Con uno stipendio di 1500 euro quanto devo di mantenimento?
Se la moglie è disoccupata e ha difficoltà nel cercare lavoro, a quanto ammonta l’assegno di mantenimento?
Un nostro lettore ci chiede: «Con uno stipendio di 1500 euro quanto devo di mantenimento?».
Non esiste un criterio matematico per calcolare in anticipo l’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge. Il giudice deve fare una serie di valutazioni, prima tra tutte l’esistenza di una sproporzione economica tra marito e moglie e, in secondo luogo (ma non meno importante), l’incolpevole incapacità a mantenersi da parte del richiedente (di solito, la moglie). Questo significa che pure in presenza di un netto divario economico tra i due coniugi, se il richiedente è comunque autosufficiente o se non lo è per sua colpa (come nel caso di una giovane donna disoccupata ma con una formazione alle spalle), allora non viene riconosciuto alcun mantenimento.
Nonostante la genericità della legge e la pluralità di parametri che possono influenzare la decisione del tribunale, è possibile stabilire quale è il mantenimento con uno stipendio di 1500 euro sulla base delle precedenti pronunce pubblicate dalla giurisprudenza e, in particolare, della Cassazione. Di tanto parleremo meglio qui di seguito.
Leggi anche “Quanto devo pagare di mantenimento?“.
Indice
Come si calcola il mantenimento all’ex?
Il mantenimento spetta solo se sussistono tutte queste condizioni:
- vi deve essere una sproporzione tra i redditi dei due ex coniugi;
- il richiedente deve avere un reddito che non gli consenta di mantenersi da solo o non deve avere affatto un reddito;
- il richiedente non deve aver subito il cosiddetto “addebito”: non deve cioè essere stato dichiarato responsabile per la fine del matrimonio;
- il richiedente deve dimostrare di trovarsi in una condizione di incapacità economica non per sua colpa. E ciò si prova quando c’è un’età avanzata (da 45 anni in su, secondo le ultime sentenze), o quando c’è una condizione di salute che non consenta più di lavorare (si pensi a una persona disabile che abbia perso la propria capacità lavorativa), o infine quando, nonostante gli svariati tentativi di trovare un’occupazione, non è stato possibile impiegarsi (si pensi a chi si presenta ai centri per l’impiego, partecipa a bandi e concorsi, invia il proprio cv alle aziende per chiedere un colloquio conoscitivo).
Una volta accertata l’esistenza del
- la durata del matrimonio;
- la sussistenza di redditi in capo al richiedente (ad esempio, un contratto di lavoro part-time, un canone di locazione, ecc.) o l’assegnazione a questi della casa coniugale;
- i costi che dovrà affrontare il coniuge onerato (ad esempio, un mutuo sulla casa assegnata all’ex, ecc.).
In ogni caso, al coniuge che ha rinunciato alla carriera per badare alla famiglia e ai figli spetta sempre il mantenimento perché, con la sua attività domestica, ha contribuito all’arricchimento dell’ex.
A quanto ammonta l’assegno di mantenimento?
Come detto, è impossibile sapere in anticipo a quanto ammonta il mantenimento, anche se un’idea ce la si può fare leggendo i precedenti della Cassazione.
In genere, e solo a livello statistico, l’assegno dovuto all’ex moglie può raggiungere una cifra che va da un minimo di un quarto a un terzo rispetto all’ammontare dello stipendio del marito. A questo importo poi si aggiunge anche l’assegno di mantenimento per gli eventuali figli, che può far lievitare il prelievo complessivo fino a
Con uno stipendio di 1.500 euro quant’è il mantenimento all’ex?
In una recente ordinanza [1], la Corte ha confermato, in presenza di uno stipendio di 1.500 euro al mese (percepito da un operaio), un assegno di mantenimento di 300 euro al mese per l’ex moglie.
A questo importo si è aggiunto anche il mantenimento per il figlio che il giudice ha quantificato in 450 euro al mese.
Oltre a ciò, la donna ha ricevuto l’assegnazione della casa coniugale.
Decisivo, secondo i giudici, il richiamo al «tenore di vita goduto in costanza di matrimonio», ritenuto desumibile «dal reddito percepito dall’uomo, dal momento che la moglie non aveva mai lavorato, e dal fatto che i coniugi vivevano in un alloggio di proprietà», senza dimenticare, poi, che «non è dimostrato un rifiuto della donna a cercare un lavoro».
Nella vicenda in questione, l’uomo aveva fatto ricorso in tribunale per ottenere «una riduzione dell’assegno in favore della moglie e della figlia». A questo proposito, egli aveva evidenziato «il vantaggio economico per l’ex consorte, assegnataria della casa coniugale»; allo stesso tempo, si era soffermato sulla «scelta, assunta di comune accordo con l’altro coniuge, di fare frequentare una scuola privata alla figlia», annotando però che solo su di lui è ricaduto «tale onere» dal punto di vista economico.
Per i magistrati della Cassazione, però, bene hanno fatto i giudici di appello a dare rilievo all’accertata «disparità reddituale» tra i coniugi in favore, a fronte delle «dichiarazioni dei redditi dell’uomo, operaio con contratto di lavoro a tempo indeterminato» e dello «stato di disoccupazione della moglie».
Evidente, quindi, «il divario nelle condizioni economiche dei due coniugi», e lapalissiana anche «l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione della donna» che da disoccupata non pare abbia «rifiutato occasioni di lavoro». Su quest’ultimo fronte, in particolare, i giudici tengono a sottolineare «l’oggettiva difficoltà per la donna di procurarsi un lavoro, viste la sua età e le sue condizioni personali».