Cellulari a scuola: spenti ma restano nello zaino

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Anno scolastico 2025/26: scatta il divieto di usare i cellulari in classe. Ma la maggior parte delle scuole li lascia semplicemente spenti negli zaini.

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Con l’avvio del nuovo anno scolastico 2025/26, che ha preso il via a Bolzano e vedrà rientrare 6,9 milioni di studenti entro il 16 settembre, entra in vigore una delle novità più discusse: lo stop all’utilizzo dei cellulari in classe, esteso anche alle scuole superiori. In questi giorni, i dirigenti scolastici sono impegnati nella complessa opera di aggiornamento dei regolamenti di istituto, documenti che devono mettere nero su bianco non solo le modalità di applicazione del divieto, ma anche il sistema di sanzioni

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per chi non rispetta le nuove disposizioni.

Come si stanno organizzando le scuole?

L’applicazione del divieto dei cellulari sta seguendo una linea pragmatica e omogenea su tutto il territorio nazionale. Sebbene qualche istituto si sia dotato di armadietti o apposite scatole per la custodia degli smartphone durante le lezioni, la soluzione prevalente è un’altra. La stragrande maggioranza delle scuole, dal Lazio alla Lombardia, passando per Toscana, Veneto ed Emilia Romagna, sta optando per una soluzione meno drastica: chiedere agli studenti di tenere i telefoni rigorosamente spenti all’interno degli zaini, sotto il banco o nelle giacche. Come spiega Cristina Costarelli, presidente dell’Anp Lazio e dirigente dell’Itis Galilei di Roma, la scelta di non utilizzare armadietti è dettata sia da ragioni di costo sia da questioni legate alla

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responsabilità per la consegna e la custodia dei dispositivi. La linea è quindi quella di accompagnare il divieto con una forte componente educativa, spiegando agli studenti le motivazioni dietro la nuova regola.

Quali sanzioni sono previste per chi trasgredisce?

Il sistema sanzionatorio è stato concepito per essere graduale. Si parte con misure leggere come la nota sul registro o l’ammonimento formale. In caso di violazioni ripetute o gravi, si potrà arrivare a veri e propri procedimenti disciplinari che possono culminare nella sospensione. Tuttavia, i dirigenti scolastici prevedono di applicare le regole con buonsenso. Specialmente nella fase iniziale di adozione del divieto, ci sarà una “piccolissima tolleranza”, non scritta nei regolamenti ma applicata nei fatti per consentire un adattamento progressivo alla nuova normalità.

Qual è l’obiettivo educativo di questa misura?

Secondo diversi dirigenti scolastici, soprattutto in Emilia Romagna, la scelta di far tenere i cellulari spenti e lontani dalla vista ha uno scopo pedagogico ben preciso. L’intento è quello di aiutare ragazze e ragazzi a recuperare la capacità di

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attenzione e concentrazione durante le ore di lezione. Non solo, si spera che l’assenza dello smartphone possa favorire una maggiore cooperazione tra compagni. L’auspicio più grande riguarda i momenti di pausa e gli intervalli: senza la distrazione dei dispositivi, si spera che gli studenti possano riscoprire la socialità reale, il dialogo e l’interazione diretta. Del resto, secondo un sondaggio di Swg, Kpmg e Ministero, il 58% dei giovani tra i 18 e i 34 anni si dichiara favorevole al divieto.

Esistono problemi aperti o posizioni critiche?

Il divieto generalizzato apre un fronte di dibattito non indifferente. Molti dirigenti scolastici, infatti, sottolineano la necessità di avviare una riflessione seria sull’uso dei cellulari per finalità didattiche. Negli ultimi anni, grazie anche ai cospicui fondi del PNRR, un numero crescente di docenti ha seguito percorsi di formazione di alta qualità sulle competenze digitali. Questi insegnanti sono ora pronti a sperimentare nuove metodologie didattiche che, paradossalmente, spesso richiedono proprio l’uso di smartphone o altri dispositivi personali da parte degli studenti. La nuova norma rischia quindi di entrare in conflitto con l’innovazione didattica che le stesse istituzioni hanno promosso e finanziato. Una contraddizione che, per ora, resta irrisolta.

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