L’usucapione: cos’è e come funziona

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Il possesso pacifico, continuo e in pubblico di un bene mobile o immobile può consentire di diventare proprietari del bene stesso senza bisogno di un accordo con il legittimo proprietario. Si tratta dell’usucapione. Vediamo come funziona.

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L’usucapione è un modo per diventare proprietari [1] di un bene senza bisogno di un contratto, di un testamento e, addirittura, senza bisogno di un accordo con il proprietario del bene. Ecco perché gli studiosi del diritto lo definiscono un mezzo di acquisto della proprietà «a titolo originario», ossia non senza bisogno di un atto di trasferimento da parte di un altro soggetto (nel qual caso si sarebbe parlato di «acquisto della proprietà a titolo derivativo»). In buona sostanza, grazie all’usucapione, colui che per almeno 20 anni ha utilizzato un bene altrui come se fosse il proprio, e l’ha fatto alla luce del sole, senza subire azioni giudiziarie da parte del legittimo titolare (il quale se ne deve essere, quindi, sostanzialmente disinteressato) può dire di essere il nuovo proprietario. Affinché ciò avvenga è tuttavia necessario un ufficiale riconoscimento il quale viene eseguito da una sentenza del giudice. Ma procediamo con ordine e vediamo

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cos’è e come funziona l’usucapione.

Indice

Usucapione: quali condizioni?

Vediamo ora quali sono le condizioni affinché possa scattare l’usucapione. Cercheremo di essere più chiari e semplici possibile, traducendo – come sempre facciamo da anni – la terminologia giuridica in linguaggio comune. In questo modo capirai sicuramente

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cos’è e come funziona l’usucapione. Ma se dovessi avere ancora dubbi ti consigliamo di leggere l’approfondimento Usucapione: quando e perché si perde la proprietà. Lì troverai numerosi esempi e la spiegazione del perché non sempre si comprende il significato dell’usucapione. Altri casi pratici sono descritti in Usucapione: ultime novità.

Il comportamento del possessore

Il possesso può essere in buona fede o in malafede. In altre parole, per la legge è indifferente il fatto che chi possiede il bene altrui sia consapevole (sin dall’inizio o successivamente) di utilizzare qualcosa di cui non è proprietario. L’importante – precisa il codice civile – è che l’acquisto del possesso non sia avvenuto in modo violento o clandestino (per esempio, con un’appropriazione indebita, con la creazione di recinti per evitare al proprietario di riprendersi la sua proprietà, ecc.). Se così fosse, i termini per l’usucapione non inizierebbero a decorrere; tutt’al più possono iniziare a decorrere dal momento in cui è cessata la situazione di violenza o di clandestinità. Un esempio chiarirà meglio la situazione. Immaginiamo una persona proprietaria di una cantina che non utilizzi mai. Di notte, un clandestino ci va a dormire per 20 anni di seguito; lo fa in modo clandestino, senza farsi accorgere di nulla. Egli non potrebbe mai rivendicare l’usucapione perché ha acquistato il possesso in modo segreto. Allo stesso modo, immaginiamo un ladro che entri in casa di un’altra persona e rubi dei quadri: anche per lui l’usucapione non scatterà mai visto che il suo possesso è iniziato in modo violento e clandestino. Se, però, in entrambe le situazioni, il proprietario del bene non fa nulla per impedire l’altrui utilizzo, allora potrebbero configurarsi i presupposti per l’usucapione.

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Si intende “violento” il possesso acquisito contro la volontà del precedente possessore e con l’uso della forza; si intende “clandestino” il possesso conseguito con artifici idonei a nasconderlo al soggetto spogliato del bene.

L’interversione del possesso

La seconda condizione affinché si configuri l’usucapione è che il possessore si sia comportato, durante il termine necessario a usucapire (di cui parleremo a breve), come se fosse il vero proprietario. Egli cioè deve aver volontariamente esorbitato dai poteri che altrimenti la legge gli concede come semplice possessore; deve insomma aver fatto qualcosa di “illegale”, ma tollerato tacitamente dal proprietario. Ad esempio, il contadino autorizzato solo a zappare la terra altrui, che invece inizia a piantare degli alberi, a creare recinti e staccionate, a spinare delle zone o a cementificarne delle altre, ha compiuto un atto che trasborda dai suoi poteri: egli ha quindi manifestato l’intenzione di diventare proprietario del bene. Pertanto è da questo momento che iniziano a decorrere i termini per l’usucapione.

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Allo stesso modo, immaginiamo una persona che, coerede con altri familiari, abiti per 20 anni ininterrotti nell’immobile ereditato col consenso degli altri coeredi. Questo comportamento non dà diritto a richiedere l’usucapione, perché è necessario un “qualcosa in più”: il volersi atteggiare come unico proprietario. Allora, per far decorrere i termini dell’usucapione egli dovrà ad esempio cambiare il lucchetto della serratura e non dare le chiavi agli altri eredi, oppure fare dei lavori interni, delle ristrutturazioni senza subire contestazioni da parte degli altri.

