Come calcolare lo stipendio netto dal lordo

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Quali sono e a quanto ammontano le trattenute in busta paga; cosa controllare per capire se sono state effettuate correttamente; come fare i conguagli finali.

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Quando si stipula un contratto di lavoro, sorge frequentemente un malinteso tra il datore e il dipendente neoassunto: il primo parla di retribuzione lorda, il secondo, badando a quanto gli entra in tasca, pensa alla cifra netta. Anche l’importo riportato nei contratti collettivi nazionali di lavoro è riferito allo stipendio, o al salario, lordo, non al netto.

Nel corso del rapporto di lavoro, la busta paga mensile è piena di cifre: partendo dal lordo applica una serie di ritenute, contributi e trattenute di vario genere (comprese quelle per l’eventuale appartenenza sindacale) e, infine, si arriva alla fatidica somma netta, che è quella più importante per il lavoratore. La differenza può essere molto consistente: di solito è almeno un terzo, e spesso anche di più.

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Ciò premesso, vediamo subito, a livello molto pratico, come calcolare lo stipendio netto partendo dal lordo: ti potrà essere utile per capire a quanto ammonta la forbice dei vari prelievi fiscali e contributivi e per verificare se ti sono state applicate le detrazioni e le decontribuzioni spettanti.

Inoltre è lo stipendio netto – non il lordo – che viene esaminato dalle banche e dalle società finanziarie per decidere se concederti un mutuo o un prestito. Se invece sei un datore di lavoro, conoscendo i metodi di calcolo dello stipendio dal lordo al netto potrai quantificare qual è l’effettivo esborso che sostieni per ogni tuo dipendente, e capire meglio le ragioni delle lamentele del personale.

I contributi previdenziali e assistenziali

Ti sembrerà strano che iniziamo l’esposizione con i contributi anziché con le tasse, che sono la voce più pesante, ma il motivo è presto spiegato: il reddito imponibile, cioè l’importo sul quale calcolare le imposte, si determina, per sottrazione, dallo stipendio lordo meno l’ammontare dei

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contributi previdenziali e assistenziali dovuti in base alla retribuzione percepita.

La formula matematica per determinare il reddito imponibile è questa:

Reddito imponibile = retribuzione lorda− contributi Inps a carico del dipendente

Nello specifico, la percentuale dei contributi Inps posti a carico dei lavoratori dipendenti è, attualmente (dopo le modifiche apportate con la Legge di Bilancio 2023), del 6,19% per le retribuzioni annue lorde fino a 25.000 euro, con un incremento al 7,19% per quelle comprese tra 25.000 e 35.000 euro, e arriva al 9,19% per i redditi di lavoro dipendente che superano i 35.000 euro annui.

Un lavoratore con retribuzione lorda di 1.500 euro mensili verserà per contributi Inps 92,85 euro; con una retribuzione di 2.000 euro la trattenuta sarà di 123,80 euro e se lo stipendio arriva a 3.000 euro mensili lordi l’importo dei contributi a carico del lavoratore ammonterà a 185,70 euro.

Attenzione: oltre a questi contributi Inps obbligatori, potrebbero esserci altri versamenti facoltativi e volontari

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previsti in favore di vari Enti previdenziali, come nel caso in cui il lavoratore abbia optato per il riscatto della laurea, o aderito ad una forma di previdenza complementare, per costruirsi una pensione integrativa.

Rimane fuori dal calcolo, ovviamente, la quota di contributi previdenziali e assistenziali posti a carico del datore di lavoro (con una percentuale media del 23%, dunque molto più alta di quella posta a carico dei dipendenti), in quanto è suo obbligo liquidarla e versarla, sicché essa non entra neppure nel calcolo della retribuzione annua, o mensile, lorda dei dipendenti.

Dal 2024 sono stati introdotti alcuni esoneri contributivi per le lavoratrici madri con due o più figli: lo sgravio è totale sino al compimento del 18° anno di età del figlio più piccolo, per le madri di tre figli, o sino al compimento del 10° anno di età del figlio più piccolo, per le madri di 2 figli.

Le tasse: Irpef e addizionali

L’Irpef – imposta sul reddito delle persone fisiche – costituisce il principale motivo di divergenza tra lo stipendio lordo e lo stipendio netto.

