Intelligenza artificiale, obbligo di informare i clienti: ecco la riforma

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La riforma delle professioni e la nuova legge sull’AI impongono regole: il professionista deve informare il cliente e resta l’unico responsabile. Formazione obbligatoria.

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Mentre la riforma delle professioni inizia il suo percorso parlamentare, una rivoluzione tecnologica sta già trasformando le attività lavorative: l’intelligenza artificiale. Il disegno di legge delega varato dal Governo non ignora questa sfida, ma la affronta direttamente, creando un quadro normativo che si lega a doppio filo con la nuova legge italiana sull’AI (la n. 132/2025, in vigore dal prossimo 10 ottobre) e con i principi del recente regolamento europeo in materia.

L’obiettivo è chiaro: sfruttare le enormi potenzialità dell’AI per migliorare efficienza e qualità, ma al tempo stesso blindare la responsabilità, l’etica e il rapporto fiduciario tra il professionista e il cliente.

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La nuova legge sull’AI: il lavoro intellettuale deve restare prevalente

A fissare i paletti fondamentali è l’articolo 13 della nuova legge sull’intelligenza artificiale, che tocca direttamente il cuore delle professioni intellettuali. Il primo comma stabilisce un principio cardine: l’uso dell’AI è consentito solo come supporto all’attività professionale, e deve sempre rimanere prevalente il lavoro intellettuale svolto dal singolo professionista. In altre parole, un iscritto a un albo potrà usare l’AI per analizzare dati o velocizzare processi, ma la prestazione finale resterà sempre e comunque imputabile alla sua competenza e responsabilità personale.

Per salvaguardare il rapporto fiduciario con il cliente, il secondo comma introduce un tassativo obbligo di trasparenza. Il professionista avrà l’onere di comunicare in modo chiaro, semplice ed esaustivo quali sistemi di intelligenza artificiale sono stati eventualmente utilizzati nello svolgimento dell’incarico.

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Questi principi, peraltro, sono in linea con quelli contenuti nei “Considerando” del regolamento (UE) 2024/1689. Sebbene non giuridicamente vincolanti, queste premesse offrono una chiave interpretativa di cui la giurisprudenza, con ogni probabilità, terrà conto nelle future decisioni in materia.

Professioni e intelligenza artificiale: la riforma impone trasparenza e responsabilità, il professionista resta centrale

Come la riforma traduce i principi in regole per gli ordini professionali

Il disegno di legge di riforma delle professioni traduce questi principi generali in regole concrete che i singoli Ordini saranno chiamati ad applicare.

Un punto fondamentale riguarda i codici deontologici. La riforma affida ai Consigli nazionali la competenza esclusiva di aggiornarli, introducendo l’obbligo di inserire norme specifiche per garantire che le prestazioni, anche se svolte con l’ausilio dell’AI, siano sempre il frutto della professionalità dell’iscritto.

Di pari passo va la formazione continua. Il Ddl prevede che i regolamenti formativi introducano un

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numero minimo di ore obbligatorie dedicate all’uso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale. L’obiettivo non è solo insegnare a usare gli strumenti, ma anche a comprenderne i rischi, inclusi quelli di natura etica e legati alla responsabilità.

La riforma tocca anche il tema delicato dell’equo compenso. L’uso dell’AI rischia di far percepire come ridotto il valore di una prestazione parzialmente automatizzata. Il principio dell’equo compenso, inserito nella riforma, assume quindi la funzione di garanzia per il valore del lavoro intellettuale, assicurando che la parcella resti proporzionata alla qualità e alla complessità dell’incarico, indipendentemente dagli strumenti usati.

Infine, viene rafforzato l’obbligo di stipulare polizze assicurative sulla responsabilità civile. La regola non è nuova, ma assume un’importanza capitale nel contesto dell’AI. Se un errore dannoso per il cliente deriva dall’uso di un sistema di intelligenza artificiale, la responsabilità rimane comunque in capo al professionista

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. La polizza diventa quindi uno strumento indispensabile, e la riforma prevede che Consigli nazionali e Casse di previdenza possano stipulare convenzioni collettive per negoziare coperture adeguate ai nuovi rischi.

Il caso specifico degli avvocati: le linee guida europee e nazionali

La professione legale è tra quelle in cui l’adozione dell’AI sta crescendo più rapidamente, con strumenti avanzati per l’analisi di dati giuridici, la ricerca di precedenti e la redazione di atti.

Sul tema si è già espresso il Consiglio degli Ordini forensi europei (Ccbe) con apposite linee guida. Secondo il Consiglio, l’avvocato deve essere in grado di comprendere il funzionamento e i limiti degli strumenti AI che utilizza, valutarne la qualità dei dati e assicurarsi che siano conformi alle norme sulla privacy. Questa responsabilità si estende anche ai fornitori esterni di servizi AI.

Anche il Consiglio nazionale forense (Cnf) ha formulato raccomandazioni per un uso etico e responsabile dell’AI, sottolineando l’obbligo di informare i clienti sull’impiego di tali tecnologie e il dovere di mantenersi costantemente aggiornati attraverso una formazione qualificata.

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