Questo requisito va sotto il nome tecnico di interversione del possesso. Significa che il possesso deve mutare natura: non deve essere più un possesso in cui, tacitamente, si riconosce l’altrui proprietà, ma un possesso identico a quello che avrebbe compiuto il proprietario legittimo del bene.

Il pagamento delle spese di condominio è considerato un comportamento valido a far iniziare il termine dell’usucapione. Anche il pagamento delle tasse sull’immobile

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, da parte del possessore, è considerato un comportamento utile a far scattare l’usucapione. Non è sufficiente, invece, la semplice coltivazione del terreno altrui.

Il trascorrere del tempo

Il possesso non può essere per un solo giorno o per pochi mesi. Deve protrarsi per molto tempo. Il che serve a garantire il proprietario che, magari, solo per impossibilità momentanee, non può far valere i propri diritti. Come diremo meglio più avanti, l’usucapione scatta quando decorrono – dal primo atto di «interversione del possesso» (ossia dal primo comportamento tipico da proprietari) – 20 anni. In alcuni casi sono sufficienti anche 10 anni. Di tanto parleremo a breve.

Comportamento del proprietario effettivo

Ultimo requisito per avere usucapione va cercato nel comportamento tenuto, durante tutto questo tempo, dal proprietario effettivo del bene (che tale rimane fino a quando non arriva una sentenza del giudice a dichiarare l’usucapione). In particolare questi deve disinteressarsi completamente della situazione che si è venuta a creare, lasciando (in modo consapevole o inconsapevole) che l’immobile venga utilizzato dall’altro soggetto e che questi, esorbitando i propri poteri, si comporti come proprietario effettivo. È il caso, per esempio, di chi, partendo per l’estero, vi stia per molti anni senza andare più a curare il campo o di chi consenta che il vicino di casa utilizzi una strada privata per il passaggio dei propri mezzi (servitù di passaggio). Egli può sempre rivendicare la proprietà e così impedire l’usucapione, ma contrariamente a quanto spesso si crede, non basta una raccomandata, una diffida dell’avvocato o una contestazione verbale: è necessaria la notifica di un atto giudiziario, volto a riprendersi il possesso del bene. Basta la sola notifica con l’ufficiale giudiziario anche se poi la causa non viene concretamente intrapresa. Il che riduce notevolmente il costo della procedura. Dal tale momento il termine dei 20 anni per l’usucapione si interrompe e inizia a decorrere nuovamente da capo.

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Si dice pertanto che, per aversi usucapione, è necessario il possesso esclusivo e indisturbato del bene.

Il possesso deve essere inoltre continuo. Non ci devono essere state interruzioni superiori a un anno.

L’accondiscendenza del proprietario per un bene prestato

Il possesso utile a usucapire non deve essere conseguenza dell’accondiscendenza del proprietario dovuta ad amicizia o conoscenza: se infatti il possesso è stato acquisito con la tolleranza del titolare del bene non si può avere usucapione.

Per valutare se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza e sia quindi inidonea all’acquisto dell’usucapione, si deve considerare la durata dell’attività di possesso: se essa è prolungata, la tolleranza si presume solo quando tra le parti ci sono rapporti di parentela e non, invece, nel caso di rapporti di semplice conoscenza. Infatti, nelle relazioni di mera amicizia o di buon vicinato la lunga durata dell’attività costituisce un indizio del possesso utile a usucapire. Questo perché si presume che solo un rapporto di familiarità, e non di conoscenza, possa portare una persona a tollerare, per lungo tempo, l’uso altrui del proprio immobile.

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Secondo alcuni giudici è impossibile l’usucapione tra figli e genitori.

A che serve l’usucapione?

L’usucapione ha lo scopo di conferire certezza ai rapporti giuridici attraverso la preferenza accordata a chi, pur non essendo proprietario di un bene, si cura di esso traendone i relativi benefici (spesso con riflessi positivi anche sulla collettività), rispetto a chi, ancorché proprietario, trascura di servirsene. In altre parole, l’ordinamento preferisce che i beni immobili siano dati in proprietà a chi se ne prende cura che a chi, sebbene risulti dalle carte come legittimo proprietario, di fatto non se ne interessa.

Termini: la durata dell’usucapione

Si diceva che, per aversi usucapione, è necessario che questa situazione di possesso perduri per un termine predeterminato:

Durante tale periodo, il possesso deve essere

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ininterrotto, cioè non deve subire interruzioni superiori a un anno. Infatti, se per esempio il proprietario legittimo si riappropria del bene e ne rientra nel possesso per almeno un anno, il termine per l’usucapione si interrompe. Ciò però non esclude che tale termine possa decorrere nuovamente da capo se il titolare dell’immobile torni a disinteressarsi dell’immobile.

Beni oggetto di usucapione e beni non usucapibili

Possono essere oggetto di usucapione i beni immobili, i beni mobili registrati e non, le universalità di mobili.