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In base al Testo Unico delle Imposte sui Redditi, tutti i redditi di lavoro dipendente ed anche quelli ad esso assimilati (come le pensioni o le indennità particolari erogate ad alcuni lavoratori) vengono tassati, e solitamente è il datore di lavoro che effettua la trattenuta, operando in qualità di sostituto d’imposta: eroga ai dipendenti l’importo dello stipendio già al netto del prelievo fiscale, che verserà egli stesso all’Erario (e se non lo fa, sono previste severe sanzioni amministrative e penali).

Attualmente, dopo la riforma fiscale del 2023, l’Irpef è strutturata su tre sole aliquote (prima erano quattro), applicate sui seguenti scaglioni di reddito in misura crescente e progressiva:

Ogni aliquota si applica soltanto al relativo scaglione reddituale, e non sull’intero importo: ad esempio, chi ha un reddito di 52mila euro subirà la trattenuta massima, quella con l’aliquota del 43%, solo per la parte eccedente i 50mila, mentre la rimanente parte sarà tassata in base ai due scaglioni inferiori.

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Pertanto, per uno stipendio mensile lordo di 2.333,33 euro, il prelievo Irpef sarà di 536,67 euro (applicando l’unica aliquota del 23%), mentre con uno stipendio mensile di 3.800 euro si applicherà una trattenuta di 536,67 euro più il 35% (l’aliquota del secondo scaglione) sulla porzione di reddito superiore a 2.333,33 euro.

Oltre alle aliquote nazionali, che sono fisse in tutta Italia, l’Irpef prevede anche un’addizionale regionale e un’addizionale comunale: per esse l’aliquota effettiva applicabile dipende dal domicilio fiscale del lavoratore, risultante all’Agenzia delle Entrate.

La decontribuzione

Per i lavoratori con reddito medio-basso, è previsto il taglio del cuneo fiscale, con aliquote variabili di anno in anno. Questa misura è stata istituita di recente, allo scopo di recuperare, almeno in parte, il pesante divario esistente tra stipendio lordo e netto.

Nel 2024, la decontribuzione è del 7% per i redditi annui lordi fino a 25.000 euro (che, spalmati su 13 mensilità, corrispondono a circa 1.923 euro); la percentuale del taglio scende al

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6% per i redditi annui lordi fino a 35.000 euro (corrispondenti a uno stipendio lordo mensile di 2.692 euro) e oltre i 35.000 euro non è prevista, attualmente, alcuna decontribuzione.

Le detrazioni spettanti

Sul reddito imponibile Irpef vengono applicate dal datore di lavoro che opera come sostituto d’imposta – e quindi vengono riportate in busta paga mensile e nella Certificazione Unica annuale – le detrazioni per lavoro dipendente e per i carichi familiari; queste ultime, dal 2024, sono state in gran parte assorbite nel nuovo assegno unico universale, sicché residuano quelle per i figli di età compresa tra 21 e 24 anni (l’assegno unico arriva fino a 21 anni) e per il coniuge, nonché gli eventuali altri familiari fiscalmente a carico.

L’importo della detrazione per lavoro dipendente è pari a 1.955 euro annui per i redditi non superiori a 15mila euro; la proporzione decresce progressivamente in base alla seguente formula:

A fine anno, tutte le detrazioni applicate devono essere

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conguagliate, a cura del contribuente, per verificare la presenza di altri redditi (ad esempio, un lavoratore che ha operato nel corso dell’anno per due diversi datori, e avrà due distinte Certificazioni Uniche, potrebbe superare lo scaglione Irpef applicato da ciascun sostituto d’imposta) e inserire nella dichiarazione annuale tutte le altre deduzioni e detrazioni fiscali spettanti, come quella per i versamenti eseguiti in un fondo pensione di previdenza integrativa, che abbattono il reddito imponibile Irpef – così diminuendo l’imposta a debito – fino a un massimo di 5.164,57 euro annui.

Approfondimenti

Se vuoi conoscere il reciproco dell’argomento che abbiamo trattato, leggi l’articolo “Stipendio: come calcolare il lordo dal netto“.

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