Assegno di mantenimento all’ex moglie: nuove regole
Dopo ventisette anni, la Cassazione supera l’orientamento sul mantenimento che collegava la misura dell’assegno in favore del coniuge debole al parametro del tenore di vita matrimoniale.
Rivoluzione in materia di assegno di mantenimento all’ex moglie (o, anche se più raramente, al marito). Con una sentenza del 2017 la Cassazione [1] ha cambiato le regole sulla quantificazione del mantenimento, superando un orientamento che ormai teneva da diverse decine di anni. L’assegno in favore del coniuge più “povero”, da oggi, non sarà più determinato in base al tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio, ma in base «all’indipendenza o autosufficienza economica» dell’ex coniuge che lo richiede. A comunicarlo è la stessa Cassazione con una nota indirizzata alla stampa, a testimonianza della svolta storica che il nuovo orientamento rappresenta. Ma che significa nei fatti? Cerchiamo di capire, alla luce della sentenza della Cassazione,
Che in materia di assegno di mantenimento all’ex moglie fosse necessario una riforma radicale si sentiva già nell’aria. Sarà la crisi, il fatto che le famiglie sono sempre più povere e che un solo reddito è insufficiente per mantenere l’intero nucleo, o che l’età lavorativa si è allungata, da qualche anno i giudici hanno sposato un orientamento sempre meno garantista per l’ex coniuge che chiede l’assegno di mantenimento (leggi sul punto Niente più assegno di mantenimento alla donna separata e Addio mantenimento all’ex moglie che può lavorare).
È un lavoro sporco, ma qualcuno lo deve fare, avrà pensato la Cassazione; così, se non ci pensa il legislatore sarà bene che se ne occupino i giudici. Così, con la sentenza di questa mattina, la prima sezione civile della Cassazione ha superato il precedente consolidato orientamento che collegava la misura dell’assegno al parametro del «tenore di vita matrimoniale». Parametro che da oggi non varrà più. In altri termini, l’assegno – che riveste sempre natura assistenziale – non dovrà essere quantificato in modo tale da garantire al coniuge più debole il medesimo tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio, cosa peraltro impossibile da realizzare visto che, con la separazione, i costi e le spese vive della famiglia raddoppiano (doppie utenze, doppio affitto, doppie tasse, ecc.).
Ma allora come verrà determinato da oggi l’assegno di mantenimento? Il parametro sarà l’indipendenza o l’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Che significa in termini pratici? Che conterà il reddito che quest’ultimo già ha o che è in grado di procurarsi sulla base della propria età, capacità di lavorare e formazione. Il che non è altro che la conseguenza dell’orientamento sposato, in questi ultimi anni, dai supremi giudici: ossia che non basta dimostrare la propria debolezza economica per ottenere l’assegno di mantenimento, ma anche di non essere in grado di mantenersi trovando un nuovo lavoro o per avere un’età avanzata ed essersi sempre dedicati alla famiglia.
Per un approfondimento leggi Addio mantenimento a chi può mantenersi da solo.
Il nuovo parametro per calcolare l’assegno di mantenimento viene individuato nel raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente: se quest’ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non ha più diritto, da oggi in poi, ad ottenere l’assegno di mantenimento. E quanto del resto avviene già con
È del resto il principio di autoresponsabilità economica a governare l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno di mantenimento. Il semplice stato di disoccupazione, quindi, non rileva più per ottenere il mantenimento se risulta che il richiedente è comunque rimasto inerte e non ha fatto nulla per procurarsi un’occupazione. Ebbene, tale principio di autoresponsabilità vale anche per il divorzio in quanto è frutto di scelte definitive che ineriscono alla dimensione della libertà della persona ed implicano per ciò stesso l’accettazione da parte di ciascuno degli ex coniugi – irrilevante, sul piano giuridico, se consapevole o no – delle relative conseguenze economiche.
Tutto più difficile, dunque, per chi vorrà l’assegno di mantenimento. E da ora innanzi, probabilmente, separazioni e divorzi troveranno forse una soluzione più pacifica.
Ma attenzione: per evitare sperequazioni in favore delle donne che hanno investito una vita nella famiglia, a badare al ménage domestico, per accudire i figli e badare alla casa, le Sezioni Unite della Cassazione [2] hanno apportato un correttivo alle regole appena indicate. In buona sostanza il giudice, nel determinare l’assegno di mantenimento all’ex moglie dovrà anche considerare del ruolo che questa ha avuto in casa, contribuendo con il proprio lavoro domestico ad arricchire il patrimonio familiare e del marito. E questo perché se la donna ha fatto la casalinga, il marito ha potuto dedicarsi alla carriera, così aumentando il proprio stipendio. A questo incremento di ricchezza l’ex moglie deve partecipare. Ecco perché da oggi la casalinga ha più possibilità di ottenere l’assegno divorzile rispetto invece a colei che ha continuato a lavorare.