Quando si può disconoscere una scrittura privata?

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Produzione di documenti nel processo civile: regole sul disconoscimento esplicito, termini e modalità.

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Se, nel corso di una causa, viene prodotto un documento (un contratto, una dichiarazione unilaterale o qualsiasi altra scrittura privata) contenente la sottoscrizione della controparte, quest’ultima può contestarne la paternità con un semplice «disconoscimento». In tal modo, spetterà all’avversario avviare la procedura di verificazione per accertare l’autenticità della firma. In questa guida analizzeremo, nel dettaglio, quando si può disconoscere una scrittura privata.

Scopriremo quali sono i termini, le modalità e le caratteristiche del disconoscimento, tenendo a mente che, nel caso in cui invece venga prodotto un atto pubblico, è invece necessaria una diversa procedura: la cosiddetta “querela di falso”. Ma procediamo con ordine e vediamo innanzitutto cos’è il disconoscimento.

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Cos’è il disconoscimento

Il disconoscimento della scrittura privata è un istituto giuridico previsto dall’art. 214 del Codice di Procedura Civile. Esso consente alla parte contro la quale è prodotta una scrittura privata di negare formalmente l’autenticità della propria scrittura o sottoscrizione, impedendo così che il documento acquisisca l’efficacia di “piena prova”. E difatti l’art. 2702 del codice civile stabilisce che: «La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta

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ne riconosce la sottoscrizione oppure se questa è legalmente considerata come riconosciuta».

In pratica, il disconoscimento è la dichiarazione con cui una persona nega formalmente che la firma apposta su un documento (come un contratto, una lettera, una ricevuta, ecc.) sia la sua, oppure che il testo manoscritto del documento sia stato scritto da lei. È un modo per difendersi da documenti falsificati o alterati.

Perché è così importante il disconoscimento? Perché, se la scrittura non viene contestata (disconosciuta), si presume che la firma sia autentica e che il contenuto del documento corrisponda alla volontà di chi l’ha firmato. Il disconoscimento blocca questo meccanismo e sposta l’onere della prova sull’altra parte.

Dopo il disconoscimento (avvenuto in un processo) si inverte l’onere della prova: tocca, cioè, alla controparte dimostrare che la firma è autentica. Quest’ultima, a tal fine, dovrà chiedere al giudice di accertare l’autenticità della firma (di solito con una perizia calligrafica). Tale procedura si chiama «

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istanza di verificazione» (ne parleremo meglio nel prosieguo). Se la controparte non chiede la verificazione, il documento non può essere usato come prova.

Quando deve essere fatto il disconoscimento?

Il disconoscimento deve essere effettuato nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione del documento. L’articolo 215 c.p.c. stabilisce che la scrittura privata si ha per riconosciuta se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione. Pertanto, il disconoscimento deve avvenire tempestivamente, altrimenti la scrittura si considera riconosciuta tacitamente.

Secondo la giurisprudenza, il disconoscimento può essere effettuato anche prima che la scrittura sia prodotta in giudizio, purché vi sia certezza del riferimento a una scrittura determinata e conosciuta dalle parti (Cass. Civ., Sez. 2, sent. n. 6890 del 11-03-2021, n. 19024 del 11-07-2024).

Come si fa il disconoscimento?

Il disconoscimento deve essere chiaro,

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specifico e determinato, non potendo risolversi in mere formule di stile prive di contenuto (Cass. sent. n. 18491 del 08-07-2024). La parte deve negare inequivocabilmente l’autenticità della propria sottoscrizione o scrittura.

Se la scrittura è prodotta in copia fotostatica, il disconoscimento può riguardare sia la conformità della copia all’originale (art. 2719 c.c.) sia l’autenticità della sottoscrizione (Cass. Civ., Sez. 3, sent. n. 9859 del 26-05-2020, sent. n. 7340 del 07-03-2022). Tuttavia, se successivamente viene prodotto l’originale, il disconoscimento deve essere reiterato sull’originale per impedire che la scrittura si abbia per riconosciuta (Cass. Civ., Sez. 3, sent. n. 9859 del 26-05-2020, n. 7340 del 07-03-2022).

Conseguenze del disconoscimento

A seguito del disconoscimento, la parte che intende avvalersi della scrittura disconosciuta deve proporre istanza di verificazione ai sensi dell’articolo 216 c.p.c. per potersi avvalere della scrittura privata. Difatti, in mancanza di tale istanza, il

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documento disconosciuto è privo di efficacia probatoria e non può essere utilizzato dal giudice ai fini della decisione.

