Rottamazione cartelle per pochi: beffa per chi sperava di cancellare i debiti col fisco
La nuova rottamazione esclude multe, IMU, TARI e chi è in vera difficoltà. Una sanatoria di facciata che lascia fuori milioni di contribuenti.
Sotto il titolo rassicurante di “pacificazione fiscale“, il Governo si appresta a varare un provvedimento che assomiglia più a un’operazione di élite che a un reale sostegno di massa. La nuova rottamazione delle cartelle, fiore all’occhiello annunciato della manovra, si rivela a un’analisi più attenta una misura estremamente selettiva, una rete a maglie strettissime destinata a lasciare fuori la stragrande maggioranza dei contribuenti in difficoltà. Mentre si offre una via d’uscita dorata, con rate fino a nove anni, a una specifica categoria di debitori, si chiude la porta in faccia a milioni di cittadini e piccole imprese schiacciati da
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Chi viene escluso dalla nuova rottamazione?
La lista degli esclusi è lunga e, paradossalmente, comprende proprio le categorie di debito più diffuse e che più pesano sulle finanze delle famiglie italiane. Il primo, invalicabile, paletto è la natura del debito: la definizione agevolata riguarderà esclusivamente i carichi affidati all’agente della riscossione fino al 31 dicembre 2023 che derivano da avvisi bonari. Questo significa che il beneficio è riservato solo a chi ha presentato la
Ma il vero muro viene eretto contro i debiti verso gli enti locali. Saranno categoricamente escluse dalla sanatoria tutte le multe per infrazioni al Codice della Strada. Una doccia fredda per milioni di automobilisti che si sono visti notificare verbali e che speravano in una via d’uscita. Allo stesso modo, non ci sarà alcuna agevolazione per i tributi di competenza di Comuni, Province e Regioni: restano fuori l’IMU sulla casa, la TARI (la tassa sui rifiuti che grava pesantemente sui bilanci familiari e aziendali) e qualsiasi altra imposta o tassa locale. La scelta di escludere questo enorme bacino di debito significa ignorare la realtà quotidiana di milioni di persone, per le quali sono proprio queste le cartelle più difficili da onorare.
Perché questa scelta taglia fuori chi è in maggiore difficoltà?
La decisione di concentrarsi solo sugli avvisi bonari relativi a imposte dirette e IVA risponde a una logica di cassa e di semplicità amministrativa, ma tradisce completamente lo spirito di una “pace fiscale”. I debiti derivanti da mancati versamenti di imposte dichiarate appartengono spesso a professionisti, imprese o contribuenti con un minimo di struttura fiscale. Al contrario, le multe, la TARI o un IMU non pagato sono debiti che colpiscono in modo trasversale e spesso più duro le fasce di popolazione con minore capacità economica o chi si trova in un momento di difficoltà imprevista.
Un cittadino che ha perso il lavoro, un pensionato con la minima, una piccola attività commerciale che lotta per la sopravvivenza: sono questi i soggetti più esposti al debito con il proprio Comune. Per loro, una multa non pagata o una rata della TARI saltata possono innescare una spirale di interessi e sanzioni che diventa insostenibile. Escluderli dalla
Quali sono le condizioni per i pochi “fortunati” ammessi?
Per la ristretta cerchia di contribuenti che riuscirà a passare attraverso le maglie della selezione, le condizioni appaiono indubbiamente vantaggiose. La sanatoria permetterà di estinguere il debito versando solo l’importo originario, con la cancellazione totale di sanzioni e interessi. Il piano di rateizzazione è eccezionalmente lungo, esteso fino a un massimo di nove anni, con pagamenti strutturati in 54 rate bimestrali. La soglia di tolleranza per non perdere il beneficio è fissata al mancato pagamento di due rate anche non consecutive.
Tuttavia, anche per questi “eletti” ci sono dei nodi da sciogliere che potrebbero complicare l’accesso. Sul tavolo della discussione c’è ancora l’ipotesi di una
Qual è il vero obiettivo di questa “pace fiscale”?
Di fronte a un perimetro così ristretto e a così tante esclusioni, è lecito chiedersi quale sia il reale scopo di questa operazione. Più che una “pacificazione fiscale” di ampio respiro, sembra un intervento mirato a “ripulire” il magazzino della riscossione da una specifica tipologia di crediti, quelli considerati più facilmente recuperabili. È un’operazione che serve a fare cassa nel breve periodo, grazie soprattutto alla fee d’ingressoe alle prime rate, piuttosto che a risolvere il problema sociale del sovraindebitamento.
La scelta di escludere i tributi locali, inoltre, serve al Governo per non entrare in conflitto con i Comuni, i cui bilanci dipendono in modo vitale da queste entrate. Ma questa scelta scarica il peso politico e sociale interamente sui sindaci e, in ultima analisi, sui cittadini. Si crea così una profonda ingiustizia territoriale e sociale: lo Stato “perdona” i debiti verso sé stesso (o almeno una parte di essi), ma lascia che i suoi cittadini continuino a essere perseguitati per i debiti verso la propria comunità locale. È una pace fiscale a metà, che suona come una beffa per chi si vedrà negare ogni aiuto, pur trovandosi in condizioni di difficoltà identiche, se non peggiori, di chi verrà ammesso al beneficio.