Espropriazione forzata: il fisco interviene senza cartelle
Non c’è bisogno della notifica della cartella esattoriale per consentire ad Agenzia Entrate Riscossione di intervenire in una procedura esecutiva avviata da un altro creditore.
Chi non conosce le regole del processo esecutivo deve sapere che, se un creditore avvia un’espropriazione contro un debitore, a quel procedimento possono partecipare anche altri creditori con la speranza di soddisfarsi sull’eventuale ricavato dalla vendita. In buona sostanza avviene più o meno questo: c’è un creditore, detto «procedente», che avvia gli atti e mette in vendita uno o più beni del debitore; il ricavato verrà destinato a soddisfare il suo credito. Se però, nella stessa procedura, dovessero inserirsi altri creditori, nel caso in cui dovesse residuare altro denaro dopo l’assegnazione delle somme al creditore procedente, esso verrebbe distribuito tra tutti gli altri creditori intervenuti. In questo modo si tende a realizzare, in un’unica procedura di pignoramento, gli interessi di più soggetti. Chiaramente, tutti i creditori che intervengono devono mostrare il proprio diritto e, quindi, dei documenti “ufficiali” atti a confermarlo. Che succede, però, se il creditore dovesse essere
Il contribuente viene a sapere del debito con l’erario o con la pubblica amministrazione (Comune, Regione, Inps, ecc.) non già tramite la notifica della cartella di pagamento – che è solo l’ultimo anello della catena – ma con il cosiddetto «atto presupposto», ossia l’accertamento o l’intimazione di pagamento che la stessa P.A. gli invia. Quindi, non è corretto ritenere – come molti credono – che solo con la cartella di pagamento nasce ufficialmente il debito del cittadino; questa, al contrario, serve unicamente per preannunciare l’esecuzione forzata e, quindi, il rischio di un pignoramento. È – in gergo tecnico – un atto che racchiude in sé sia la funzione del titolo esecutivo che del precetto. Tanto è vero che fare una donazione, una vendita o un fondo patrimoniale prima che venga notificata la cartella esattoriale non esclude la possibilità per il fisco di chiedere la revocatoria, essendo già maturato il proprio credito con l’inadempimento da parte del contribuente.
Detto ciò, vediamo quando e come l’Agenzia delle Entrate Riscossione può partecipare all’esecuzione forzata avviata da altri creditori. Se, ad esempio, una banca dovesse mettere in vendita – per mancato pagamento del mutuo – l’immobile del cliente ipotecato, l’Esattore potrebbe certamente inserirsi nella procedura. Anzi, questo è uno dei casi in cui non opera più il divieto di pignoramento della prima casa: divieto che funziona solo quando il creditore procedente – quello cioè che avvia l’espropriazione – è l’Agente della riscossione e non un altro privato. Quindi, fermo restando che sulla prima casa il fisco non può mettere in moto la procedura di pignoramento, ciò non toglie che possa invece partecipare a quella intrapresa da altri soggetti.
Tornando alla sentenza di ieri della Cassazione, secondo i giudici l’Agenzia delle Entrate Riscossione può intervenire nell’espropriazione forzata contro il contribuente anche senza aver prima notificato la cartella di pagamento. La cosa esenzione è l’esistenza del «titolo» ossia del ruolo; in pratica l’Esattore deve essere già stato delegato, dall’ente titolare del credito, di “fare gli atti” al debitore.
«Un tema di espropriazione forzata – scrive la Suprema Corte – presupposto dell’intervento dei creditori nella procedura è l’esistenza di un titolo esecutivo (costituito dal ruolo, per i crediti azionati dall’Agente della riscossione), non la notificazione di esso né la intimazione di un precetto (ovvero, per i crediti azionati dall’Agente della riscossione, la notificazione della cartella di pagamento)». Pertanto non può fare opposizione il debitore esecutato contro l’intervento spiegato dall’Esattore in una procedura espropriativa ordinaria deducendo vizi di invalidità della cartella di pagamento.