolizione. Essa ne determina unicamente la sospensione temporanea dell’efficacia. L’ordine, cioè, viene messo in uno “stato di quiescenza”, in attesa della definizione del procedimento di sanatoria (es. Consiglio di Stato, n. 1260/2020; n. 7225/2023; n. 10897/2022; T.A.R. Lazio, Roma, n. 11166/2013; T.A.R. Campania, Napoli, n. 854 del 2025).
Perché la giurisprudenza oggi preferisce la ‘sospensione’?
L’orientamento che propende per la semplice sospensione dell’efficacia dell’ordine di demolizione si fonda su una ragione principale: evitare un uso strumentale e dilatorio dell’istituto della sanatoria. Se la presentazione dell’istanza annullasse automaticamente l’ordine di demolizione, il privato potrebbe presentare domande di sanatoria pretestuose o palesemente infondate al solo scopo di paralizzare l’azione repressiva dell’amministrazione e guadagnare tempo, vanificando l’efficacia dei provvedimenti sanzionatori già legittimamente adottati (Consiglio di Stato, n. 7225/2023).
La “pausa” nell’efficacia dell’ingiunzione a demolire (come definita dal T.A.R. Liguria, n. 312/2017) è quindi funzionale a consentire all’amministrazione di valutare la richiesta di regolarizzazione, senza però privarla dello strumento sanzionatorio già attivato, qualora la sanatoria non fosse concedibile.
Cosa succede se la domanda di sanatoria viene respinta?
Secondo l’orientamento prevalente della sospensione:
- se l’istanza di sanatoria viene accolta, l’originario ordine di demolizione resterà definitivamente privo di effetti, poiché l’opera è stata regolarizzata;
- se l’istanza di sanatoria viene respinta (sia con un provvedimento di diniego espresso, sia attraverso il meccanismo del silenzio-rifiuto, che si forma generalmente decorsi 60 giorni dalla presentazione dell’istanza senza una pronuncia, ai sensi dell’art. 36, comma 3, TUE), l’ordine di demolizione originario riacquista automaticamente la sua piena efficacia e può essere portato ad esecuzione dall’amministrazione comunale.
Non è quindi necessario che il Comune emetta un nuovo ordine di demolizione (Consiglio di Stato, n. 1260/2020).
Ricevo un ordine di demolire una tettoia abusiva il 1° marzo. Il 15 marzo presento istanza di sanatoria ex art. 36-bis TUE. L’efficacia dell’ordine di demolizione è sospesa. Il 10 giugno il Comune mi comunica il rigetto della sanatoria. A partire da quel momento, l’ordine di demolizione del 1° marzo torna ad essere pienamente esecutivo.
C’è differenza tra sanatoria ordinaria e condono edilizio?
È importante distinguere gli effetti della sanatoria edilizia ordinaria (l’accertamento di conformità previsto dagli artt. 36 e 36-bis del TUE) da quelli del condono edilizio straordinario.
Il condono è una misura eccezionale, prevista da leggi speciali in determinati periodi storici, che consente di regolarizzare abusi altrimenti non sanabili secondo la normativa ordinaria. Le leggi di condono hanno spesso previsto espressamente la sospensione dei procedimenti sanzionatori e amministrativi pendenti fino alla definizione della domanda di condono.
Per questo, in caso di diniego di condono, la giurisprudenza è più incline a ritenere che sia necessaria una
Entro quando devo presentare la richiesta di sanatoria?
La tempestività è fondamentale. Affinché l’istanza di sanatoria possa produrre l’effetto sospensivo sull’ordine di demolizione, deve essere presentata entro termini precisi e perentori. La giurisprudenza interpreta l’art. 36 TUE (e il previgente art. 13 L. 47/85, nonché l’attuale riferimento agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, ecc. TUE contenuto anche nel nuovo art. 36-bis) nel senso che l’istanza di accertamento di conformità deve essere presentata:
- di norma, entro il termine di 90 giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire (termine previsto dall’art. 31, comma 3, TUE per l’adempimento spontaneo);
- e comunque prima che sia intervenuta l’acquisizione gratuita dell’immobile e dell’area di sedime al patrimonio comunale (che scatta automaticamente decorso il termine di 90 giorni per la demolizione spontanea) o l’irrogazione di altre sanzioni definitive. Il Consiglio di Stato (sent. n. 2755/2014) ha sottolineato la natura perentoria di questi termini.
Cosa rischio se chiedo la sanatoria dopo la scadenza dei termini?
Presentare un’istanza di sanatoria dopo la scadenza dei termini perentori, e in particolare dopo che l’immobile è stato già acquisito di diritto al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione, è generalmente inutile. Come chiarito dal T.A.R. Molise (sent. n. 232/2023) e da altre pronunce (es. T.A.R. Sicilia – Palermo, n. 532/2024; n. 2849/2022; n. 2365/2022), una volta decorso inutilmente il termine per la demolizione spontanea e avvenuta l’acquisizione al patrimonio comunale, chi presenta la domanda di sanatoria tardiva
Come le nuove norme (DL 69/2024) influenzano questi effetti?
Le recenti modifiche introdotte dal D.L. 69/2024 (“Decreto Salva Casa”) agli articoli 36 e con l’introduzione dell’articolo 36-bis del TUE hanno innovato alcuni aspetti procedurali e sostanziali della sanatoria edilizia (in particolare, come visto, i requisiti di conformità per le parziali difformità). Tuttavia, queste modifiche non sembrano aver inciso direttamente sulla questione degli effetti sospensivi o caducatori dell’istanza sull’ordine di demolizione preesistente. Di conseguenza, l’interpretazione giurisprudenziale consolidatasi, che propende per la mera sospensione dell’efficacia dell’ordine demolitorio, rimane il riferimento principale anche per le istanze presentate ai sensi della nuova normativa.