Sono beni immobili gli edifici, le abitazioni, i terreni, le strade private, i capannoni e quant’altro sia incorporato al terreno. Sono beni mobili tutti gli altri beni. Per intendersi, si potrebbe dire in modo approssimativo che sono beni mobili quelli che si possono trasportare (si pensi a una tv, un pianoforte, un tavolo, finanche un oggetto estremamente pesante che potrebbe essere spostato solo con l’ausilio di macchinari speciali). Infine sono beni mobili registrati

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le automobili, i motocicli e tutti quei mezzi di locomozione che devono essere iscritti in pubblici registri come il PRA.

Si discute se possano essere oggetto di usucapione i beni immateriali, lo spazio aereo e i titoli di credito.

Non si possono usucapire i beni demaniali dello Stato, i beni dei Comuni (si pensi a una strada per chi parcheggia sempre l’auto su uno spazio specifico del marciapiedi) e delle ex province, soggetti al regime dei beni demaniali, i beni indisponibili, gli edifici pubblici di culto.

La giurisprudenza ha escluso che possa verificarsi usucapione da parte di terzi dei terreni acquisiti, a seguito di espropriazione forzata, al patrimonio degli enti di sviluppo, per la ragione che detti beni vengono così destinati a un pubblico servizio e non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge.

Formalizzazione dell’usucapione

Affinché, però, il possesso si trasformi in proprietà riconosciuta dall’ordinamento, è necessario che intervenga una sentenza del giudice

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, che dichiari che si è compiuto l’usucapione. Pertanto, bisognerà iniziare una vera e propria causa e provare l’esistenza dei predetti presupposti (possesso e decorso del tempo). La sentenza è necessaria visto che l’usucapione, come detto, è una situazione di fatto e, quindi, non c’è alcun atto o contratto da andare a registrare nei pubblici registri immobiliari e formalizzare il passaggio di proprietà. Pertanto, nei registri pubblici si andrà a trascrivere proprio la sentenza.

La prova da fornire davanti al giudice può essere data in qualsiasi modo: quindi è molto facile, in questi casi, ricorrere ai testimoni.

Usucapione in mediazione

Prima di andare davanti al giudice è necessario procedere a un tentativo di mediazione. Con una recente riforma, infatti, viene imposto a chi cerca di rivendicare la proprietà con usucapione di invitare la controparte davanti a un organismo di mediazione che si trovi nella stessa città dell’immobile. Il mediatore tenterà di mettere d’accordo le parti. L’eventuale accordo potrà sostituire la sentenza accettando l’usucapione.

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Secondo la giurisprudenza, per far accertare l’intervenuta usucapione su un bene non è più necessaria la consueta causa in tribunale, ma – sempre che vi sia l’accordo tra le parti – ben si può procedere attraverso un accordo siglato in sede di mediazione. Il famoso “decreto del fare” [2], infatti, superando alcuni iniziali dubbi interpretativi, ha previsto espressamente la possibilità di trascrivere nei pubblici registri immobiliari, oltre alla lista tradizionale degli atti indicata nel codice civile [3], anche gli accordi conciliativi (o meglio, le transazioni) avvenuti davanti all’organismo di mediazione, che accertano l’usucapione. L’importante è che la sottoscrizione del verbale di mediazione sia autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (il notaio) [4].

In questo modo non c’è bisogno di attendere i lunghi tempi di una causa, coi relativi costi che essa implica. I trasferimenti degli immobili, anche tra parenti, possono essere, così, realizzati con un “modo alternativo”.

Il verbale di mediazione

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, una volta redatto e autenticato dal notaio, può essere un valido titolo per accertare l’intervenuto acquisto della proprietà per usucapione di un bene immobile in favore della parte istante e originariamente appartenente all’altra parte. L’accordo deve poi essere reso pubblico con la trascrizione nei pubblici Registri immobiliari.

Se il proprietario non è a conoscenza del possesso altrui si può usucapire?

Perché il possesso non sia clandestino è sufficiente che esso sia acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile e non occulto. Anche il semplice possesso pubblico di un immobile è sufficiente (oltre, ovviamente, al decorso del termine utile per usucapirlo) a farne acquistare la proprietà per usucapione anche se il proprietario non ne era a conoscenza e indipendentemente dalle ragioni della sua inerzia.

Il possessore può acquisire per usucapione tanto nell’ipotesi in cui sia in buona fede quanto in mala fede. Infatti l’usucapione scatta anche se il possessore ha conoscenza dell’altruità del bene posseduto; può usucapire anche il possessore in mala fede che però non può giovarsi dell’usucapione abbreviata (cioè quella di 10 anni).

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Distinzione tra possesso e detenzione

La giurisprudenza continua a sottolineare la distinzione cruciale tra possesso e detenzione. La detenzione implica la materiale disponibilità del bene (corpus) ma manca dell’animus possidendi, in quanto il detentore riconosce l’altrui diritto sulla cosa (animus detinendi).

