Guida in stato di ebbrezza: come non macchiare la fedina penale

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Come evitare l’iscrizione della condanna nel certificato del casellario giudiziale accettando i lavori di pubblica utilità al posto dell’arresto.

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Mettersi alla guida della propria auto dopo aver bevuto è un comportamento pericoloso per l’incolumità propria e degli altri utenti della strada. Ma non solo: la guida in stato di ebbrezza è anche un reato punito con l’arresto e l’ammenda. Per questo particolare illecito, la legge consente al colpevole di ottenere la conversione della pena detentiva e pecuniaria finale con quella del lavoro di pubblica utilità. Il vantaggio di questa scelta è quella di ottenere l’estinzione del reato. A tal proposito, una recente sentenza della Corte Costituzionale ha finalmente chiarito

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come non macchiare la fedina penale per guida in stato di ebbrezza.

La Consulta, con la sentenza che di qui a un istante analizzeremo, ha specificato che colui che si è messo alla guida dopo aver alzato il gomito può salvare la propria fedina penale dalla macchia che rimarrebbe nel caso di condanna, se accetta di prestare un’attività non retribuita a favore della collettività.

Insomma: secondo la Corte Costituzionale, guidare ubriachi potrebbe non macchiare la fedina penale. Ma solo alla condizione che si accettino i lavori di pubblica utilità in luogo dell’arresto o dell’ammenda. Analizziamo nel dettaglio questi aspetti.

Guida sotto l’influenza dell’alcol: quando è reato?

Quando scatta il reato di guida in stato di ebbrezza? È la legge a stabilirlo, fissando tre soglie diverse in base alla quantità di alcol presente nel sangue del guidatore.

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Per la precisione, se il tasso alcolemico rilevato è compreso tra 0,5 e 0,8g/l, si configura solo un illecito amministrativo: il trasgressore è punito con una sanzione pecuniaria che va da 532 a 2.127 euro; a ciò si aggiunge la sospensione della patente di guida da tre a sei mesi.

Se il tasso alcolemico si assesta tra 0,8 g/l e 1,5 g/l le sanzioni sono:

Qualora il tasso alcolemico risulti superiore a 1,5 g/l, si avrà:

Lavori di pubblica utilità: cosa sono?

La legge consente alla persona condannata per guida in stato di ebbrezza di scegliere di commutare la propria condanna all’arresto o all’ammenda nella pena dei

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lavori di pubblica utilità.

Questa possibilità è però concessa solamente se la guida in stato di ebbrezza non abbia causato un sinistro stradale e soltanto per una volta: nel caso di nuova incriminazione per lo stesso reato, dunque, non sarà possibile chiedere nuovamente l’accesso ai lavori di pubblica utilità.

La legge dice che la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.

Lavori pubblica utilità: come si calcola la durata?

Il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria, ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità. Facciamo un esempio.

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Tizio viene condannato per guida in stato di ebbrezza alla pena di sei mesi d’arresto e 1.500 euro di ammenda. Se presta il consenso a svolgere i lavori di pubblica utilità in luogo della condanna, la durata di tale prestazione lavorativa gratuita sarà pari a sei mesi (durata dell’arresto) e sei giorni (1.500/250 = 6).

Lavoro di pubblica utilità: estinzione del reato

Perché una persona condannata per guida in stato di ebbrezza dovrebbe scegliere di convertire la propria pena in quella dei lavori di pubblica utilità? La risposta è molto semplice: perché così facendo può ottenere l’estinzione del reato.

Secondo la legge, in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato. Ma non solo: nel caso di esito positivo, dispone anche la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato.

Al contrario, in caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, il giudice, a richiesta del pubblico ministero o di ufficio, tenuto conto dei motivi, della entità e delle circostanze della violazione, dispone la

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revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della misura di sicurezza della confisca.

Lavori di pubblica utilità: la fedina penale si macchia?

Di norma, ogni condanna penale viene iscritta all’interno del certificato del casellario giudiziale, macchiando così la fedina penale. In pratica, la condanna risulta visibile all’interno del certificato penale del condannato, con possibili pregiudizi anche nel mondo del lavoro.

Ebbene, con una recente sentenza la Corte Costituzionale [2] ha dichiarato illegittima la mancata previsione della non menzione nei certificati del casellario chiesti dall’interessato, dei provvedimenti concernenti la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, applicabile in caso di condanna per guida sotto l’influenza dell’alcool e, più in particolare, della sentenza che dispone tale sanzione e del successivo provvedimento che dichiara estinto il reato in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità.

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In pratica, d’ora in avanti tutti coloro che verranno sorpresi a guidare dopo aver bevuto potranno “salvare” la propria fedina penale anche in caso di condanna, se accetteranno di convertire la pena detentiva e pecuniaria in quella dei lavori di pubblica utilità (alla condizione, ovviamente, che abbiano buon fine).

Secondo la Corte Costituzionale, una volta che il reato si sia estinto per effetto del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, che testimonia il percorso rieducativo compiuto dal condannato, la menzione nei certificati del casellario richiesti dall’interessato della vicenda processuale ormai definita contrasterebbe con la dichiarazione di estinzione del reato, che comporta normalmente l’esclusione di ogni effetto pregiudizievole (anche in termini reputazionali) a carico del condannato.

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