Età massima per un mutuo: esiste un limite di legge?
Fino a che età si può chiedere un mutuo per la casa? Esiste un limite massimo? Ecco come le banche decidono la durata massima del finanziamento e quali fattori di rischio considerano.
Oggi sono sempre di più le persone che decidono di comprare un immobile in fasi diverse della vita: a 40, 50, 60 anni e anche oltre. Anzi, più si è maturi e più sorge l’esigenza di un tetto stabile e di proprietà. Ma non solo: una persona molto anziana potrebbe voler acquistare una casa non già per sé ma per i figli o i nipoti. Dinanzi a un’evenienza di questo tipo, è facile trovare delle resistenze da parte dell’istituto di credito, chiamato a fare i conti con l’età avanzata del cliente e, dunque, con i rischi legati all’aspettativa di vita. Dinanzi a tale situazione ci si chiede spesso se
La risposta che emerge dall’analisi delle normative e delle decisioni degli organi di tutela dei consumatori, come l’Arbitro Bancario Finanziario, è più sfumata di un semplice sì o no. Se da un lato non esiste una legge dello Stato che imponga un limite temporale per presentare la domanda, dall’altro l’età del richiedente è un fattore che gli istituti di credito valutano con molta attenzione e che può influenzare in modo determinante le condizioni del finanziamento, in particolare la sua durata.
Indice
Esiste un’età massima stabilita per legge per poter richiedere un mutuo in Italia?
Come anticipato, non esiste una legge che stabilisca un’età massima superata la quale sia vietato richiedere o concedere un mutuo. Non troverai una disposizione normativa che dica, ad esempio: “dopo i 65 anni non si può chiedere un mutuo”.
In linea di principio, quindi, chiunque, a prescindere dalla sua età anagrafica, può presentare una domanda di finanziamento a una banca. Del resto, le banche si tutelano accedendo l’ipoteca sull’immobile acquistato: tale garanzia sopravvive al decesso del mutuatario e permane anche in capo agli eredi. Insomma, il creditore non perde le proprie tutele neanche in caso di cliente molto anziano.
In che modo l’età influisce sulla concessione di un mutuo da parte di una banca?
Se la legge non pone limiti, la prassi bancaria è diversa. L’età del richiedente è uno dei fattori che gli istituti di credito considerano con maggiore attenzione durante l’istruttoria, cioè quel processo di valutazione del merito creditizio che precede la concessione di un finanziamento.
L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), l’organismo che risolve le controversie tra clienti e intermediari finanziari, ha chiarito in più occasioni che l’età è un parametro legittimamente utilizzato dalla banca per valutare il rischio associato all’operazione.
Con la Decisione n. 6691 del 5 giugno 2024, l’ABF ha menzionato esplicitamente l’età del richiedente come uno degli elementi che la banca valuta in sede di istruttoria, insieme alla consistenza della garanzia patrimoniale e al reddito. Questo non significa che l’età sia un motivo di discriminazione illegittima, ma un fattore che contribuisce a definire il profilo di rischio complessivo del cliente.
Le banche sono libere di rifiutare la concessione di un mutuo in base all’età del richiedente?
Le banche, in quanto imprese private, operano in un regime di autonomia negoziale. Questo significa che, fatti salvi i limiti imposti dalla legge (come i divieti di discriminazione basati su sesso, razza, religione, ecc.), sono libere di decidere se contrarre o meno un determinato finanziamento e con quali condizioni. Hanno solo l’obbligo di motivare le ragioni di un eventuale diniego, chiarendole in modo trasparente al richiedente il prestito.
Come affermato dall’ABF nella già citata Decisione N. 6691/2024, la banca ha la piena facoltà di proporre al potenziale cliente un contenuto contrattuale che giudica adeguato alle circostanze del caso concreto, così come emergono dalla sua istruttoria. Se la valutazione complessiva del rischio, che include anche il fattore età, non è soddisfacente secondo le politiche di credito interne della banca, quest’ultima può legittimamente rifiutare di concedere il mutuo. Non esiste, quindi, un “diritto al mutuo” che possa essere preteso a prescindere dalla valutazione dell’istituto di credito.