«[…] Il principale carattere differenziale tra le due situazioni è rappresentato dall’elemento psicologico: il detentore, è privo dell’animus possidendi, ma è titolare dell’animus detinendi, quale volontà di detenere la cosa per la realizzazione di un proprio interesse, presupponendo l’altruità del diritto di proprietà o di altro diritto reale. Nella detenzione, dunque, diversamente dal possesso, si riconosce ad altri un diritto sulla cosa».” [Tribunale di Avellino, Sentenza n.297 del 8 febbraio 2024]

Quando la relazione con il bene inizia come detenzione (es. contratto di locazione, comodato, consegna anticipata in sede di preliminare), ai fini dell’usucapione è necessaria l’interversio possessionis

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(art. 1141 c.c.), ossia un atto o un fatto che manifesti inequivocabilmente l’intenzione di iniziare a possedere uti dominus, in opposizione al proprietario.

Onere della prova

L’onere della prova grava integralmente su chi invoca l’usucapione, sia che agisca in giudizio per l’accertamento, sia che la eccepisca come fatto estintivo del diritto altrui (art. 2697 c.c.).

La giurisprudenza recente insiste sulla necessità di una prova rigorosa, piena, certa e completa di tutti gli elementi costitutivi dell’usucapione (Corte di Appello di Milano, Sentenza n.1443 del 19 maggio 2024). Questo rigore è giustificato dalla necessità di bilanciare la tutela del possesso con la tutela costituzionale ed europea (art. 1 Prot. Add. CEDU) del diritto di proprietà.

«[…] La prova dell’intervenuta usucapione deve essere rigorosa, tale da non lasciar spazio a dubbi sulla veridicità ed attendibilità delle circostanze asserite, sulla concludenza e sufficienza delle medesime a dimostrare un costante comportamento corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale» [Corte di Appello di Milano, Sentenza n.1443 del 19 maggio 2024].

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Chi agisce deve dimostrare specificamente come e quando ha iniziato a possedere uti dominus. La semplice coltivazione di un fondo o il pascolo, senza ulteriori atti che manifestino l’animus e lo ius excludendi alios, può essere ritenuta insufficiente (Cass. Civ., Sez. 2, N. 17469 del 19-06-2023). La mera intestazione catastale non costituisce prova del possesso ad usucapionem.

Interruzione del possesso

Il possesso utile all’usucapione può essere interrotto:

È stato ribadito che atti stragiudiziali come la messa in mora o la diffida a restituire il bene **non sono idonei** a interrompere il termine per l’usucapione [Cass. Civ., Sez. 2, N. 28880 del 18-10-2023].

Usucapione e fallimento

La Cassazione ha confermato che la dichiarazione di fallimento (ora liquidazione giudiziale) e la sua trascrizione

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non interrompono il decorso del termine per l’usucapione.

«[…] in tema di usucapione, la pronunzia della sentenza dichiarativa del fallimento e la sua trascrizione, ex art. 88 del r.d. n. 267 del 1942, sono inidonee ad interrompere il tempo per l’acquisto del diritto di proprietà, conseguendo l’interruzione del possesso solo all’azione del curatore tesa al recupero del bene mediante spossessamento del soggetto usucapente, nelle forme e nei modi prescritti dagli artt. 1165 e 1167 c.c.»[Cass. Civ., Sez. 2, N. 28880 del 18-10-2023; principio ribadito in Cass. Civ., Sez. 1, N. 26152 del 08-09-2023].

L’interruzione si verifica solo se il curatore intraprende un’azione giudiziale o materiale volta al recupero del bene, spossessando l’usucapente. Gli artt. 42 e 45 della Legge Fallimentare (ora artt. 150 e 153 CCII) non ostano al perfezionamento dell’usucapione, trattandosi di un acquisto a titolo originario basato su una situazione di fatto e non su un atto dispositivo del fallito.

Effetti dell’usucapione e trasferibilità del bene usucapito

L’acquisto per usucapione avviene automaticamente al maturare dei requisiti [Tribunale di Avellino, Sentenza n.297 del 8 febbraio 2024]. La sentenza che accerta l’usucapione ha natura

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meramente dichiarativa e non costitutiva [Cass. Civ., Sez. 6, N. 8626 del 16-03-2022; Cass. Civ., Sez. 2, N. 17380 del 16-06-2023].

L’usucapione ha effetto retroattivo: l’usucapiente è considerato proprietario fin dal momento in cui ha iniziato a possedere [Cass. Civ., Sez. 2, N. 17380 del 16-06-2023]. Questo comporta l’estinzione di eventuali diritti reali minori o pesi gravanti sul bene costituiti dal precedente proprietario durante il periodo di possesso ad usucapionem.

Un principio importante, ribadito di recente, è che il bene usucapito può essere validamente trasferito (venduto, donato) dall’usucapiente anche prima che l’acquisto sia stato accertato giudizialmente.

«[…] non è nullo il contratto di compravendita con cui viene trasferito il diritto di proprietà di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente al compimento dell’usucapione, ancorché l’acquisto della proprietà da parte sua non sia stato giudizialmente accertato in contraddittorio con il precedente proprietario […] per il trasferimento del bene acquistato per usucapione non è necessario che l’accertamento sia intervenuto in sede giudiziale, e senza che quindi ciò si ripercuota sulla validità del relativo atto di trasferimento […] Tali principi appaiono poi suscettibili di applicazione anche nell’ipotesi in cui il trasferimento della proprietà del bene usucapito avvenga per donazione […]» [Cass. Civ., Sez. 6, N. 8626 del 16-03-2022; Cass. 2485/2007 e Cass. 7853/2018].

