Le trappole del fisco
Presunzioni di evasione, redditometro, controllo dei versamenti in banca: il contribuente è sempre svantaggiato rispetto all’Agenzia delle Entrate.
Contestare un accertamento fiscale – fare cioè causa al fisco – è sicuramente possibile così come è possibile impugnare una cartella di pagamento, ma il diritto tributario ha regole diverse da quelle del diritto civile e, spesso, i contribuenti partono svantaggiati. Svantaggiati non tanto perché la controparte – l’Agenzia delle Entrate – ha avvocati più bravi o riesce ad esercitare maggiore influenza sul giudice, ma perché esistono delle insidie nascoste nella legge che rendono più difficile difendersi. Si tratta di vere e proprie
In questo articolo cercheremo di elencare le principali di queste insidie al fine di mettere in guardia il contribuente.
Indice
Le presunzioni contrarie al contribuente
Esistono, in alcuni casi, delle «presunzioni» contrarie al contribuente, dei meccanismi che costringono quest’ultimo a difendersi anche in assenza di prove sulla sua colpevolezza. Che significa? Facciamo un esempio con quello che è il caso più tipico in questo ambito: gli
Redditometro
Esistono poi altri meccanismi che, se anche non raggiungono la stessa incisività delle «presunzioni», possono allo stesso modo incastrare il contribuente e costringerlo a prove difficili. Si tratta, ad esempio, del
La prova deve essere sempre scritta
Un ulteriore problema che si pone quando si ha a che fare con il fisco è la regola secondo cui non valgono, come prova a favore del contribuente, le
La nullità dell’accertamento si contesta entro 60 giorni
Se un accertamento fiscale è illegittimo va sempre contestato entro 60 giorni altrimenti diventa definitivo: si sana, cioè, ogni forma di nullità. Questa regola non vale invece nel diritto civile: un contratto nullo, ad esempio, può essere impugnato senza limiti di tempo.
Anche la cartella esattoriale non ricevuta va impugnata
Un’altra regola che potrà apparire abbastanza insolita è quella che dà 60 giorni di tempo al contribuente per contestare cartelle di pagamento mai ricevute. Possibile? Sì, e per spiegarlo facciamo un esempio. Immaginiamo che una persona riceva un preavviso di ipoteca per un debito di cui non era a conoscenza. Non sapendo di che si tratta, va allo sportello di Agenzia delle Entrate Riscossione e si fa rilasciare un estratto di ruolo. Da questo rileva che c’è un debito di 50mila euro; ma in realtà la cartella di pagamento non gli è mai stata notificata. Se l’avesse ricevuta l’avrebbe potuta contestare per via di alcuni errori. Presenta allora una richiesta di cancellazione dell’ipoteca ma l’esattore non gli risponde. Passano circa tre mesi e, nel silenzio, decide di fare ricorso al giudice, chiedendo l’annullamento della cartella mai ricevuta. La sua istanza però verrà rigettata: egli aveva 60 giorni di tempo da quando ha avuto conoscenza della notifica della cartella – ossia dal rilascio dell’estratto di ruolo – per opporsi ad essa. Non avendolo fatto, la cartella è divenuta definitiva.
Resta segreta la notifica a parenti o al portiere
Tutte le volte in cui una cartella di pagamento viene consegnata a un familiare convivente o al portiere, il contribuente – effettivo destinatario della notifica – potrebbe non venirne mai a conoscenza. Ciò perché, in tema di notifiche tributarie, non vale la regola generale secondo cui va inviata la cosiddetta raccomandata informativa (o Can: comunicazione di avvenuta notifica), con cui il postino comunica al destinatario di aver consegnato il plico ad altra persona legittimata a riceverlo. Per cui, se chi riceve la cartella per conto altrui si dimentica di consegnarla all’interessato, questi perde anche il diritto di presentare opposizione. Se non ci credi leggi la recente sentenza della Cassazione da noi commentata in Cartella di pagamento: è valida se viene data al convivente?
Le altre trappole del fisco
Esistono numerose altre trappole che si insidiano nei rapporti con il fisco. Ad esempio:
- quando si tratta di tributi erariali (come Irpef e Irap), l’Agenzia delle Entrate può fare accertamenti a tavolino senza comunicare preventivamente nulla al contribuente;
- i risparmi lasciati sul conto corrente, quando eccessivi rispetto al reddito dichiarato, possono dar vita a un accertamento fiscale;
- l’Agenzia delle Entrate che, in primo grado, non abbia depositato dei documenti, può sempre farlo in appello;
- per presentare opposizione contro più accertamenti fiscali o cartelle di pagamento il contributo unificato non è unico ma va pagato tante volte per quanti sono gli atti impugnati.
Per maggiori informazioni su questi punti leggi l’approfondimento Le otto regole fiscali che fregano il contribuente