Scrivere su un muro o sporcarlo è reato?

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Un piccolo atto di vandalismo, come sporcare un muro, è un reato? La Corte Costituzionale risponde.

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Immaginiamo una scena, purtroppo non rara: una lite condominiale che finisce male, e una persona, in un gesto di rabbia, imbratta la porta d’ingresso del vicino con vernice o altro materiale. Oppure un atto di vandalismo fine a sé stesso contro la facciata di un edificio. O ancora un giovane writer che, con una bomboletta spray, fa dei disegni (“graffiti”) su un muro di proprietà privata. Istintivamente, potremmo pensare che, in un’epoca in cui reati ben più gravi vengono depenalizzati, un gesto del genere sia al più un illecito civile, una questione da risolvere con un risarcimento. Questa stessa perplessità è venuta a un giudice del Tribunale di Firenze, che ha messo in dubbio la logica della legge. Ma la Corte Costituzionale, con una sentenza spartiacque (la n. 105 del 2025), ha risposto in modo forte e chiaro: s

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crivere su un muro o sporcarlo è reato. E ha spiegato il perché, svelando un cambiamento profondo nella sensibilità della legge.

Qual è il dubbio di incostituzionalità sollevato dal giudice?

Il ragionamento del giudice di Firenze era, in apparenza, impeccabile e basato su un paradosso. Semplificando:

  • il reato di danneggiamento semplice (art. 635 c.p.), che consiste nel distruggere o rovinare un bene altrui (un atto più grave), è stato depenalizzato nel 2016 e trasformato in un illecito civile, punito con una sanzione pecuniaria e l’obbligo di risarcimento;
  • il reato di imbrattamento (art. 639 c.p.), che consiste nello sporcare o insudiciare un bene altrui (un atto meno grave del danneggiamento, perché non compromette la funzionalità della cosa), è invece rimasto un reato penale.

Per il giudice, questa situazione era manifestamente irragionevole e sproporzionata. Perché punire con un procedimento penale (e una potenziale fedina penale sporca) un’azione meno grave, quando un’azione più grave viene punita in modo più blando?

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Perché imbrattare un muro è considerato un reato?

La Corte ha spiegato che la prospettiva è cambiata. Il reato di imbrattamento non è più visto come una semplice versione “minore” del danneggiamento, e non è più posto a tutela esclusiva della proprietà privata della singola persona. La sua permanenza nel codice penale risponde a una scelta precisa del legislatore: quella di contrastare i fenomeni di illegalità diffusa che offendono il decoro urbano.

Il bene giuridico protetto si è allargato. Quando si imbratta un muro, non si sta più offendendo solo il portafoglio del proprietario che dovrà pagare per ripulire. Si sta offendendo un interesse collettivo: il diritto della comunità a vivere in un ambiente urbano preservato dal degrado. La legge, quindi, non guarda più solo al danno patrimoniale, ma riconosce una dimensione pubblica e sociale a questi atti. La bellezza e la pulizia delle nostre città sono diventate un bene da tutelare penalmente, anche quando l’atto vandalico colpisce una proprietà privata.

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Il reato di “danneggiamento” è stato abolito?

È importante chiarire che il reato di danneggiamento non è stato completamente abolito. È stato depenalizzato solo il “danneggiamento semplice“. Restano reati, e anche gravi, tutte le altre forme di danneggiamento, come quelle commesse su edifici pubblici, quelle commesse durante manifestazioni, o quelle compiute con violenza alla persona. La scelta del legislatore è stata quella di “declassare” solo il danno semplice tra privati, ma di mantenere, e anzi rafforzare, la tutela contro gli atti che minano la sicurezza e il decoro pubblico.

La Corte ha definito la scelta del legislatore “opinabile” (cioè, si poteva anche decidere diversamente), ma ha dichiarato le questioni del giudice “inammissibili”. Questo termine tecnico significa che la Corte non è entrata nel merito per una ragione istituzionale. Cambiare la legge come richiesto dal giudice avrebbe significato smontare e ricostruire da zero un intero sistema di reati e sanzioni, un compito che spetta al Parlamento, non alla Corte. La Corte Costituzionale interviene quando una legge viola palesemente un principio costituzionale, non quando fa una scelta politica che può essere discutibile ma non è manifestamente irragionevole, alla luce del nuovo interesse protetto (il decoro urbano).

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Cosa rischio se sporco o imbratto la proprietà di qualcuno?

La conclusione pratica è netta. Se imbratti la porta, il muro o qualsiasi altro bene di proprietà di un’altra persona, rischi un procedimento penale. Non si tratta di una semplice richiesta di risarcimento danni, ma di un’accusa per un reato previsto dal Codice Penale, che può portare a una condanna e a sporcare la propria fedina penale. In molti dei casi più gravi previsti dalla norma (ad esempio, se l’imbrattamento riguarda beni di interesse storico o artistico), la procedibilità è “d’ufficio”, il che significa che le autorità possono avviare il procedimento anche senza una querela da parte della persona offesa.

In sintesi, la sentenza della Corte Costituzionale ci dice che la sensibilità sociale e giuridica è cambiata. Un atto di vandalismo, anche se apparentemente minore, non è più una “bravata” o una questione privata, ma un’offesa alla collettività e al nostro diritto di vivere in città decorose.

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