Qual è il “limite di età” che applicano le banche nella pratica?
Il vero limite che le banche pongono non è tanto sull’età al momento della richiesta, quanto sull’età che il mutuatario avrà al momento della scadenza del piano di ammortamento, cioè quando verrà pagata l’ultima rata.
La prassi comune della maggior parte degli istituti di credito è quella di stabilire un’età massima alla fine del finanziamento, che solitamente si attesta tra i 75 e gli 80 anni. In alcuni, più rari casi, si può arrivare a 85 anni.
Questo significa che la banca vuole che il debito sia completamente estinto entro un’età che considera “di sicurezza” dal punto di vista del rischio di credito. Questa politica è legata a due fattori principali:
- l’aspettativa di vita: la banca vuole ridurre il rischio che il mutuatario deceda prima di aver terminato di pagare il mutuo;
- la capacità di reddito: con l’avanzare dell’età, il reddito tende a diminuire (passaggio dal lavoro alla pensione) e a diventare meno stabile, aumentando il rischio di insolvenza.
In che modo l’età del richiedente può limitare la durata massima del mutuo?
L’imposizione di un limite di età alla scadenza del finanziamento ha una conseguenza diretta e matematica:
L’ABF, con la Decisione N. 2454 del 14 marzo 2023, pur avendo dato ragione al cliente su un punto specifico (smentendo che, nel suo caso, l’età limitasse la durata a 15 anni anziché 20, perché le simulazioni della banca stessa lo consentivano), ha implicitamente confermato che l’età è un fattore che viene messo in relazione con la durata del finanziamento.
Facciamo un esempio pratico per capire meglio.
Supponiamo che la Banca X abbia come politica interna un limite massimo di 80 anni per l’età alla fine del mutuo.
Caso A – Richiedente di 40 anni: può richiedere un mutuo con una durata fino a 40 anni (80 – 40), anche se nella pratica le durate massime si fermano solitamente a 30 anni. Avrà quindi accesso a tutte le durate standard (15, 20, 25, 30 anni).
Caso B – Richiedente di 60 anni: può richiedere un mutuo con una durata massima di 20 anni (80 – 60). Non potrà accedere a durate di 25 o 30 anni.
Caso C – Richiedente di 70 anni: potrà richiedere un mutuo con una durata massima di soli 10 anni (80 – 70).
Una durata più breve comporta inevitabilmente una rata mensile più alta, e questo è un altro aspetto che la banca valuterà per verificare se il reddito del richiedente è sufficiente a sostenerla.
Perché le banche sono tenute a valutare così attentamente la solvibilità del cliente?
La valutazione del merito creditizio non è solo una cautela nell’interesse della banca, ma anche un dovere previsto dalla legge a tutela di un sistema finanziario sano e, indirettamente, del cliente stesso.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 10337/2021, pur riferendosi a un caso specifico di “mutuo di risparmio edilizio”, ha sottolineato la necessità per la banca di valutare la solvibilità del cliente prima della stipulazione del contratto di mutuo. Questa valutazione è necessaria per evitare che il credito venga erogato a soggetti che, palesemente, non sono in grado di rimborsare il prestito, con conseguenze negative per la stabilità della banca e per il cliente stesso, che si troverebbe sovraindebitato.
La sentenza richiama l’articolo 1822 del Codice Civile, il quale prevede che “chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione e non gli sono offerte idonee garanzie”. Sebbene questa norma si riferisca a una situazione successiva alla promessa, il principio di fondo – la necessità di una ragionevole aspettativa di restituzione – pervade l’intera disciplina del credito. L’età, essendo indirettamente collegata alla capacità di generare reddito e alla stabilità finanziaria nel lungo periodo, è un elemento che rientra a pieno titolo in questa valutazione di solvibilità.