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Usucapione: casi pratici – FAQ

Qui di seguito cercheremo di elencare una serie di situazioni concrete con le relative soluzioni. Siamo sicuri che, leggendo questi casi, riuscirai a risolvere il tuo problema sull’usucapione.

Se concedo a un amico la possibilità di usare casa mia si forma l’usucapione?

Si tratta dell’ennesimo luogo comune. Chi lascia la propria casa in prestito (ossia in comodato) o in affitto (o meglio, locazione) a un’altra persona non ne perde mai la proprietà per usucapione, neanche dopo 20 anni.

Perché si possa formare l’usucapione, infatti, è necessario che l’utilizzatore smetta di sentirsi e di comportarsi come un soggetto “autorizzato” dal proprietario e inizi a porre comportamenti che la legge riconosce solo al titolare del bene. Ad esempio, l’inquilino che rinnova il contratto di locazione per 30 anni non ne diventa proprietario se continua a pagare il canone di locazione o, in caso di morosità, chiede al locatore di pazientare. Chi usa l’altrui casa vacanza non la usucapisce se ogni volta chiede le chiavi dell’appartamento e poi le riconsegna. Al contrario, sono comportamenti sufficienti a far scattare l’usucapione – perché denotano la volontà dell’utilizzatore di usare il bene come se fosse proprio – i seguenti:

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In caso di convivenza può scattare l’usucapione?

No, perché in tal caso il possesso avviene con il tacito riconoscimento dell’altrui proprietà e non con l’intenzione di comportarsi come se si fosse il legittimo titolare.

Che fare se il proprietario dell’immobile è all’estero?

La legge consente di procedere in causa anche se il titolare effettivo dell’immobile è irreperibile o trasferito all’estero. Esistono delle forme di notifica tali per evitare che il processo si blocchi tutte le volte in cui è impossibile notificare un atto giudiziario. In tal caso l”ufficiale giudiziario deposita una copia della citazione nel Comune dell’ultimo luogo della residenza conosciuta. Il processo andrà avanti anche senza il proprietario, ma questo non lo esonera dall’obbligo di dimostrare il proprio diritto. I testimoni dovranno ugualmente intervenire e confermare il possesso protratto e continuativo.

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Se lascio un fratello o un amico a vivere nella mia casa la può usucapire?

Il possesso utile a usucapire non deve essere conseguenza di un comportamento accondiscendente dovuto ad amicizia o conoscenza. Per valutare se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza e sia quindi inidonea all’acquisto del possesso utile a usucapire, si deve considerare la durata dell’attività stessa: se essa è prolungata, difficilmente può parlarsi di tolleranza. Soprattutto nelle relazioni di mera amicizia o di buon vicinato la lunga durata dell’attività costituisce un sicuro indizio del possesso utile a usucapire.

Usucapione e ristrutturazione

I lavori di ristrutturazione di un appartamento possono bastare per acquisire la proprietà con l’usucapione?

Nel caso in questione, pare sussistere il requisito del possesso continuato per oltre un ventennio: l’esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione, se commissionati, seguiti e pagati dal possessore, è un ulteriore elemento a favore di quest’ultimo. È consigliabile rivolgersi a un avvocato che possa adeguatamente verificare, nel caso concreto, la sussistenza dei requisiti di legge e l’assenza di eventuali atti interruttivi o di decadenza del diritto.

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Usucapione del parente sulla casa avuta in prestito

Ho dato in prestito a un parente un appartamento che lo ha usato per diversi anni come seconda casa. Ora lui rivendica l’usucapione. Ha ragione?

Il possesso utile a usucapire non deve essere conseguenza di un comportamento accondiscendente dovuto ad amicizia o conoscenza: gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non servono ad acquistare il possesso. Si considerano atti di tolleranza, gli atti di godimento di portata modesta e tali da incidere molto debolmente sull’esercizio del diritto da parte dell’effettivo titolare o possessore.

Per valutare se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza e sia quindi inidonea all’acquisto del possesso utile a usucapire, si deve considerare la durata dell’attività stessa: se essa è prolungata, difficilmente può parlarsi di tolleranza. Soprattutto nelle relazioni di mera amicizia o di buon vicinato la lunga durata dell’attività costituisce un sicuro indizio del possesso utile a usucapire.

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Ad esempio, è insufficiente per provare il possesso la prolungata disponibilità delle chiavi da parte dell’attore, fratello della proprietaria, e l’utilizzo da parte dello stesso di uno dei locali.

Usucapione sul posto auto

Da oltre 20 anni parcheggio l’auto sempre sullo stesso posto del cortile. Posso rivendicare l’usucapione?

