Cedolare secca: si applica l’aggiornamento del canone?

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Adeguamento del fitto della locazione all’inflazione: il locatore può chiederlo al conduttore anche se ha optato per il regime fiscale della cedolare secca?

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Chi concede in locazione la propria unità immobiliare deve registrare il contratto presso l’Agenzia delle Entrate e pagare le tasse sul canone pattuito. A tal proposito, sono in molti a prediligere la cedolare secca, cioè il regime fiscale che consente al locatore di pagare una percentuale fissa sull’affitto percepito, senza che rilevino gli altri redditi personali. Ciò premesso, con il presente articolo risponderemo a un quesito preciso: si può applicare l’aggiornamento del canone alla cedolare secca?

In buona sostanza, si tratta di comprendere se il locatore può pretendere l’

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adeguamento del fitto all’inflazione, inserendo un’apposita clausola all’interno del contratto, nonostante la scelta della cedolare secca. Approfondiamo l’argomento.

Che cos’è la cedolare secca?

La cedolare secca è un regime tributario a cui il locatore può aderire allorquando concede in affitto un proprio immobile.

Per essere più precisi, la cedolare secca è un’imposta sostitutiva di quella sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.

Il regime prevede dunque il pagamento di un’unica imposta, sostitutiva di Irpef e addizionali, per il reddito derivante dall’affitto dell’immobile e l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro e dall’imposta di bollo per registrazioni, risoluzioni e proroghe del contratto.

Con la cedolare secca, i proventi derivanti dalla locazione – cioè, il canone annuo – vengono tassati applicando un’

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aliquota fissa del 21%, che scende al 10% per i contratti a canone concordato (la locazione 3+2, per intenderci).

Mediante la cedolare secca, inoltre, i redditi provenienti dall’affitto non concorrono alla definizione dell’imponibile sul quale si calcolano le tasse.

In pratica, al proprietario dell’immobile concesso in locazione con cedolare secca si applica una tassazione del 21% sul solo guadagno derivante dall’affitto, evitando al contempo che il proprio reddito personale subisca un incremento da tale introito, con conseguente aumento dell’aliquota Irpef.

Cedolare secca: quando si può applicare?

La cedolare secca non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, di arti o professioni.

Secondo la Corte di Cassazione (7 maggio 2025, nn. 12076 e 12079; 7 maggio 2024, n. 12395) è invece possibile ricorrere alla cedolare secca se l’inquilino utilizza l’immobile per l’esercizio della propria professione o attività d’impresa.

In sintesi, la

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cedolare secca è illegittima se vi ricorre il locatore che affitta immobili per professione mentre è legale se si applica all’inquilino che affitta l’immobile per scopi professionali o imprenditoriali.

Cedolare secca: si applica l’aggiornamento del canone all’inflazione?

Al contratto di locazione con cedolare secca non si può applicare l’aggiornamento del canone.

Secondo la legge (art. 3, comma 11, d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23) stabilisce che, nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca, è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.

Trattandosi di disposizione inderogabile, la clausola che dovesse prevedere l’adeguamento del canone – e, quindi, una sua maggiorazione annuale o comunque periodica – sarebbe nulla o comunque inefficace, per cui il conduttore ben potrebbe opporsi alla richiesta.

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L’unico modo per il locatore di ottenere l’aggiornamento del canone all’inflazione è di revocare la cedolare secca.

La revoca deve essere esercitata entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro relativa all’annualità di riferimento: cioè entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente, utilizzando il modello Registrazione locazioni immobili (RLI).

La revoca potrebbe essere giustificata dalla volontà del locatore di richiedere l’aggiornamento del canone in presenza di un’inflazione molto elevata.

Ad ogni buon conto, è appena il caso di precisare che l’Agenzia delle entrate (interpello 23 agosto 2019, n. 340) ha chiarito che la determinazione del canone in misura variabile in base a parametri predeterminati (ad esempio, una parte del fitto calcolata in proporzione ai ricavi del conduttore) rientra nella libertà accordata alle parti di determinare il contenuto del contratto e non integra una determinazione privatistica della misura di indicizzazione né un aggiornamento del canone vietato dalla legge sulla cedolare secca.

Approfondimenti

Per ulteriori approfondimenti si leggano i seguenti articoli:

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