Quale maggioranza serve per decidere i lavori in condominio

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Quale maggioranza serve in assemblea di condominio per approvare lavori di notevole entità? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15346 del 9 giugno 2025, chiarisce che serve sempre una maggioranza qualificata, basata sull’impatto economico dell’intervento.

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Quando all’ordine del giorno ci sono lavori costosi, come il rifacimento della facciata, la ristrutturazione del tetto o una “manutenzione generale” dell’edificio, l’assemblea di condominio si trasforma spesso in una vera e propria arena. In questi momenti, oltre alla discussione sui costi e sulla scelta della ditta, una delle questioni più spinose e fonte di futuri contenziosi è quella relativa al voto: la delibera è stata approvata correttamente? Il quorum raggiunto era davvero quello giusto? Cerchiamo di comprendere

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quale maggioranza serve per decidere i lavori in condominio.

Come vedremo a breve, la risposta non è sempre uguale: essa dipende dalla natura e, soprattutto, dall’impatto economico dell’intervento.

Una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 15346, depositata il 9 giugno 2025, ha ribadito un principio fondamentale: per i lavori “di notevole entità”, non ci sono scorciatoie, serve sempre una maggioranza qualificata.

Quale maggioranza serve, in generale, per deliberare i lavori in condominio?

La legge, e in particolare l’articolo 1136 del Codice Civile, prevede diverse maggioranze a seconda dell’importanza della decisione da prendere. Per quanto riguarda i lavori, possiamo semplificare distinguendo due scenari principali:

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  1. per le decisioni inerenti ai lavori di manutenzione ordinaria, che non comportano una spesa eccessiva, è sufficiente una maggioranza semplice: il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio (333,33 millesimi);
  2. per i lavori di straordinaria manutenzione e per le innovazioni (si tratta cioè degli interventi più importanti, come le riparazioni eccezionali, di notevole entità o i cambi di destinazione dei beni), la legge richiede una maggioranza qualificata: il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).

La vera domanda, quindi, è: come si stabilisce se un lavoro è “ordinario” o “straordinario di notevole entità”? Cerchiamo di comprenderlo qui di seguito.

Che differenza c’è differenza tra “manutenzione straordinaria” e lavori “di notevole entità”?

Non bisogna farsi ingannare dalle etichette. Il criterio per distinguere tra gli atti di ordinaria amministrazione (che a volte l’amministratore può compiere anche di sua iniziativa, ai sensi dell’articolo 1133 del Codice Civile) e gli atti di amministrazione straordinaria che richiedono la maggioranza qualificata, si basa sulla “

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normalità” dell’atto di gestione.

La Suprema Corte, nella pronuncia in commento, ha spiegato che rientrano nell’amministrazione straordinaria e richiedono la maggioranza qualificata tutti quegli atti che, pur essendo magari diretti a un miglior utilizzo delle cose comuni o imposti da nuove normative, comportano un “onere economico rilevante“.

Quindi, non è tanto il nome del lavoro (“manutenzione generale”, “ristrutturazione”, “riparazione”) a determinare la maggioranza richiesta, quanto il suo impatto economico sul bilancio del condominio e sulle tasche dei singoli condòmini.

Cosa si intende esattamente per lavori “di notevole entità”?

La legge non fornisce una cifra esatta in euro per definire quando una spesa sia di “notevole entità”. Si tratta di un concetto relativo, che il giudice, in caso di contestazione, valuta caso per caso, tenendo conto di diversi fattori, come:

  • l’importo totale dei lavori in rapporto al valore complessivo dell’edificio;
  • la capacità economica e il tenore di vita del condominio e dei suoi partecipanti;
  • la natura e la complessità dell’intervento.

In pratica, qualsiasi lavoro che, per il suo costo, esuli dalla normale gestione e rappresenti un

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impegno economico significativo per la compagine condominiale, deve essere considerato “di notevole entità” e, di conseguenza, deve essere approvato con la maggioranza qualificata di 500 millesimi.

La vicenda

La vicenda decisa dalla Suprema Corte è un esempio perfetto di come un’errata qualificazione dei lavori possa portare all’invalidità di una delibera.

Gli eredi di un condomino (che, con la sua ditta, aveva in passato effettuato dei lavori per il condominio) avevano impugnato una delibera assembleare, sostenendo, tra i vari motivi, che i lavori in essa approvati non fossero stati deliberati con le maggioranze corrette.

I giudici di secondo grado avevano dato torto agli eredi. Avevano osservato che la delibera aveva ad oggetto la “manutenzione generale dei due corpi di fabbrica” e, implicitamente, avevano ritenuto che, trattandosi di “manutenzione”, non rientrasse nella categoria delle “riparazioni straordinarie di notevole entità”. Di conseguenza, avevano considerato valida la delibera anche se approvata con una maggioranza semplice, inferiore a quella qualificata.

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Gli eredi hanno presentato ricorso in Cassazione, e la Suprema Corte ha ribaltato la decisione, dando loro ragione.

L’errore della Corte d’Appello, secondo i giudici supremi, è stato quello di fermarsi all’etichetta, alla definizione formale di “manutenzione generale”, senza applicare il corretto criterio distintivo, che è quello della “normalità” dell’atto di gestione e del suo impatto economico.

La sentenza impugnata, scrivono i giudici della Cassazione, non ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui gli atti che implicano spese con un onere economico rilevante necessitano della delibera dell’assemblea condominiale approvata con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Il fatto che i lavori fossero stati definiti di “manutenzione generale” non era sufficiente a escludere la necessità della maggioranza qualificata, se il costo di tale manutenzione era, nei fatti, “notevole”.

Una delibera per lavori importanti è valida se approvata con la maggioranza semplice?

Se i lavori, per il loro costo e la loro natura, sono da considerarsi “di notevole entità”, una delibera che li approvi con una

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maggioranza semplice (inferiore alla maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno 500 millesimi) è invalida e può essere impugnata da ogni condomino dissenziente o assente nei termini di legge, ossia 30 giorni dalla votazione o, per gli assenti, dalla comunicazione del verbale.

È interessante notare che la Cassazione, nel suo ragionamento, ha specificato che il principio è valido oggi così come lo era sotto la vigenza dell’articolo 1136 del Codice Civile prima della riforma del condominio del 2012. Questo a dimostrazione del fatto che si tratta di un principio fondamentale e consolidato, che non è stato scalfito dalle riforme.

Conclusioni: non conta il nome dei lavori, ma il loro costo

La sentenza della Corte di Cassazione n. 15346 del 9 giugno 2025 è un monito importante per gli amministratori di condominio e per tutti i condòmini. Quando si tratta di approvare dei lavori, non ci si deve far ingannare dalle parole. Non è l’etichetta formale (“manutenzione ordinaria”, “manutenzione generale”, “ristrutturazione”) a determinare la maggioranza necessaria per la validità della delibera, ma il suo impatto economico sostanziale.

Il principio da tenere a mente è chiaro:

  • per le spese di gestione ordinaria e di modesta entità, è sufficiente la maggioranza semplice;
  • per tutte le spese che comportano un onere economico rilevante, a prescindere da come vengano definite, è indispensabile ottenere il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).
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