Figlio iscritto al campo estivo senza consenso dell'altro coniuge: cosa succede?

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Quali sono le spese straordinarie per i figli che i genitori separati devono dividere? Una sentenza della Cassazione chiarisce quando è necessario l’accordo preventivo tra gli ex coniugi separati o divorziati.

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Al di là dell’assegno di mantenimento mensile, uno dei campi di battaglia più frequenti per i genitori separati o divorziati è quello delle cosiddette “spese straordinarie”: il corso di nuoto, l’apparecchio per i denti, la gita scolastica, il campo estivo. Su queste spese, spesso, si scatena un’infinita discussione: “Dovevamo essere d’accordo prima!”, “Questa spesa non era necessaria!”, “Perché devo pagare io?”, “Come mai hai scelto l’associazione sportiva più costosa?”. La domanda, quindi, è la seguente:

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cosa succede se il figlio viene iscritto al campo estivo senza il consenso dell’altro coniuge? Per le spese extra figli, chi paga se non c’è accordo? E per quali di queste è necessario un consenso preventivo? Una importantissima ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 17017, pubblicata il 25 giugno 2025) ha fatto chiarezza su un punto molto comune e controverso, quello dei corsi di lingua, stabilendo un principio che aiuta a distinguere tra ciò che va concordato e ciò che, invece, risponde a un’esigenza talmente consolidata da non richiedere un preventivo assenso. Tale principio è applicabile anche al campo estivo.

Qual è la differenza tra spese ordinarie e spese straordinarie?

Prima di analizzare la decisione della Cassazione, è utile fare un passo indietro e capire la distinzione di base che fanno i tribunali.

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Le spese ordinarie sono le spese prevedibili e di routine, necessarie per soddisfare i bisogni quotidiani dei figli. Rientrano in questa categoria i costi per il vitto, l’alloggio, l’abbigliamento ordinario, la mensa scolastica, il materiale di cancelleria. Queste spese sono coperte dall’assegno di mantenimento versato mensilmente dal genitore non collocatario.

Le spese straordinarie sono invece quelle imprevedibili, occasionali o legate a eventi o esigenze particolari della vita dei figli (sportive, mediche, scolastiche, ricreative). Queste spese non sono incluse nell’assegno mensile e vanno, di regola, ripartite tra i genitori (solitamente al 50%, salvo diversi accordi o decisioni del giudice).

Il problema, da sempre, è stabilire il confine. Per questo motivo, molti tribunali hanno adottato dei “protocolli” che elencano in modo dettagliato quali spese rientrano in una categoria e quali nell’altra.

Per le spese extra serve sempre l’accordo preventivo dell’altro genitore?

Con riferimento alle spese straordinarie, la giurisprudenza, supportata dai protocolli dei tribunali, ha elaborato una distinzione molto pratica.

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Da un lato ci sono le spese straordinarie che non richiedono accordo preventivo tra ex coniugi: sono quelle spese che, pur essendo “extra”, sono sostanzialmente certe nel loro ripetersi e sono considerate talmente importanti per la vita del figlio da non poter essere subordinate al veto di un genitore. Esempi classici sono le tasse scolastiche, l’acquisto dei libri di testo, le spese mediche ordinarie e urgenti (come una visita specialistica o l’acquisto di farmaci con ricetta).

Poi ci sono le spese straordinarie che richiedono accordo: sono quelle che, per la loro rilevanza, imprevedibilità e imponderabilità, esulano dall’ordinario regime di vita del figlio. Esempi sono l’iscrizione a una costosa scuola privata, un viaggio studio all’estero, un corso sportivo particolarmente oneroso o una terapia medica non convenzionale.

Figlio iscritto al campo estivo senza consenso dell’altro coniuge: chi deve pagare?

È pacifico che l’iscrizione a un campo estivo rientra tra le spese straordinarie, cioè quelle non comprese nell’assegno di mantenimento ordinario.

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Diversi provvedimenti e protocolli dei tribunali classificano i centri estivi come spese straordinarie. Ad esempio, il Tribunale di Monza ha chiarito che si tratta di spese per la custodia dei figli con costi difficilmente prevedibili in anticipo.

Ma è necessario il consenso preventivo dell’altro genitore? La risposta dipende da cosa stabilisce il provvedimento di separazione o divorzio. Su questo punto non c’è uniformità nei tribunali italiani.

