Recupero crediti, ora lo fa l'avvocato senza giudice
Passa al Senato la riforma che affida al legale del creditore l’avvio dell’esecuzione. Adusbef: “A rischio il diritto di difesa dei consumatori”.
Una vera e propria rivoluzione copernicana nel campo del recupero crediti che rischia di avere effetti sociali insidiosi. Il disegno di legge 978, dopo aver superato il vaglio della Commissione Giustizia del Senato, introduce una procedura che snellisce drasticamente i tempi per i creditori, ma solleva forti perplessità sul fronte della tutela dei debitori. La novità principale consiste nella possibilità per l’avvocato di parte di emettere una intimazione ad adempiere che, in assenza di opposizione entro 40 giorni, diventa titolo esecutivo al pari di una sentenza. Un meccanismo che bypassa il controllo preventivo di un giudice, scatenando le critiche delle associazioni dei consumatori come l’
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La procedura attuale: il ruolo centrale del giudice
Attualmente, chi vanta un credito deve percorrere una strada ben definita. La procedura oggi in vigore, nota come procedimento monitorio, prevede che il creditore, tramite il suo avvocato, presenti un ricorso a un giudice civile, onorario o togato. È il magistrato a dover verificare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge (articolo 633 del codice di procedura civile), come la presenza di prove scritte del credito. Solo dopo questa verifica, il giudice emette il decreto ingiuntivo, un ordine di pagamento formale notificato al debitore. Si tratta, come sottolineato nella relazione al Ddl, di un controllo spesso documentale, ma che rappresenta una garanzia fondamentale di terzietà.
Cosa cambia con il Ddl 978: l’avvocato emette il titolo esecutivo
Il disegno di legge 978 scardina questo impianto. La riforma affida direttamente all’avvocato del creditore il potere di notificare un’intimazione ad adempiere. Questo atto, se non opposto dal debitore entro il termine di quaranta giorni, acquista automaticamente efficacia esecutiva. In pratica, diventa un titolo valido per avviare pignoramenti e altre azioni di recupero forzato, senza che un giudice abbia mai esaminato preventivamente la fondatezza della pretesa. L’obiettivo dichiarato è accelerare le procedure e ridurre il carico di lavoro dei tribunali, ma le implicazioni sono profonde, trasferendo di fatto una funzione tipicamente giurisdizionale nelle mani di un legale di parte.
Le critiche dell’Adusbef: consumatori a rischio
Le associazioni a tutela dei consumatori sono sul piede di guerra. Antonio Tanza, presidente di Adusbef(associazione degli utenti dei servizi bancari e finanziari), evidenzia i pericoli di questa nuova impostazione. “Il primo profilo è comunicativo-garantistico”, spiega Tanza. Un atto così incisivo, proveniente da un avvocato e redatto con un linguaggio tecnico simile a quello di un provvedimento giudiziario, “rischia di generare nel destinatario l’apparenza di un provvedimento dell’autorità”. Questa confusione, secondo l’associazione, potrebbe indurre il debitore a pagare anche quando il credito è contestabile, per timore di conseguenze immediate, precludendo di fatto il suo
Le contromisure proposte per garantire equilibrio
Per evitare una deriva che schiacci i diritti dei soggetti più deboli, la stessa Adusbef avanza una serie di proposte correttive. Si chiede di agire sulla forma dell’atto di intimazione, prevedendo un frontespizio obbligatorio scritto in “linguaggio piano e ben visibile” che chiarisca in modo inequivocabile che non si tratta di un atto del giudice e che il destinatario ha quaranta giorni per opporsi.
Tra le altre garanzie richieste vi sono l’indicazione obbligatoria del foro competente del debitore e l’allegazione di un “pacchetto informativo” con una guida ai possibili rimedi e riferimenti a sportelli di assistenza. Infine, si propone di introdurre una “valvola” di sicurezza, ovvero una possibilità di opposizione tardiva per far valere, ad esempio, la presenza di clausole abusive o pratiche commerciali scorrette, con sospensione automatica dell’esecuzione. Misure pensate per trasformare un atto percepito come una minaccia in uno strumento di informazione trasparente e per riequilibrare una procedura che, altrimenti, rischia di favorire in modo sproporzionato la parte creditrice.