Cos’è e come funziona l’istanza di verificazione

L’istanza di verificazione è un procedimento, previsto e disciplinato dagli articoli 214 e seguenti del Codice di procedura civile, che consente di accertare l’autenticità di una scrittura privata disconosciuta dalla parte contro cui è prodotta. È lo strumento processuale attraverso il quale la parte che intende avvalersi di una scrittura privata disconosciuta può chiedere al giudice di accertarne l’autenticità.

La funzione dell’istanza di verificazione è quella di attribuire al documento l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2702 del Codice civile, che riconosce alle scritture private l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, se la sottoscrizione è riconosciuta o legalmente considerata come tale.

Come funziona l’istanza di verificazione?

La parte che intende avvalersi della scrittura disconosciuta deve proporre l’istanza di verificazione, indicando i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le

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scritture che possono servire di comparazione.

La parte che propone l’istanza ha un duplice onere probatorio: deve produrre l’originale del documento disconosciuto e dedurre i mezzi di prova a sostegno della veridicità della sottoscrizione, come la prova testimoniale o la richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) grafologica.

Quando presentare l’istanza di verificazione?

L’istanza di verificazione deve essere proposta tempestivamente, entro i termini perentori previsti per le deduzioni istruttorie. Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che l’istanza può essere formulata anche in modo implicito, attraverso comportamenti concludenti che manifestano la volontà di avvalersi del documento disconosciuto (Cass. sent. n. 37266 del 20-12-2022, n. 12867 del 15-05-2019, n. 13010 del 30-06-2020, n. 23457 del 26-08-2021).

Procedimento della verificazione

Il giudice, ricevuta l’istanza, può disporre l’espletamento di una CTU grafologica per accertare l’autenticità della sottoscrizione, utilizzando le scritture di comparazione prodotte dalle parti.

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Il giudice non è vincolato da una “graduatoria” tra le fonti di accertamento dell’autenticità e può utilizzare anche le scritture prodotte dalla parte diversa da quella che ha proposto l’istanza.

Sull’istanza di verificazione pronuncia sempre il Collegio, che, nella sentenza che dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che l’ha negata, può condannare quest’ultima a una pena pecuniaria.

Come anticipato sopra, se la parte che intende avvalersi della scrittura disconosciuta non propone l’istanza di verificazione, il documento è privo di efficacia probatoria e non può essere utilizzato ai fini della decisione. La mancata proposizione dell’istanza preclude al giudice di valutare il documento per la formazione del proprio convincimento.

La Cassazione (sent. n. 19510 del 16-06-2022) ha affermato che l’istanza di verificazione è ammissibile anche quando non è accompagnata da una formale e contestuale indicazione delle scritture di comparazione, purché queste siano già ritualmente prodotte e acquisite agli atti del giudizio.

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Differenza tra disconoscimento e querela di falso

Se il documento prodotto dall’avversario non è una scrittura privata ma un atto formato da un pubblico ufficiale (atto pubblico) o le cui firme sono state autenticate da un pubblico ufficiale (scrittura privata autenticata), non è più sufficiente il disconoscimento: è necessaria la querela di falso che deve proporre proprio chi disconosce l’autenticità del documento. In questo caso, l’onore della prova è a carico di colui che disconosce la genuinità dell’atto.

Si può contestare un documento già riconosciuto?

Se la parte non disconosce formalmente la scrittura privata o la riconosce tacitamente, è sempre possibile la contestazione tardiva, ma questa deve avvenire con le forme della querela di falso. La querela di falso, in tale ipotesi, è volta a contestare la veridicità del documento già riconosciuto o legalmente considerato tale, e richiede un procedimento specifico.

Limiti al disconoscimento della scrittura privata

Se la parte ha già riconosciuto la scrittura, anche implicitamente, non può successivamente disconoscerla, salvo, appunto, la querela di falso.

Il riconoscimento può avvenire anche in sede extragiudiziale e può essere desunto da comportamenti incompatibili con la volontà di disconoscere la scrittura.

Se la scrittura è prodotta in giudizio dall’apparente sottoscrittore per negarne l’autenticità, non si applicano le norme sul disconoscimento (Cass. sent. n. 24424 del 10-08-2023). In tal caso, spetta a chi produce la scrittura provare la non autenticità della sottoscrizione, secondo le ordinarie regole probatorie.

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