Spese del tetto in condominio, la verticalità non funziona più: ora pagano tutti, anche chi abita a piano terra
Un condomino prova a non pagare le spese per il rifacimento del tetto sostenendo di non trovarsi sotto la sua “verticale”. Il Tribunale lo boccia, applicando i principi della Cassazione: il tetto protegge l’intero edificio e le spese si dividono sempre per millesimi tra tutti i proprietari, inclusi quelli dei negozi e dei garage.
È uno dei momenti più temuti e conflittuali nella vita di un condominio: l’assemblea che delibera i costosi lavori di manutenzione straordinaria del tetto. E, puntuale come un orologio, arriva la classica obiezione del proprietario del piano terra o del negozio: “Perché dovrei pagare io per una copertura che sta sopra la testa di chi abita all’ultimo piano? Io non la uso!”. Questa argomentazione, spesso sostenuta con la presunta logica del “criterio di verticalità”, è una delle “leggende metropolitane” più radicate e legalmente infondate del diritto condominiale. Una recente sentenza del Tribunale di Torre Annunziata (la n. 1525 del 17 giugno 2025), ponendosi nel solco di una giurisprudenza granitica della Corte di Cassazione, ha ribadito un principio fondamentale e non negoziabile: il tetto è di tutti, la sua funzione è proteggere l’intero edificio e, di conseguenza,
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Il mito della ‘verticalità’, il tentativo fallito di creare un condominio ‘à la carte’
Il caso affrontato dal tribunale campano è emblematico. Un condomino aveva impugnato la delibera assembleare che ripartiva tra tutti i proprietari le spese per il rifacimento del tetto. La sua tesi era che, in base al terzo comma dell’articolo 1123 del Codice Civile, tali costi avrebbero dovuto essere addebitati esclusivamente ai proprietari degli appartamenti sottostanti alla porzione di tetto da riparare, secondo un principio di “proiezione verticale”. La norma citata, in effetti, prevede che se un bene comune è destinato a servire solo una parte dei condomini, le spese sono a carico solo di quel gruppo.
Questa argomentazione, tuttavia, rappresenta un tentativo di applicare un’eccezione a una situazione in cui vige la regola generale. È il tentativo di creare un “condominio à la carte”, dove ogni proprietario paga solo per ciò che percepisce come un beneficio diretto e immediato. Ma, come vedremo, questa logica si sgretola di fronte alla funzione essenziale e “solidale” delle parti strutturali di un edificio.
Il tetto è di tutti, la sua funzione ‘solidale’ a protezione dell’intero edificio
La risposta del Tribunale, basata su decenni di sentenze della Cassazione, è stata netta: il tetto non è un bene al servizio esclusivo dei piani alti. L’articolo 1117 del Codice Civile lo inserisce tra le parti comuni essenziali dell’edificio, come le fondamenta e i muri maestri. La sua funzione primaria non è quella di fare da “soffitto” all’attico, ma quella di coprire e proteggere l’intera struttura dagli agenti atmosferici e di garantirne l’integrità e la conservazione nel tempo.
La logica è semplice e inattaccabile. Un tetto che perde e che non viene riparato non causa danni solo all’appartamento dell’ultimo piano. Le infiltrazioni d’acqua, con il tempo, scendono lungo i muri maestri, danneggiano la stabilità delle facciate, compromettono gli impianti e, nei casi più gravi, possono arrivare a intaccare le fondamenta stesse dell’edificio. Il proprietario del negozio al piano terra o del garage al piano interrato ha quindi un interesse tanto quanto il proprietario dell’attico a mantenere il tetto in perfetta efficienza, perché il suo cedimento strutturale o il suo degrado comporterebbero un danno e una svalutazione per l’intero stabile, e quindi anche per la sua singola unità immobiliare.
Una regola e la sua eccezione, perché il tetto non è come le scale o l’ascensore
Per capire perché il criterio della verticalità non si applica al tetto, è utile vedere quando, invece, la ripartizione delle spese “per utilità” è corretta. L’eccezione prevista dal terzo comma dell’articolo 1123 si applica a quei beni che, per loro natura, servono solo una parte del condominio. Esempi classici sono:
- le scale e l’ascensore: in un edificio con più scale, è logico che i proprietari della scala A paghino la manutenzione della loro scala, e quelli della scala B della loro. Allo stesso modo, il proprietario del negozio al piano terra con un ingresso indipendente spesso non partecipa (o partecipa in misura minima) alle spese dell’ascensore che non utilizza mai;
- un’antenna centralizzata che serve solo una parte dell’edificio.
Il tetto, per la sua funzione unitaria e indivisibile di protezione, è strutturalmente diverso da questi esempi. Non serve “una parte” dell’edificio, ma la sua totalità.
La parola della Cassazione, una giurisprudenza granitica e senza dubbi
La decisione del Tribunale di Torre Annunziata non è un’interpretazione isolata, ma la pedissequa applicazione di un principio che la Corte di Cassazione ha ribadito in innumerevoli occasioni, creando una giurisprudenza “granitica”. Tra le tante sentenze, vale la pena ricordare alcuni punti fermi:
- anche quando i lavori riguardano solo una porzione limitata del tetto, le spese vanno comunque ripartite tra tutti i condomini, perché il tetto è considerato un bene unico e indivisibile (Cassazione, 3419/1977);
- i proprietari dei locali al piano terra o addirittura interrati (come cantine e garage) sono pienamente obbligati a contribuire alle spese del tetto, perché, pur non ricevendo una copertura diretta, beneficiano della sua funzione conservativa dell’intero stabile di cui sono comproprietari (Cassazione, 1430/2019).
Questa coerenza decennale da parte della Suprema Corte rende qualsiasi tentativo di impugnare una delibera su questa base un’azione legale dall’esito quasi certamente negativo.