Un genitore può pedinare e spiare un figlio?

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Controlli dei genitori sui figli e rispetto della privacy: fin dove si possono spingere. Differenza tra abuso dei mezzi di correzione e maltrattamenti in famiglia.

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Un genitore può pedinare e spiare un figlio, magari controllare il suo cellulare o leggere il diario segreto, oppure si tratta di un comportamento contrario alla privacy? Nel dovere dei genitori di educare i figli è compreso anche quello di correggerne gli errori, impedendo che questi possano fare del male a sé stessi o agli altri. E ciò si può realizzare col dialogo e, soprattutto, con l’esempio, ma anche tramite punizioni, che non si risolvano però in umiliazioni o in comportamenti tali da comportare una sofferenza morale o fisica.

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Il confine tra il lecito e l’illecito è molto labile e risente dei tempi: il costume sociale ha attraversato epoche di maggior rigore – dove le cinghiate non finivano quasi mai alla Procura della Repubblica – ed oggi si muove verso climi di maggiore empatia.

Ciò nonostante il Codice penale non è mutato. Le norme che puniscono i comportamenti violenti del padre e della madre sono le stesse. Ad evolversi però è la loro interpretazione ed anche il concetto di privacy che assiste il minorenne. Del resto, è proprio questa la ragione per cui il legislatore utilizza formule generali e astratte: per consentire al giudice di adattare il testo della legge non solo alle situazioni concrete ma anche ai cambiamenti del costume sociale.

Quindi, per valutare fin dove un genitore si può spingere nel pedinare, spiare, controllare e infine punire il figlio dobbiamo rifarci innanzitutto ai reati previsti dal Codice penale e, in secondo luogo, all’interpretazione che di questi ha dato la giurisprudenza.

Cosa rischia un genitore troppo severo?

Il genitore – è bene ricordarlo a scanso di equivoci – non ha solo la facoltà ma anche il

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dovere di correggere i figli minorenni e quindi di punirli. Egli deve reprimere il comportamento sbagliato del figlio per evitare che possa ripetersi. E questo anche perché padre e madre sono altrimenti tenuti a risarcire tutti i danni procurati da eventuali illeciti del figlio che non ha ancora compiuto 18 anni. A tale responsabilità possono sottrarsi solo se dimostrano di aver impartito a quest’ultimo una buona educazione. E, appunto, la buona educazione implica anche il potere-dovere di punizione.

La prova dell’educazione e della punizione sono in sintesi l’unico modo che hanno i genitori per difendersi in un’eventuale causa conseguente ai reati o ad altri comportamenti sbagliati del figlio. Ma tali comportamenti non possono arrivare a superare determinati limiti imposti dalla legge. Quali sono tali limiti?

Due sono i reati che possono essere contestati a un genitore troppo severo:

L’abuso dei mezzi di correzione si caratterizza per il fatto di aver sì agito nell’intento lecito di punire un errore del figlio ma di averlo fatto in modo esasperato, superando i limiti, procurandogli una eccessiva sofferenza fisica o morale. Si pensi al padre che, anziché tirare uno schiaffetto sulla nuca al figlio disobbediente gli cagioni un livido.

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In pratica, l’abuso dei mezzi di correzione è l’abuso di mezzi normalmente leciti. È lecito non dare al figlio, per punizione, il dolce, ma non è lecito privarlo completamente del cibo; è lecito non farlo uscire di casa come punizione ma è illegale tenerlo segregato per molto tempo, e così via.

La pena per l’abuso dei mezzi di correzione è la reclusione fino a sei mesi.

I maltrattamenti in famiglia consistono invece in comportamenti che di per sé sono sempre illeciti, anche se utilizzati allo scopo di correggere il comportamento del figlio. A differenza del caso di abuso dei mezzi di correzione, in tale ipotesi non c’è una soglia al di sotto della quale la condotta del genitore può considerarsi lecita. Inoltre, il comportamento è reiterato nel tempo, si consuma cioè in più occasioni. Si pensi al genitore che mortifica pubblicamente il figlio, che gli impone di pulire casa picchiandolo in caso di disobbedienza, che usa sistematicamente la violenza fisica e morale. La pena, in questo caso, è chiaramente più severa e consiste nella

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reclusione da tre a sette anni.

Punizioni dei figli maggiorenni

Chiaramente, una volta diventati maggiorenni, i figli diventano responsabili personalmente delle proprie condotte. Pertanto, cessa non solo la responsabilità dei genitori per gli illeciti da loro commessi ma anche il loro dovere di educarli e di punirli. Un figlio maggiorenne, anche se ancora convivente con i genitori e dipendente economicamente da loro, non può essere mandato a letto senza cena, non può essere costretto a non uscire con gli amici, non può essere pedinato o spiato al fine di prevenire eventuali suoi illeciti.

Ricordiamo comunque che, secondo la giurisprudenza, pedinare una persona non è illegale a meno che non la si metta in stato di allarme tale da farla spaventare. Nel qual caso scatterebbe il reato di molestie in luogo pubblico.

Un genitore può pedinare il figlio e spiarlo?

In astratto, il pedinamento a distanza di un figlio è consentito se serve per toglierlo dai guai, come nel caso del rischio di cattive frequentazioni, acquisto di stupefacenti, alcolici e così via.

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C’è stato qualche giudice che, per la stessa ragione, ha ritenuto lecito il comportamento dei genitori che spiano il cellulare del figlio.

Ma in entrambi i casi deve sussistere una valida motivazione. In altri termini, il genitore può iniziare a pedinare o a spiare il figlio solo se nutra dei fondati sospetti e non già per semplice curiosità. Del resto, la Convenzione sui diritti dell’infanzia già approvata nell’89 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a cui l’Italia ha aderito dichiara che nessun minorenne deve subire interferenze nello svolgimento della sua vita privata, neanche quindi da parte dei genitori (leggi sul punto Spiare i cellulari dei figli: è lecito?).

In sintesi, niente controlli random o per finalità di prevenzione. L’esercizio del controllo nella privacy del minore deve essere giustificato da un rischio concreto ed attuale. Ecco perché, proprio di recente, il tribunale di Trieste [1] ha condannato per stalking un padre che aveva preso il vizio di pedinare la figlia per vedere dove andasse e con chi si accompagnasse. Un’invadenza del genere non è tollerata dal nostro ordinamento.

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