Con riferimento al posto auto, la giurisprudenza ritiene possibile l’usucapione. Se il posto auto è uno spazio di proprietà del condominio non basta il semplice parcheggio, ma è necessario un atto che impedisca agli altri condomini di usare detto spazio: ad esempio, l’apposizione di una catena o di una recinzione. Se il posto auto è di un altro condomino o del costruttore, è possibile l’usucapione. È necessario, però, che il condomino che chiede l’usucapione provi:

Per l’usucapione (o più correttamente, per poter disporre a tutti gli effetti del diritto di proprietà usucapito e per l’opponibilità a terzi), è tuttavia necessaria una sentenza dichiarativa e la trascrizione della sentenza nella competente Conservatoria dei registri immobiliari. Il lettore deve, pertanto, agire giudizialmente nei confronti del proprietario del posto auto che intende usucapire.

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Usucapione dopo il compromesso

Ho firmato un compromesso ma il rogito non è mai stato fatto perché il proprietario è poi deceduto. Posso rivendicare l’usucapione se nell’appartamento ho vissuto per tutti questi anni?

Chi intende acquistare un bene per usucapione deve dimostrare di aver manifestato con i propri comportamenti la volontà di possedere quale proprietario del bene (ossia di possedere “uti dominus”) in modo pieno ed esclusivo: c.d. inequivocità del possesso.

Il promissario acquirente di un immobile che, in virtù di un preliminare di vendita, ha pagato il prezzo del bene e ottenuto anticipatamente la consegna dello stesso non è un possessore in grado di acquisirne la proprietà a titolo di usucapione, poiché detiene il bene in nome di altri. È possibile però dimostrare un sopraggiunto mutamento della detenzione in possesso utile a usucapire con un comportamento tipico di chi sia il proprietario (ad esempio il cambio di destinazione dell’immobile, la modifica delle chiavi dell’appartamento, ecc.).

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Usucapione della casa vacanza

Per 20 anni ho usato, solo nel mese estivo, un appartamento avuto in eredità con mio fratello. Quest’ultimo non l’ha mai usato. Posso rivendicare l’usucapione anche se sono stato nell’immobile per così poco tempo?

Il possesso utile per usucapire è quello che dura per tutto il tempo necessario ad acquistare la proprietà dell’immobile, in modo indisturbato e senza subire interruzioni.

La continuità del possesso è posta in relazione alla destinazione del bene che ne forma oggetto. L’intermittenza degli atti di godimento, quando ha carattere di normalità in relazione alla destinazione, non esclude la persistenza del potere di fatto sul bene.

Come interrompere l’usucapione

Un contadino ara da oltre 20 anni il mio terreno. Posso impedire l’usucapione inviandogli una diffida?

No. Per interrompere l’usucapione è necessario

Se una persona non è al corrente che un’altra sta utilizzando il suo bene si forma l’usucapione?

L’usucapione si forma anche se il legittimo proprietario non è al corrente dell’uso che altri stanno facendo della propria casa o del proprio terreno. Ciò che conta, infatti, è che questi se ne sia completamente disinteressato per un ventennio. È vero, infatti, come abbiamo detto prima, che per far scattare l’usucapione il possesso non deve essere clandestino; ma è anche vero che, affinché non sia «clandestino» è sufficiente che il possesso sia acquistato ed esercitato

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pubblicamente, cioè in modo visibile e non occulto. Il solo possesso pubblico di un immobile è sufficiente, assieme al decorso dei 20 anni, a farne acquistare la proprietà per usucapione anche se il proprietario non ne era a conoscenza e a prescindere dalle ragioni della sua inerzia (malattia, viaggi, ecc.).

Se vado all’estero e torno in Italia dopo 20 anni perdo la proprietà di terreni e case?

Se oltre al disinteresse del proprietario verso i propri immobili, si accompagna l’uso altrui degli stessi, e quest’uso non avviene in modo nascosto o violento, chi va all’estero perde dopo 20 anni i propri beni. Come abbiamo appena detto, infatti, l’usucapione scatta a prescindere dalle ragioni dell’inerzia del proprietario e dal fatto che questi non abbia saputo che un’altra persona stesse utilizzando il proprio bene. Basta il semplice disinteresse unito al decorso del tempo.

Quali sono i requisiti del possesso per l’usucapione?

Per poter acquisire un bene attraverso l’usucapione non è sufficiente una semplice occupazione o un utilizzo sporadico. La legge, interpretata costantemente dalla giurisprudenza, richiede che il

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possesso presenti delle caratteristiche ben definite, senza le quali la domanda giudiziale è destinata al fallimento. Il potere esercitato sul bene, come specificato dall’articolo 1140 del codice civile, deve manifestarsi in un’attività che corrisponda all’esercizio del diritto di proprietà.

Questo potere deve essere innanzitutto continuo e non interrotto, ovvero il possessore deve comportarsi come proprietario in modo costante nel tempo, senza vuoti significativi che possano invalidare il decorso del termine utile (solitamente ventennale), come ribadito da diverse pronunce di merito (Tribunale di Lecce, Sentenza n.1176 del 28 marzo 2024; Tribunale di Lecce, Sentenza n.2792 del 5 ottobre 2023).

