Condominio: che succede quando i morosi non pagano?

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Quali sono le conseguenze dell’inadempimento dei condòmini all’obbligo di pagare i contributi? I creditori possono aggredire chi è in regola con i pagamenti?

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I condòmini devono contribuire alle spese di gestione delle parti comuni dell’edificio, partecipando ciascuno in misura proporzionale al valore della sua proprietà privata, espresso in millesimi all’interno delle tabelle allegate al regolamento. Che succede quando i morosi non pagano?

Le conseguenze dell’inadempimento si ripercuotono a cascata sull’intera compagine, la quale può essere costretta a sopperire all’esposizione debitoria chiedendo un ulteriore sforzo ai condòmini virtuosi, cioè a coloro che sono in regola con i pagamenti. Il rischio, infatti, è che i creditori facciano ricorso all’espropriazione forzata. Ma procediamo con ordine vedendo

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cosa succede quando i morosi non pagano.

Cosa deve fare l’amministratore se i morosi non pagano?

Salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai morosi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso (art. 1129 cod. civ.).

Nello specifico, se lo stato di riparto è stato approvato, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione da parte dell’assemblea, può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione (art. 63 disp. att. cod. civ.).

Qualora lo stato di ripartizione dei contributi non sia stato approvato, è pur sempre possibile agire contro i morosi ma il decreto ingiuntivo eventualmente concesso dal giudice non è immediatamente esecutivo.

L’amministratore può inoltre sospendere il condomino debitore dalla

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fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, se la mora nel pagamento dei contributi si è protratta per un semestre.

L’amministratore, dunque, può privare il moroso di servizi come il riscaldamento centralizzato, mentre vi sono dubbi sulla possibilità che possa staccargli anche l’acqua.

In sintesi, constatata la morosità di alcuni proprietari, l’amministratore deve attivarsi tempestivamente per il recupero del credito condominiale a pena di responsabilità professionale nei confronti della compagine.

Per fare ciò, egli può conferire mandato a un avvocato affinché intraprenda le necessarie azioni legali; la nomina del difensore non è subordinata al previo consenso assembleare.

I creditori possono aggredire i condòmini virtuosi?

I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condòmini (art. 63 disp. att. cod. civ.).

Si tratta del cosiddetto beneficio della preventiva escussione: i condòmini virtuosi non possono essere aggrediti dai creditori del condominio prima dei condòmini morosi.

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Dunque, i creditori della compagine devono innanzitutto chiedere al giudice che il proprio diritto sia accertato con sentenza nei confronti dell’intero condominio; dopodiché, il provvedimento giudiziario va attuato – cioè posto in esecuzione – dapprima contro i morosi, cioè contro i condòmini che, non pagando, hanno determinato la condanna dell’intero edificio; solo successivamente, qualora il patrimonio dei morosi non sia sufficiente, i creditori potranno agire contro i proprietari in regola con i pagamenti, ciascuno dei quali è tenuto a pagare una parte del debito corrispondente ai millesimi che possiede: non si può quindi chiedere l’intero pagamento ma solo la quota proporzionata al valore dell’appartamento.

Affinché i morosi possano essere identificati l’amministratore è obbligato a fornire, ai creditori che ne facciano richiesta, l’elenco contenente i nominativi dei condòmini debitori; se non ottempera a tale obbligo, i creditori possono agire direttamente contro di lui chiedendo al giudice non solo l’ordine di esibizione ma anche la condanna al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo (Trib. Foggia, 12 giugno 2025, n. 1176).

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L’assemblea può ripartire il debito tra i condòmini?

L’assemblea non può ripartire il debito tra i condòmini né può costituire uno speciale fondo per adempiere all’obbligazione senza il consenso unanime dei proprietari, i quali devono quindi accettare di accollarsi il debito contratto dagli altri.

A proposito della costituzione di un fondo cassa morosi, cioè di uno speciale accantonamento costituito per far fronte ai mancati versamenti dei condòmini non in regola con i pagamenti, la giurisprudenza (Trib. Roma, 16 maggio 2023, n. 7695) ha stabilito che la delibera assembleare adottata a maggioranza è ugualmente legittima, a patto che il fondo sia destinato a risolvere effettive e urgenti esigenze di cassa onde evitare danni ai condòmini derivanti, ad esempio, dalla sospensione dei servizi come l’illuminazione, l’ascensore, il riscaldamento.

Approfondimenti

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