Bonifici: dal 9 ottobre nasce l’economia del nome (e cambiano anche le truffe)

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Dal 9 ottobre la verifica del beneficiario. Ma dietro la lotta alle truffe si cela il rischio di scaricare la responsabilità finale sui correntisti.

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La chiamano una rivoluzione, un “big bang” per la sicurezza dei pagamenti tramite bonifico bancario. Ma dietro la cortina di fumo del marketing bancario, l’introduzione obbligatoria della verifica del beneficiario per i bonifici istantanei e ordinari, prevista dal Regolamento Ue 2024/886, rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio per i consumatori. Se da un lato si promette una barriera contro le truffe, dall’altro si sta costruendo un meccanismo perfetto per scaricare sui clienti la responsabilità finale in caso di frode. Le banche, dopo decenni di colpevole inerzia su un sistema di pagamento insicuro, presentano oggi come una conquista una funzione che avrebbe dovuto essere la normalità, preparando il terreno per un nuovo paradigma in cui, a fronte di un clic di conferma, il rischio diventerà quasi esclusivamente un problema del correntista.

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Cosa cambia davvero per i nostri soldi dal 9 ottobre?

A partire dal prossimo 9 ottobre 2025, ogni volta che disporremo un bonifico, il sistema della nostra banca dialogherà in tempo reale con quello del destinatario per verificare la corrispondenza tra il codice IBAN e il nome del beneficiario. Questo servizio, denominato “Verification of Payee” (VoP), verrà notificato al cliente, che riceverà un alert: corrispondenza trovata, corrispondenza parziale o nessuna corrispondenza. Fin qui, la narrazione ufficiale parla di un enorme passo avanti per la sicurezza.

Con la “Verification of Payee” il nome smette di essere un campo compilato distrattamente e diventa un asset: se è incoerente con l’IBAN, il denaro non parte. Risultato: imprese con marchi diversi dalla ragione sociale dovranno riallineare nomenclature; professionisti che usano nickname o sigle nei preventivi rischiano frizioni alla cassa; associazioni con conti intestati al tesoriere dovranno aggiornare la comunicazione.

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La domanda critica da porsi, però, è un’altra: perché per decenni il sistema bancario europeo ha permesso che miliardi di euro venissero trasferiti basandosi unicamente su una stringa alfanumerica, l’IBAN, senza il più elementare controllo sull’identità del ricevente? Quella che oggi viene venduta come una straordinaria innovazione non è altro che la tardiva e scandalosa correzione di una falla sistemica tollerata per troppo tempo. Il vero cambiamento non è tanto l’aumento della sicurezza, quanto la formalizzazione di un nuovo passaggio di consenso esplicito da parte del cliente, un passaggio che avrà implicazioni legali ed economiche tutt’altro che trascurabili.

Questa ‘verifica’ è una garanzia totale contro le truffe?

Il sistema di verifica del beneficiario è efficace contro gli errori di battitura o le frodi più elementari. Ma è del tutto impotente di fronte alle truffe più sofisticate, come quelle basate sull’ingegneria sociale (phishing, smishing, vishing). Un truffatore abile, infatti, non fornirà un IBAN a caso, ma l’IBAN di un conto a lui riconducibile o di un “prestanome”, fornendo alla vittima il nome esatto associato a quel conto. A quel punto, il sistema di verifica della banca darà esito positivo: “Corrispondenza trovata”. L’utente, rassicurato dal messaggio della propria banca, procederà con il pagamento, autorizzando di fatto il trasferimento dei propri soldi nelle mani del criminale. In uno scenario del genere, quale sarà la linea difensiva della banca? Semplice: “Noi ti abbiamo fornito lo strumento di verifica, il controllo ha dato esito positivo e tu hai confermato esplicitamente l’operazione. La responsabilità è tua”.

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Le truffe si spostano: dagli IBAN rubati ai nomi clonati

La VoP stronca l’errore di digitazione e molte frodi da IBAN dirottato. Ma apre un nuovo fronte: “look-alike naming”. I criminali potrebbero registrare società con nomi gemelli o quasi identici al destinatario atteso per sfruttare i match “simili”. Nuovi strumenti di difesa: liste bianche personali (beneficiari fidati), QR code firmati dal fornitore, reputazione pubblica dei nomi pagabili.

Privacy: il saldo no, ma l’identità sì

Per consentire il controllo, il sistema deve confermarti il nome legato a quell’IBAN. È un plus di sicurezza, ma espone nuove superfici: pagamenti tra privati, donazioni, abbonamenti a servizi sensibili potrebbero esporre denominazioni non desiderate. Le piattaforme dovranno curare informative privacy, alias legali e opt-out per casi particolari (ad es. cambi di nome, vittime di violenza, persone trans che non vogliono esporre il deadname).

Perché le banche spingono tanto sui bonifici digitali?

L’introduzione di questa nuova funzionalità si inserisce in una strategia molto più ampia e aggressiva da parte degli istituti di credito: la migrazione forzata di tutta la clientela verso i canali digitali. I dati parlano chiaro: il costo di un

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bonifico istantaneo online è stato equiparato a quello ordinario, con molte banche digitali che lo offrono gratuitamente. Ma la vera cartina di tornasole sono i costi allo sportello. Mentre un’operazione online può costare da zero a 2,75 euro con UniCredit, la stessa operazione fatta in filiale con la stessa banca può costare fino a 8,75 euro. Un vero e proprio salasso. Questa non è una semplice differenza di prezzo, è una politica deliberata. Da un lato, si offre il “contentino” della nuova sicurezza digitale per rendere il canale online più appetibile. Dall’altro, si applicano tariffe punitive e vessatorie per chiunque osi ancora recarsi in filiale. L’obiettivo è tagliare i costi del personale e delle strutture fisiche, esternalizzando di fatto il lavoro sugli utenti stessi. Il sistema VoP diventa così un altro tassello per rendere l’home banking l’unica via praticabile, a discapito delle fasce di popolazione meno digitalizzate, come gli anziani, che si vedono costrette a pagare un prezzo esorbitante per servizi essenziali.
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Chi paga il prezzo di questa modernizzazione forzata?

Il conto di questa presunta rivoluzione, come sempre, rischia di essere presentato al consumatore. Il prezzo verrà pagato su due fronti. Il primo è quello della responsabilità: il cliente si troverà con uno strumento di sicurezza in più, ma anche con un onere della prova enormemente più gravoso in caso di truffe complesse. Quell’alert di “corrispondenza trovata” diventerà il miglior alleato legale delle banche. Il secondo fronte è quello economico e sociale: la spinta verso il digitale, accelerata da queste nuove implementazioni, continuerà a marginalizzare chi non ha le competenze o gli strumenti per operare online, costringendolo a subire commissioni insostenibili per le operazioni più banali. La “fiducia” che il sistema bancario dice di voler consolidare appare così come una fiducia a senso unico: quella che le banche ripongono nella possibilità che i clienti si assumano tutti i rischi e i costi di un’innovazione che giova, prima di tutto, ai loro bilanci.

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