Inoltre, il possesso deve essere acquisito in modo pacifico e pubblico. Ciò significa che l’impossessamento non può avvenire con la violenza o in maniera clandestina, cioè di nascosto dal proprietario. Qualora il possesso iniziasse con queste modalità viziate, il tempo necessario per usucapire comincerebbe a decorrere solo dal momento in cui la violenza o la clandestinità sono definitivamente cessate (Tribunale di Lecce, Sentenza n.1176 del 28 marzo 2024; Tribunale di Lecce, Sentenza n.3762 del 4 dicembre 2024).

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Infine, il possesso deve essere inequivoco e sorretto dal cosiddetto animus possidendi. Chi possiede il bene deve farlo con l’intenzione soggettiva di essere il vero e unico proprietario, manifestando all’esterno una signoria di fatto sul bene che escluda terzi, compreso il proprietario formale (Tribunale Di Vibo Valentia, Sentenza n.639 del 22 Novembre 2024). Non è sufficiente, ad esempio, che il proprietario tolleri l’utilizzo del suo bene da parte di un vicino o di un amico per rapporti di buon vicinato o cortesia; in questo caso, manca l’intenzione di possedere come proprietario e si configura una mera detenzione, inidonea a far maturare l’usucapione (Tribunale di Lecce, Sentenza n.1176 del 28 marzo 2024).

Come si dimostra in tribunale il possesso per usucapire?

La questione della prova in un giudizio di usucapione è un aspetto fondamentale. Chi intende far accertare l’avvenuto acquisto della proprietà per usucapione ha l’onere di fornire al giudice una prova rigorosa, seria e inequivocabile di tutti gli elementi costitutivi, compresa la durata ventennale del

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possesso (Tribunale Di Vibo Valentia, Sentenza n.639 del 22 Novembre 2024; Cass. Civ., Sez. 2, N. 11663 del 30-04-2024).

Non basta affermare genericamente di aver utilizzato un bene. Come sottolineato da una recente sentenza della Corte di Cassazione, la semplice coltivazione di un fondo non è, di per sé, sufficiente a dimostrare l’animus possidendi. È necessario che tale attività si manifesti in modo inequivocabile come un comportamento uti dominus (cioè, “come proprietario”). La volontà interna del soggetto di possedere per sé non basta; deve tradursi in atti materiali esterni che dimostrino chiaramente l’intenzione di escludere il proprietario legittimo (Cass. Civ., Sez. 2, N. 11663 del 30-04-2024). Il giudice, quindi, deve accertare con precisione quando e come è iniziato il possesso, con quale frequenza si è svolto e quali atti specifici hanno manifestato la volontà di escludere gli altri.

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che elementi come le testimonianze generiche o la sola intestazione catastale del bene a nome di chi agisce in giudizio non costituiscono, da soli, una

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prova sufficiente (Tribunale di Taranto, Sentenza n.397 del 8 febbraio 2024; Tribunale Ordinario Siracusa, sez. 2, sentenza n. 186/2018; Cass. Civ., Sez. 2, N. 8939 del 29-03-2019).

Quali atti interrompono il termine ventennale dell’usucapione?

Il decorso del tempo necessario per usucapire un immobile può essere interrotto, ma è importante comprendere quali atti sono realmente efficaci a tal fine. L’interruzione del possesso non avviene con qualsiasi iniziativa del proprietario.

La giurisprudenza consolidata, inclusa una recente pronuncia della Cassazione, chiarisce che non sono sufficienti atti stragiudiziali. In altre parole, semplici lettere di diffida, messe in mora o contestazioni inviate al possessore non hanno l’effetto di interrompere il termine per l’usucapione. Questi atti, infatti, non incidono materialmente sul possesso, che continua ad essere esercitato (Cass. Civ., Sez. 2, N. 28880 del 18-10-2023; Tribunale Di Brescia, Sentenza n.1963 del 13 Maggio 2025).

L’interruzione si verifica solo in due modi:

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  • con la notifica di un’azione giudiziale volta a recuperare il bene (ad esempio, un’azione di rivendicazione), che priva il possessore del suo potere di fatto sulla cosa;
  • con il riconoscimento esplicito, da parte del possessore, del diritto di proprietà altrui (Cass. Civ., Sez. 2, N. 4803 del 24-02-2025; Cass. Civ., Sez. 2, N. 28880 del 18-10-2023).

Una sentenza molto recente della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di grande interesse pratico: cosa succede se una precedente domanda di usucapione è stata respinta? La Corte ha stabilito che la sentenza di rigetto interrompe il possesso. Di conseguenza, chi volesse tentare nuovamente di usucapire lo stesso bene dovrà far decorrere un nuovo e intero termine di vent’anni, a partire dal momento in cui quella sentenza di rigetto è diventata definitiva (passata in giudicato) (Cass. Civ., Sez. 2, N. 4803 del 24-02-2025).

L’usucapione prevale su un atto di compravendita trascritto?