Molti tribunali indicano che i centri estivi rientrano tra le spese extrascolastiche che devono essere concordate. Ad esempio, lo affermano il Tribunale di Novara, quello di Pisa, Reggio Calabria, Roma e i protocolli dei tribunali di Napoli, Torino e Palermo. Secondo la giurisprudenza romana, in regime di affidamento condiviso, tutte le spese straordinarie non obbligatorie vanno concordate; in mancanza di accordo, il genitore che agisce da solo se ne assume l’onere economico.

Altri tribunali hanno stabilito che non serve l’accordo. Il Tribunale di Imperia, in due diverse sentenze, e quello di Bergamo hanno affermato che i centri estivi non necessitano di intesa preventiva. Anche il Tribunale di Vicenza ha riconosciuto il diritto di un genitore a decidere da solo.

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Alcuni tribunali adottano un approccio più flessibile. Ad esempio, il protocollo del Tribunale di Bologna stabilisce che non serve il consenso dell’altro genitore se il campo scuola è necessario per esigenze lavorative del genitore collocatario e l’altro non offre alternative.

Cosa succede se manca il consenso? Se il provvedimento del giudice non dice nulla sui centri estivi, si applicano i principi generali. Conta l’interesse superiore del minore.

Secondo la giurisprudenza prevalente, il mancato accordo non esclude il diritto al rimborso se la spesa è utile per il figlio e non è voluttuaria o troppo onerosa. Il Tribunale di Alessandria (sez. 1, sentenza n. 639/2019), citando la Cassazione (Cass.civ., sez.VI, 08.02.2013, n. 2467), ha stabilito che non si possono escludere le spese fatte nell’interesse del minore solo perché non concordate, purché siano compatibili con le condizioni economiche della famiglia.

Il genitore che si oppone deve motivare il rifiuto, spiegando perché la spesa non era necessaria o era eccessiva. In assenza di dissenso motivato, il giudice può riconoscere il diritto al rimborso. Inoltre, l’assenza di accordo non rende la spesa irripetibile se è utile al figlio e proporzionata al tenore di vita familiare.

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Molti tribunali prevedono una procedura: il genitore che vuole sostenere la spesa deve fare una richiesta scritta, specificando il costo e con un preavviso adeguato. L’altro genitore ha un termine per rispondere e deve motivare il dissenso. In mancanza di risposta entro quel termine, si applica la regola del silenzio-assenso.

Il caso deciso dalla Cassazione: il corso di inglese è una spesa da concordare?

La recente ordinanza della Cassazione n. 17017/2025 è nata da un caso molto concreto.

Una madre aveva iscritto il figlio a un corso privato di inglese, pagando la relativa spesa. Successivamente, ha chiesto all’ex marito il rimborso del 50%, come previsto dagli accordi di separazione per le spese straordinarie.

L’uomo si è opposto, sostenendo di non dover rimborsare nulla perché la decisione di iscrivere il figlio a quel corso non era stata preventivamente concordata con lui.

La Suprema Corte ha dato piena ragione alla madre. Ha stabilito che il genitore che ha pagato il corso di inglese aveva diritto al rimborso anche in assenza di un accordo preventivo.

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Il ragionamento dei giudici è di grande importanza pratica perché prende atto di un cambiamento sociale. La Corte ha affermato che somministrare ai figli un’educazione in lingue straniere, e in particolare in inglese, è ormai una “consuetudine consolidata” per le famiglie italiane.

Non è più un lusso o una scelta eccentrica, ma un insegnamento integrativo considerato essenziale per permettere ai figli di “affrontare adeguatamente sia gli studi universitari, sia il percorso lavorativo da intraprendere in età adulta”.

Questa consuetudine, secondo la Cassazione, risponde a “obiettive ed inequivoche esigenze invalse nel tessuto sociale”, talmente radicate da rendere “incontestabile” sia l’utilità del corso per il figlio, sia la natura “ordinaria” di questa spesa, pur essendo “straordinaria” rispetto all’assegno mensile. In pratica, è diventata una spesa talmente normale e prevedibile da non richiedere più la concertazione tra i genitori.

E se una spesa straordinaria richiede l’accordo ma questo non c’è, perdo il diritto al rimborso?

Per quelle spese che, a differenza del corso di inglese, sono davvero imprevedibili e rilevanti (e che quindi richiederebbero l’accordo), la mancanza di una preventiva informazione o del consenso dell’altro genitore non fa venir meno automaticamente il diritto al rimborso.

In caso di conflitto, spetterà al giudice valutare se quella spesa era comunque rispondente all’interesse preminente del minore e se era compatibile con il tenore di vita della famiglia. Se il giudice ritiene che la spesa, anche se non concordata, era oggettivamente utile e necessaria per il figlio, potrà comunque condannare il genitore che non ha pagato a rimborsare la sua quota.

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