Una delle domande più frequenti riguarda il conflitto tra chi acquista un bene per usucapione e chi, invece, lo acquista tramite un regolare contratto di compravendita, debitamente trascritto nei registri immobiliari. La giurisprudenza offre una risposta netta e costante: l’usucapione prevale sempre.

Questo accade perché l’usucapione è un modo di acquisto della proprietà a “titolo originario”. Significa che il diritto di proprietà nasce nuovo e indipendente in capo a chi ha usucapito, come se fosse il primo proprietario, estinguendo il diritto del precedente titolare e tutti i pesi che eventualmente gravavano sul bene. L’acquisto tramite compravendita, invece, è a “titolo derivativo”, poiché il diritto viene trasferito da un soggetto a un altro.

La Corte di Cassazione ha chiarito che il conflitto tra l’acquirente per usucapione e quello per compravendita è sempre risolto a favore del primo. Questa prevalenza vale indipendentemente dal fatto che la sentenza che accerta l’usucapione sia stata trascritta e anche se la trascrizione dell’atto di compravendita sia avvenuta prima della trascrizione della domanda giudiziale di usucapione (Cass. Civ., Sez. 2, N. 8590 del 16-03-2022).

Un coerede può usucapire un bene in comunione ereditaria?

Il tema dell’usucapione di beni in comproprietà, specialmente tra coeredi come fratelli che ereditano un immobile, è particolarmente delicato. La risposta alla domanda se un coerede possa usucapire l’intero bene è affermativa, ma le condizioni e la prova richiesta sono ancora più rigorose rispetto ai casi ordinari.

Non è sufficiente che un coerede abbia utilizzato il bene in via esclusiva, anche per oltre vent’anni, mentre gli altri se ne sono disinteressati. La giurisprudenza, come evidenziato da una recente sentenza del Tribunale di Lecce, richiede che il coerede che vuole usucapire dimostri di aver goduto del bene in un modo “inconciliabile con la possibilità di godimento altrui”. Deve cioè manifestare, con atti concreti e inequivocabili, la volontà di possedere l’immobile non più come semplice comproprietario (uti condominus), ma come proprietario esclusivo (uti dominus) (Tribunale Di Lecce, Sentenza n.1038 del 31 Marzo 2025).

Un esempio pratico di un atto idoneo a manifestare questa volontà è la sostituzione della serratura della porta d’ingresso senza consegnare le nuove chiavi agli altri coeredi, impedendo loro di fatto l’accesso. Questo comportamento esclude scientemente gli altri dal possesso. Al contrario, la semplice occupazione esclusiva, se tollerata dagli altri comproprietari per quieto vivere o in virtù di legami familiari, non è sufficiente a integrare i requisiti per l’usucapione (Tribunale Di Lecce, Sentenza n.1038 del 31 Marzo 2025).

Come funziona l’usucapione in casi particolari?

L’applicazione dell’istituto dell’usucapione si complica ulteriormente in presenza di scenari specifici, come l’unione di periodi di possesso diversi o l’interferenza con procedure esecutive e fallimentari.

Un caso interessante è quello dell’accessione nel possesso, disciplinato dall’articolo 1146 del codice civile. Questa norma permette a chi acquista un immobile (successore a titolo particolare) di sommare il proprio periodo di possesso a quello del suo venditore (dante causa) per raggiungere i vent’anni necessari a usucapire. Una recente sentenza della Cassazione ha applicato questo principio a un immobile acquistato all’asta, che era stato ampliato abusivamente dai precedenti proprietari inglobando parti comuni del condominio. La Corte ha stabilito che il giudice deve verificare se l’acquirente possa unire il suo possesso a quello, già ultradecennale, dei precedenti proprietari, per poter usucapire le parti comuni incorporate, anche se il decreto di trasferimento non le menzionava (Cass. Civ., Sez. 2, N. 8621 del 02-04-2024).

Un altro scenario complesso riguarda l’interazione tra usucapione e diritti di terzi, come un creditore ipotecario. Se sull’immobile è iscritta un’ipoteca, chi agisce per far accertare l’usucapione deve obbligatoriamente citare in giudizio anche il creditore ipotecario. Quest’ultimo è infatti considerato un litisconsorte necessario, cioè una parte che deve necessariamente partecipare al processo. Se non viene coinvolto, la sentenza di usucapione non sarà opponibile nei suoi confronti e l’ipoteca non si estinguerà, continuando a gravare sul bene (Tribunale di Cosenza, Sentenza n.1878 del 15 novembre 2023, che richiama Cass. Civ., Sez. 3, N. 29325 del 13-11-2019).

Infine, per quanto riguarda il fallimento del proprietario formale dell’immobile, la giurisprudenza ha chiarito che la semplice dichiarazione di fallimento non è di per sé un atto idoneo a interrompere il termine per l’usucapione. Per ottenere l’interruzione, è necessario che il curatore fallimentare compia atti materiali volti a recuperare il bene, spossessando di fatto chi lo sta usucapendo (Cass. Civ., Sez. 2, N. 28880 del 18-10-2023).

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